Emissioni ed allevamenti: le evidenze scientifiche

L'agricoltura, da sempre fondamento delle civiltà umane, ha subito una radicale trasformazione nell'era moderna, abbracciando il digitale e incorporando gli sviluppi tecnologici più recenti (Agricoltura 5.0). Questa evoluzione costante delle conoscenze e delle tecniche di coltivazione e allevamento permette all'agricoltura di rimanere un pilastro economico produttivo, ecosistemico e di coesione essenziale della società. Negli ultimi anni, tuttavia, il settore agricolo ha dovuto affrontare una crescente pressione e una certa asimmetria informativa che l'ha associato a forte contributore di emissioni di gas serra e generatore di problematiche ambientali.

L'agricoltura rappresenta un elemento cruciale per l'Unione Europea e per la società in generale. È però una parte integrante della soluzione al problema del cambiamento climatico. Per affrontare le questioni legate alle emissioni, è fondamentale comprenderne l'entità e le fonti. L'agricoltura contribuisce alle emissioni di vari tipi  di gas serra come ossido di azoto, ammoniaca e  metano come

La comunità scientifica ha sviluppato metriche specifiche per quantificare l'impatto di questi gas serra, spesso viene usato  il CO2 equivalente che misura l'effetto sul  riscaldamento globale di un determinato gas serra rispetto alla stessa quantità di anidride carbonica (CO2).

La metrica più comunemente utilizzata per quantificare le emissioni di gas serra è nota come GWP100. Questa metrica considera il GWP dei gas serra nell'arco di 100 anni. Ad esempio, il metano ha un GWP di 34 che significa che una tonnellata di metano equivale a una tonnellata di gas serra. Ciò significa che 1 tonnellata di metano equivale a 34 tonnellate di CO2 e quindi cattura più calore per molecola rispetto alla CO2.

Secondo le ultime evidenze scientifiche gli inquinanti possono essere anche suddivisi in due categorie principali: quelli con una vita breve e quelli con una vita lunga. Tra i primi troviamo la fuliggine, il particolato PM2.5 e il metano, mentre tra i secondi figurano la CO2 e il biossido di azoto. La CO2, un gas a lunga vita, impiega centinaia di anni per decomporsi nell'atmosfera e, di conseguenza, si accumula nell'atmosfera..

Recentemente è stato introdotto un nuovo metodo più puntuale di misurare il carbonio nell'atmosfera, prendendo in considerazione la rimozione di gas a vita breve dall'atmosfera, il GWP*. Tale metodo permette di rendicontare le emissioni equivalenti al riscaldamento catturando gli impatti contrastanti degli inquinanti climatici a vita lunga e breve.

Secondo le evidenze scientifiche, l'adozione di buone pratiche agricole agro-ecologiche e di allevamento rappresentano uno strumento essenziale per la mitigazione delle emissioni. In tal modo, l'agricoltura si configura come parte integrante della soluzione ai problemi ambientali.

Un’analisi delle prospettive future

Assistiamo a un aumento della popolazione globale e contemporaneamente a una crescita del reddito disponibile per questa popolazione. Quarant'anni fa, il 35% della popolazione mondiale era considerato al di sotto della soglia di povertà. Oggi, con due miliardi di persone in più, solo il 10% si trova ancora al di sotto della soglia di reddito di povertà. Questo dato sottolinea chiaramente come la ricchezza media e mediana della popolazione stia crescendo in modo significativo.

Questa tendenza all'incremento del reddito porta con sé anche un aumento dei consumi di prodotti di origine animale per persona.
Secondo gli scenari più verosimili, si prevede che la popolazione globale aumenterà fino a raggiungere un picco intorno al 2080, per poi stabilizzarsi e iniziare a diminuire leggermente. Secondo le Nazioni Unite, ciò implica che alla fine di questo secolo la popolazione mondiale dovrebbe aggirarsi attorno ai 10 miliardi di persone.

Fonte: World total populationONU

Va notato che il consumo di carne e di prodotti di origine animale è strettamente correlato al reddito. Quest'analisi evidenzia che all'aumentare del reddito pro-capite, i consumi pro-capite di prodotti di origine animale tendono a crescere.

