Narrazioni distorte sull’economia italiana: quel raccoglitore di ciliegie di Marco Fortis

Requisito fondamentale di una qualunque scienza, ivi inclusa l’economia in quanto scienza sociale, è la correttezza metodologica: ogni teoria deve essere vagliata per logica (deduttivo) e fatti (induttivo), trattando i dati in modo completo e corretto.

Nel momento in cui una persona sceglie – volutamente o meno che sia – di convincere il pubblico della correttezza delle proprie affermazioni, ignorando tutte le prove che smentiscono la propria tesi, omettendo dati tagliando la serie storica e/o i soggetti interessati da un dato fenomeno, ovvero utilizzando statistiche volutamente indaguate/distorte per compiere l’analisi, siamo di fronte alla fallacia logica dell’evidenza incompleta meglio nota come cherry picking.

Dei tanti possibili casi di cherry picking, oggi prendiamo qui in considerazione il caso di Marco Fortis, economista attualmente direttore e vicepresidente della Fondazione Edison, che da almeno un decennio decanta le bellezze dell’economia italiana ricorrendo proprio al cherry picking.

Come agisce nel suo caso? Egli non fa altro che prendere un certo dato positivo, uno specifico periodo temporale e decontestualizzandolo completamente, lo usa per dire che l’Italia va meglio degli altri Paesi quando i dati dicono tutt’altro. Facciamo un paio di esempi.

Pil Pro Capite: la falsa crescita poderosa

Leggendo alcuni commenti all’ultimo rapporto consegnato al Governo in vista del G7, viene fatta la seguente affermazione [1]:

L’Italia nel periodo 2020-2023 ha fatto registrare una crescita del Pil pro-capite del 4,9% rispetto al 2019. Solo gli USA hanno fatto meglio (5,5%). Nel biennio 2021-2022 la crescita è stata poderosa e anche nel 2023 il Pil ha avuto un incremento, dello 0,9%. Gli anni di crescita flebile, quelli in cui spesso leggevamo “zero virgola”, fanno riferimento alla fascia 2004-2013, la più negativa, in cui consumi privati e investimenti sono crollati, totalizzando nel decennio una crescita negativa del -0,8%.

Ma vi è davvero questa crescita poderosa?

Andando a controllare i dati uno potrebbe dire che per il periodo considerato il dato é corretto, ma sarebbe altrettanto corretto, per non dire tassativamente necessario, far vedere che la crescita del PIL invece non segue la stessa dinamica.

Come mai c'é questa differenza e cosa comporta?

La grossa differenza sta nella dimensione della popolazione: mentre quella statunitense continua a crescere, quella italiana diminuisce, un inverno demografico incombente che comporta problemi strutturali per il sistema economico, tra i quali la sostenibilità del debito pubblico e del welfare state.

Inoltre, paragonare i dati della crescita italiana del biennio 2021-2022 con quelli franco tedeschi:

commentandola come “poderosa”, è a dir poco fuorviante.

Perché? Perché – come ci mostra il grafico della serie storica – la caduta del PIL avvenuta l’anno prima (2020) è stata di gran lunga più pesante per l’Italia!

Il record della crescita dell’occupazione: e la Spagna dove sta?

Altro caso della retorica di Fortis è il commento sul tasso di crescita dell’occupazione che è definito superiore a tutti nel periodo, se non fosse per il fatto che questo “tutti” esclude la Spagna, paese che entra ed escenei confronti a seconda delle necessità del cherry picking.

L’inflazione più bassa…..

Altro caso di Fortis è il commento relativo all’inflazione:

È uscita a razzo dalla pandemia, è cresciuta più di Francia e Germania per quattro anni consecutivi. Ha l’export più competitivo e l’inflazione più bassa del G7, batte tutti i grandi paesi europei per dinamica del pil pro capite. Fatti e numeri che smentiscono l’eterna lagna nazionale. [2]

Peccato che tale narrazione non ci dica come

1) l’inflazione italiana è stata negli anni superiore a quella dell’eurozona

2) il crollo dell’inflazione in Italia è dovuto alla nostra crescita economica anemica

Un ultimo cavallo: la difesa di Industria 4.0

Tralasciando i superbonus edilizi e il suo commento “il loro contributo alla crescita italiana nel quadriennio 2020-2023 lo hanno dato”, come se spendere centinaia di miliardi per ottenere un ridicolissimo contributo alla crescita scassando i conti pubblici legittimi a presentarlo in una chiave così positiva, un suo ultimo cavallo di battaglia è la difesa di Industria 4.0.

Se infatti lui parla di uno straordinario successo, dall’altra prte l’Ufficio Parlametare di Bilancio non solo ha segnalato il pesante impatto sui conti pubblici – anche in misura superiore rispetto allo stanziamento – ma altresì la mancanza di studi che valutino l’impatto dei bonus fiscali (ivi inclusa Industria 4.0) sul sistema economico.[3]

Tra le informazioni che in tal senso possiamo utilizzare per valutarne l’impatto – smentendo di fatto le affermazioni di Fortis – Banca d’Italia già nella Relazione annuale del 2018 segnalava lo scarso contributo complessivo delle politiche fiscali adottate (di cui Industria 4.0 era solo una):

dato che trova conferma sia da un ulteriore ricerca del 2020 [4], in cui viene data evidenza del contributo nettamente inferiore all’aumento della produttività degli incentivi all’innovazione rispetto ad altre misure come le liberalizzazioni dei servizi, che dalla stagnazione della nostra TFP (produttività dei fattori totali), indice con il quale si misura gli effetti del progresso tecnico e di altri fattori propulsivi della crescita, tra cui le innovazioni nei processi produttivi ecc. [5]

Conclusioni?

Essere un analista significa saper interpretare i dati, non torturarli per fargli dire ciò che vuoi tu, piegandoli alla tua fantasia.

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