La schizofrenia del sistema scolastico
La dispersione esplicita ed implicita sono una problematica che viene da molto prima del momento della rilevazione al termine delle scuole superiori, cioè avvengono nel passaggio di ciclo dalle scuole medie e nel biennio delle superiori e questo è sintomo della presenza di un'incongruenza nel nostro sistema scolastico.
Per quanto riguarda le scuole superiori l’incongruenza sta in una doppia problematica: la troppa inclusività dovuta al fatto che si boccia sempre meno e la convivenza di questo aspetto con la selettività di un sistema al suo interno troppo rigido. La rigidità consiste nel fatto che i ragazzi a 14 anni hanno degli indirizzi molto diversi tra di loro, con passaggi interni difficili e con molte discipline caratterizzanti.
Nella scuola media invece il problema dell’incongruenza del sistema emerge diversamente: qui c’è un contesto in cui si boccia sempre meno e si fa molta fatica a tenere dentro gli studenti e a fargli acquisire le conoscenze.
Questa osservazione giustificherebbe l'analisi condotta da R. Ricci nell’Editoriale delle INVALSI 2019 sulle ragioni delle precondizioni per la dispersione.
Dunque, nella prima parte del secondo ciclo - cioè nelle scuole medie - le mancate bocciature portano a formare debolmente una parte cospicua della popolazione scolastica perché il sistema è schizofrenico: è al contempo inclusivo e rigido, ed è difficile formare gli studenti più fragili che vengono portati avanti nel percorso scolastico per pietà e così vengono poste le condizioni della dispersione esplicita e poi del fallimento scolastico e formativo di quella implicita.
Si ricordi poi che lo studente, nel momento in cui inizia il percorso nel secondo ciclo, viene improvvisamente catapultato dal mondo della scuola primaria - dal mondo delle maestre dei maestri e di un apprendimento di base - al mondo delle discipline e dei professori in cui deve frequentare 6 ore al giorno per 5 giorni alla settimana a cui va poi aggiunto il tempo da dedicare ai compiti a casa e questa risulta essere un'esperienza pesante anche dal punto di vista psicofisico. Dunque è così che nella scuola media si perde la formazione di base perché impostata in un modo precocemente disciplinare. Inoltre, la presenza del carico dei compiti a casa divarica i destini perché solo gli studenti con genitori con maggiore capitale socio-culturale riescono a seguire i propri figli in questo momento.
Dispersione scolastica e background familiare
“È noto che la condizione socio-economica della famiglia di origine è un fattore determinante dell’abbandono scolastico precoce. Incidenze molto elevate di abbandoni precoci si riscontrano laddove il livello d’istruzione e/o quello professionale dei genitori è più basso. L’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 22,7% dei giovani i cui genitori hanno al massimo la licenza media; incidenze molto contenute di abbandoni, pari al 5,9% e al 2,3%, si riscontrano, invece, per i giovani rispettivamente con genitori con un titolo secondario superiore e genitori con un titolo terziario.”[4]
Il background familiare e in particolare il titolo di studio posseduto dai genitori incidono sul dato degli ELET. Nel 2021 mentre la dispersione generale è del 12,7% per i giovani che hanno genitori privi di capitale culturale - quindi con al massimo la licenza media - la percentuale di dispersione esplicita o ELET arriva al 22,7% per poi scendere a picco per i giovani con genitori con un maggiore capitale culturale che hanno dunque un titolo superiore e terziario: in questo caso parliamo rispettivamente del 5,9% e 2,3%.
Dunque, è paradossale ma per la sua struttura è come se la scuola italiana invece che diminuirlo aumentasse il discrimine sociale e questo è possibile notarlo osservando come già a un certo livello della scuola primaria i destini degli studenti iniziano ad allontanarsi a seconda delle regioni o macroaree per poi aggravarsi con la scuola media e le scuole superiori. Per capire la ragione di questo bisogna mettere in campo alcune ipotesi:
- questione del tempo pieno: in pochissime se non nessuna regione del Sud è praticato il tempo pieno a scuola e queste sono le stesse regioni in cui c’è anche il tasso di occupazione femminile più basso - al massimo intorno al 30-34% - e in cui si hanno anche le maggiori percentuali di dispersione implicita e in cui sistematicamente si va a scuola solo la mattina;
- questione di ambiente generale: contesto degli enti locali, quanto questi aiutano, quanto la domanda locale interagisce con gli enti locali nell'aiutare a volere o non volere il tempo pieno;
- questione della tendenza disciplinare: cioè delle singole materie che emerge già nella scuola primaria dopo i 7 anni cioè dopo i primi due anni;
- questione dei compiti a casa nella primaria che aumentano sistematicamente.
Le suddette cose non sono dunque risposte ma ipotesi e aspetti su cui bisognerebbe lavorare perchè sono cose che potrebbero incidere e creare dei problemi.
Una possibile soluzione[5]: l’abolizione delle bocciature e la riforma dei cicli
Una possibile soluzione a questo è l’abolizione della bocciatura da fare congiuntamente a una riforma dei cicli.