Un'altra correlazione di notevole rilevanza per i consumi di prodotti di origine animale, in particolare carne, è l'urbanizzazione. Si prevede che la popolazione inurbata rappresenterà il 70% della popolazione mondiale a partire dal 2050, mentre il restante 30% rimarrà nelle aree rurali. Questa transizione verso un maggior numero di persone nelle aree urbane verosimilmente comporterà un cambiamento nei comportamenti alimentari, con un aumento del consumo di prodotti di origine animale rispetto a quanto osservato nelle popolazioni rurali.

Fonte: ONU

Questi tre drivers porteranno ad un consumo pro capite medio al 2030 intorno ai 50 kg, mentre nel 1960 era di circa 20 kg. 
Quali sono le previsioni di consumo di carne? Sul bovino avremo una flessione di consumo pro capite, il suino si stabilizzerà, aumenterà invece notevolmente il pollame che diventerà da qui al 2030 la prima carne consumata al mondo.

Anche per il latte le proiezioni OECD-FAO (2022 pubblicato recentemente in cui in tutte le più importanti di aggregazioni produttrici di latte (l'Unione Europea è una delle più importanti)  un aumento della produzione al 2031 Ma in alcune di queste Nazioni tale aumento della produzione sarà dovuto in particolare al momento dello stock, cioè della consistenza degli animali allevati mentre noi avremo contemporaneamente una riduzione dello stock allevato e aumento della produzione dovuto al miglioramento genetico e al miglioramento dei fattori di produzione impiegati nelle filiere della produzione del latte.

Fonte: OECD-FAO

Possiamo quindi dire in generale aumenterà la produzione di latte a livello globale.
Negli ultimi anni, il dibattito sull'impatto dei sistemi agroalimentari sul cambiamento climatico è diventato un tema centrale nei media. Tuttavia, è cruciale esaminare attentamente i dati prima di trarre conclusioni affrettate. Nel 1990, le attività zootecniche erano responsabili del 20% delle emissioni globali di gas serra, ma nel 2019 questa percentuale è scesa al 14%. In particolare, nei paesi industrializzati (come l'Italia), le emissioni legate alle filiere zootecniche rappresentano meno del 5% del totale.

Fonte: ONEP

Un gas serra di notevole rilevanza è il metano (CH4), che di fatto è considerato un impulso temporaneo piuttosto che un agente costante di riscaldamento. IPCC
Le fermentazioni enteriche dei ruminanti sono state individuate come una delle principali fonti di metano.
Assumendo che il numero di animali (soprattutto ruminanti) rimanga costante ciò risulta in emissioni costanti di metano (CH4). Se le emissioni si mantengono costanti, cioè non si rilascia ulteriore metano nell'atmosfera, il riscaldamento dovuto al metano si stabilizzerà. La stabilizzazione dei gas a vita breve, come il metano, significa che i ruminanti non producono ulteriore riscaldamento.

Per la CO2 invece c’è un effetto continuo di riscaldamento perché il gas si accumula nel tempo. 
Questo aspetto assume particolare importanza quando si discute della transizione verso pratiche agricole più sostenibili.La FAO identifica tre scenari possibili. Il primo scenario, noto come "business as usual", prevede una continuazione delle attuali pratiche agricole, con un aumento delle emissioni, inclusa quella di metano (CH4). Nel secondo scenario, orientato verso la sostenibilità, si prevede una diminuzione delle emissioni, anche se il metano (CH4) rimane una fonte significativa. Il terzo scenario prevede una società stratificata, simile alla situazione attuale con la chiusura delle frontiere e le crescenti tensioni geopolitiche, che influenzano i prezzi internazionali e la produzione agroalimentare.

È importante sottolineare che, nonostante l'attenzione focalizzata sul metano derivante dalle attività zootecniche, queste contribuiscono comunque a meno del 5% delle emissioni totali nei paesi sviluppati

Agricoltura 5.0 e innovazione

Allora che cosa dobbiamo fare? Se da un lato dobbiamo essere consapevoli che dobbiamo ridurre le emissioni di metano (CH4), dall'altro dobbiamo cominciare a considerare il bilancio che c'è tra le emissioni e il sequestro di carbonio in agro-ecosistema e in secondo luogo dobbiamo introdurre delle metriche appropriate soprattutto nel caso dei gas clima alteranti, per valutare in maniera adeguata quello che il metano biogenico, cioè quello che è prodotto dalle fermentazioni dei ruminanti.

Una delle soluzioni per far fronte alle emissioni  è quello di passare ad un concetto di intensità produttiva dovuta all'aumento dell'uso di fattori di produzione, a quello più attuale dell'Agricoltura 5.0: lo "smart farming”, inteso come un sistema ad alta intensità di conoscenza, che può ridurre le emissioni complessive e migliorare l'efficienza per unità funzionale, (litro di latte, chilo di carne, chilo di uova e altri prodotti agricoli). Nello specifico smart farming implica:

  1. Genetica e genomica per ridurre le emissioni:

    Un passo importante per affrontare il problema delle emissioni è l'applicazione della genetica e della genomica. È stato dimostrato che le emissioni di metano da parte dei ruminanti hanno una componente ereditabile, il che significa che è possibile implementare programmi di miglioramento genetico per aumentare l'efficienza dei sistemi produttivi e ridurre le emissioni di metano.

  2. Agricoltura di precisione e transizione Digitale:

    L'agricoltura di precisione è un insieme di tecniche basate sulla transizione digitale degli allevamenti e delle filiere. Questo approccio consente di ottimizzare le operazioni agricole, riducendo le emissioni per unità di prodotto. Inoltre, la “precision livestock farming” (PLF) utilizza tecniche di prevenzione e terapia mirate sugli animali, riducendo la mobilità e la mortalità negli allevamenti e, di conseguenza, le emissioni.

  3. Precision feeding per una dieta personalizzata:

    La tecnologia di “precision feeding” si concentra sulla dieta degli animali. Questo approccio mira a creare diete individualizzate per gli animali, migliorando l'efficienza alimentare e riducendo le emissioni di metano.

  4. Gli additivi per ridurre le emissioni:

    Gli additivi rappresentano un'altra strategia importante per la riduzione delle emissioni di metano. Queste sostanze agiscono direttamente sugli animali, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra

Intensificazione sostenibile 

L’altro aspetto fondamentale per la riduzione dei gas serra e forse il più strutturale riguarda l’intensificazione delle filiere zootecniche. Ad esempio, considerando il caso delle vacche da latte, il semplice aumento delle produzioni registrato dal 1990 al 2018 ha avuto un impatto notevole sulla riduzione complessiva delle emissioni, con una diminuzione del 31% per la carbon footprint, del 25% per l'escrezione azotata e del 76% per l'iscrizione di fosforo.
Proseguendo lungo questa strada, ovvero mantenendo il trend di aumento delle produzioni attraverso il miglioramento fenotipico, è possibile prevedere ulteriori progressi significativi entro il 2030. Stando al "business as usual", con la continuità di questo approccio, si stima una riduzione aggiuntiva del 8% della carbon footprint, un ulteriore calo del 7% per la nitrogen footprint e una diminuzione superiore al 10% per l'escrezione di fosforo.
Tuttavia, l'accelerazione del miglioramento genetico attraverso l'uso della genomica potrebbe portare a risultati ancora più sorprendenti. Se nel 2030 potessimo raggiungere le condizioni delle migliori mille produttrici di latte registrate nel 2018, gli impatti positivi sarebbero straordinari.

In linea con queste considerazioni, anche la FAO offre una serie di consigli pratici per ridurre la carbon footprint nei sistemi zootecnici. Nel suo manuale, vengono suggerite cinque azioni concrete che possono contribuire in modo significativo a ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura animale.

Il Metano (CH4) 

Il metano, come abbiamo menzionato in precedenza, rappresenta il gas a effetto serra più significativo e influente. Tuttavia, è fondamentale esaminare attentamente l'accuratezza delle valutazioni effettuate dall’ IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) riguardo a questo gas. In particolare, è importante comprendere come il metano si accumuli nell'atmosfera, le sue fonti di emissione e il suo comportamento all'interno dell'ambiente atmosferico.

Il metano sta progressivamente aumentando nella nostra atmosfera, ma da cosa è costituito e quali sono le principali fonti di emissione? Le emissioni di metano derivano sia da attività antropogeniche che da sorgenti naturali. Tra le principali fonti antropogeniche figurano l'agricoltura, con un focus particolare su coltivazioni di riso e allevamenti, e le discariche. Inoltre, la combustione di biomasse contribuisce anch'esso a rilasciare metano nell'atmosfera. D'altra parte, le sorgenti naturali includono le zone umide, come paludi e laghi, e anche organismi come le termiti. È fondamentale riconoscere che ciascuna di queste emissioni ha il suo impatto sull'accumulo di metano nell'atmosfera.

Tuttavia, dobbiamo anche considerare il fatto che esiste un processo di "sequestro" del metano, noto come "Sink", che avviene nell'atmosfera in modo estremamente efficiente. Questo processo coinvolge gli ossidrili (OH), molecole altamente reattive presenti nell'atmosfera, che ossidano il metano, trasformandolo in acqua (H2O) e anidride carbonica (CO2). Un altro importante meccanismo di sequestro del metano avviene nel suolo, principalmente grazie all'azione della microflora del terreno, in particolare batteri che utilizzano il metano come substrato energetico. Questi batteri contribuiscono a rimuovere il metano dall'atmosfera e a trasformarlo in anidride carbonica e acqua.

LLCP vs SLCP

Per questo motivo dobbiamo tenere conto di quelli che sono le differenze fra i gas a vita lunga nell'atmosfera (Longliving climate Pollutant - LLCP) e quelli che hanno una corta vita in atmosfera( Short living climate pollutantSLCP). Quando parliamo di riscaldamento climatico, come già detto, dobbiamo utilizzare delle metriche, cioè dobbiamo riferire quello che è l’impatto del singolo gas ad un’unità, nel caso specifico si utilizza l’anidride carbonica come unità e tutti gli altri gas vengono riferiti all’anidride carbonica in termini di CO2 equivalente. Il potere riscaldante del metano secondo le metriche della IPCC è di 28 per un orizzonte di 100 anni, quindi il metano vale 28 volte l’anidride carbonica in una prospettiva di 100 anni.

Tuttavia il metano ha un emivita (cioè il tempo di dimezzamento di un impulso a un tempo T Tempo zero) di 8,6 anni e dopo 50 anni il metano è stato quasi completamente rimosso dall'atmosfera, mentre la CO2 resta in atmosfera per secoli e a volte anche oltre i mille anni.  Di contro, per la CO2, c'è ancora un effetto di riscaldamento perché il gas si accumula nel tempo. Infine, se diminuiamo le emissioni, ad esempio attraverso l'uso di digestori anaerobici o di additivi per mangimi, si induce un effetto di raffreddamento.
La stessa IPCC è consapevole di questo poiché ha dichiarato che non tutte le metriche possono tenere conto accuratamente delle conseguenze che sono collegate alle emissioni.

Il diverso modello di accumulo tra LLCP e SLCP provoca effetti diversi sul surriscaldamento globale nel tempo: 

  • scenario 1: le emissioni aumentano, il riscaldamento causato da LLCP (CO2) aumenta in modo esponenziale, mentre quello causato da SLCP (CH4) aumenta in modo lineare, seguendo il diverso andamento dei gas accumulati in atmosfera
  • scenario 2: a emissioni costanti, i LLCP(CO2), provocano un aumento lineare del riscaldamento, poiché la CO2 continua ad accumularsi, mentre il contributo di CH4 rimane costante senza causare ulteriore surriscaldamento.
  • Scenario 3: le emissioni crollano a zero, i LLCP continuano ad aumentare il surriscaldamento ( ma con meno velocità rispetto agli altri scenari) a causa del continuo accumulo di gas, mentre lo stock di SLIP inizia a diminuire quando avviene la riduzione di emissioni

Queste differenze rendono difficile esprimere l'impatto dei gas a corta vita utilizzando come equivalente di riferimento quello di un gas a vita lunga.
Quindi riteniamo sarebbe opportuno utilizzare metriche diverse se parliamo di metano o parliamo di anidride carbonica.

Una possibile soluzione 

La comunità scientifica converge oramai sulla nuova metrica: il Global Warming Potential Star (GWP*) e anche l'IPCC nel report sul cambiamento climatico del 2021 cita il GWP*.

Le tre equazioni usate per calcolare il GWP:

 

Dove

  • "E" è l’emissione di massa di un gas serra e H è l'orizzonte temporale futuro GWPH è il nuovo GWP di un gas serra secondo l’IPCC sull’orizzonte temporale H
  • "ESLPC" è la variazione del tasso di emissione di un SLCP nell’intervallo di tempo t, H è l’orizzonte temporale futuro
  • r e s: peso di accumulo (s, stock) e  tasso di emissione (r, rate) per un dato tempo H, calcolato utilizzando una regressione lineare multipla sulla risposta alle emissioni di metano in scenari comunemente utilizzati concentrandosi sul periodo 1900-2100. r=0,75 e s=0,25

GWP* consente quindi di effettuare calcoli più accurati riguardo al contributo del metano al surriscaldamento globale.  Il GWP* mostra chiaramente che gli animali di allevamento, in quanto parte del ciclo biogenico del carbonio, possano alla fine diventare carbon-neutral e non contribuire più attivamente al riscaldamento se si adottano gli interventi adeguati per ridurre le emissioni lungo la catena di approvvigionamento.
L'Italia, come citato precedentemente, è riuscita a ridurre le emissioni del 14,59% dal 1990 al 2020. In questo periodo di 30 anni, abbiamo emesso circa 22 milioni di tonnellate di metano, che, quando convertite in equivalente CO2 utilizzando le metriche dell'IPCC, ammontano a 633 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, emesse dai sistemi zootecnici italiani. Tuttavia, se adottiamo le nuove metriche, otteniamo un dato completamente diverso: una riduzione di -90,9 milioni di tonnellate di CO2 equivalente in termini di riscaldamento. Questo significa che passiamo da una situazione in cui i sistemi zootecnici emettevano 21 milioni di tonnellate all'anno di CO2 equivalente a una situazione in cui la visione è di -3,1 milioni di tonnellate all'anno. Riconsiderando l'impatto delle vacche da latte utilizzando le nuove metriche, possiamo notare un risultato rimarchevole: passiamo dalla riduzione delle emissioni del 71%, calcolata nel 2018, a una riduzione dell'83%  calcolata attualmente con le metriche tradizionali per il 2030, ad a una riduzione del 152% sempre per il 2030 usando le nuove metriche.

Inoltre, se esaminiamo i dieci paesi Europei che attualmente emettono la maggior quantità di metano, notiamo che, quasi tutti, utilizzando le nuove metriche, hanno emissioni al di sotto dello zero (tranne Irlanda e Spagna). Ciò significa che contribuiscono al raffreddamento dell'atmosfera, a differenza delle stime basate sulle metriche tradizionali, che calcolavano un contributo al riscaldamento.

Limiti del sistema GWP*

Sul sistema GWP* vanno però fatte delle precisazioni, per quanto, ha senso discutere l'utilizzo di metriche diverse, e ridimensionare il ruolo del metano nell'impatto ambientale, affermare che l'allevamento addirittura “raffreddi” l'ecosistema necessita di più evidenze scientifiche.

Come affermato da questo studio su nature

“Il GWP* è una metrica di emissione alternativa che rappresenta meglio il carattere a vita breve del metano, ma la sua applicazione non è semplice e può avere un impatto sostanziale sulla progettazione delle politiche di mitigazione. L'applicazione non è semplice e può avere un impatto sostanziale sulla progettazione delle politiche di mitigazione in agricoltura.”

Gli autori evidenziano che la scelta del parametro influisce sulle politiche di mitigazione climatica, ad esempio, la fissazione dei prezzi del carbonio potrebbe ridurre le emissioni agricole non-CO2 fino al 55% nel 2070. L'uso del GWP* avrebbe impatti divergenti, evidenziando questioni di equità e sottolineando la necessità di considerare gli effetti a breve e lungo termine. Tuttavia, suggeriscono che, al momento, il GWP* è più adatto a livello globale per rappresentare meglio l'impatto del metano sulla temperatura e progettare strategie di mitigazione, ma non è ancora adatto per la segnalazione a livello nazionale o di prodotto, motivo per il quale risulta frettoloso affermare che alcuni stati addirittura contribuiscono al raffreddamento dell'atmosfera.

 

Take Home message

  1. Il sistema agroalimentare impatta sul cambiamento climatico; 
  2. Il consumo di carne tenderà ad aumentare globalmente;
  3. L’ utilizzo di metriche appropriate per calcolare il contributo dei vari gas serra sul surriscaldamento globale è cruciale;
  4. Gli impatti dei gas serra tenderanno a crescere quindi dovremo attuare delle politiche di mitigazione e adattamento;
  5. L’intensificazione delle conoscenze all’interno del sistema agroalimentare e zootecnico è fondamentale;
  6. L’intensificazione delle produzioni zootecniche applicando le migliori e tecnologie e innovazioni è altresì fondamentale.

Sinossi a cura di:  Francesco Lucà

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