La proposta è quella di abbandonare il modello della ripetenza - o bocciatura nel gergo comune - rendendo più flessibile il sistema.
Ma come è possibile questo? Proponendo una ripetizione delle sole materie in cui non si sono raggiunte le competenze di base previste e continuando ad andare avanti nelle altre per procedere nel proprio percorso scolastico.
Con i dati abbiamo notato che i problemi emergono maggiormente nella scuola media - dove si “prepara il terreno” per il grado di istruzione successiva e la didattica risulta troppo disciplinante e pesante rispetto a quella precedente - e nel primo biennio delle superiori - dove abbiamo il picco di dispersione - e questo deve indurci a riflettere sulla fascia d’età 11-16 che mostra una sua omogeneità dal punto di vista delle caratteristiche di sviluppo psico-cognitivo e normativo (cioè a livello di strutture morali) e a differenziarla dalla fascia successiva, 15/16-18, del triennio delle superiori.
Dunque, la proposta - in relazione a quella dell’abolizione delle bocciature - sarebbe quella di riformare anche i cicli scolastici e avere un ciclo intermedio di 4/5 anni (3 anni delle medie + 1 o 2 delle superiori) a cui far seguire una scuola superiore di 3 anni come è già accaduto in molti paesi come Francia e Polonia. Ovviamente la conseguenza sarebbe la modifica dell’età dell’obbligo che deve essere allineata alla fine di un ciclo.
I problemi strutturali si possono - e si devono - affrontare con una riforma strutturale come questa, che prevede un ciclo intermedio più lungo, omogeneo, centrato sui saperi di base e che porta gradualmente a competenze disciplinari per avere poi il vero lavoro approfondito sulle discipline in un triennio delle superiori dove deve essere prevista anche l’opzionalità.
Il controesempio dell’ex liceo classico
Il vecchio liceo classico - quello prima della riforma del '62 [6] funzionava essenzialmente per questi motivi:
- era strutturato in ginnasio inferiore o ginnasietto (3 anni) + ginnasio superiore (2 anni);
- era un percorso in cui era presente la figura dominante del singolo docente che ricopriva 18 ore settimanali;
- aveva una didattica concentrata su alcuni saperi fondamentali.
In poche parole funzionava perché “proteggeva” gli alunni dal cambiamento tumultuoso e improvviso in cui invece oggi vengono buttati i giovani a 14 anni, nel passaggio di ciclo. Ed è questo quello che fanno in molti sistemi europei, in cui è presente un ciclo unico fino a 16 anni - come ad esempio nei paesi scandinavi - o un ciclo intermedio di 4-5 anni a cui poi segue un triennio.
…allora, che fare?
Visti i dati, viste alcune delle cause e delle possibili soluzioni il problema è trovare il consenso per una possibile riforma, costruire un capitale politico e scansare il rischio della morte politica contro cui si imbatte chiunque tenti di avvicinarsi alla politica scolastica in maniera strutturale.
I primi passi per avvicinarsi a un processo così ambizioso ma necessario sono:
- condurre analisi che mostri quali sono le cause strutturali;
- accettare la presenza delle cause strutturali anche se non si è pronti ad affrontare il discorso di riforma strutturale;
- iniziare a muoversi nella direzione delineata per piccole modifiche.
Nel concreto di questa situazione l’invito è a cominciare a rendersi conto che la scuola media ha bisogno di potenziare la didattica dei saperi di base evitando la dispersione causata dalla presente struttura multidisciplinare e ad affrontare il tabù della frammentarietà patologica del biennio delle scuole superiori che crea enormi problemi. Ignorare questi aspetti e proporre superflui diversivi come il docente tutor, il docente orientatore, l’apertura delle scuole nel pomeriggio, ecc. non portano a nulla: la situazione presente è quella di una “scuola” come “una guerra” [8] in cui ci sono caduti, dispersi, sopravvissuti e ospedali da campo.
La Francia: un modello a cui guardare
Il sistema scolastico francese è un modello a cui guardare perché l’Italia e la Francia hanno delle storie comuni e dei sistemi simili. La Francia è stata infatti piantata su sistemi rigidi simili al nostro per tantissimo tempo ma a differenza nostra l’ha poi cambiata introducendo la flessibilità e l'opzionalità nelle scuole superiori con un biennio comune e poi in seguito 2 anni di scelta. Quindi, la conclusione è sempre che si possono fare anche degli aggiustamenti parziali ma bisogna accettare che, ormai a questo livello qui, è necessaria una riforma strutturale. Infatti, con il nostro sistema certamente i dati della dispersione miglioreranno (come mostrano già i dati) nel tempo ma quelli della qualità dell'insegnamento - che confluiscono nel problema della dispersione implicita - no, e non sarà colpa degli insegnanti.
Razionalizzazione degli Istituti professionali e dei licei e implementazione degli Istituti tecnici
Un ulteriore problema a cui porre rimedio è poi quello degli Istituti che andrebbero implementati nella direzione degli Istituti tecnici per poi procedere con la razionalizzazione degli istituti professionali che hanno mostrato un crollo di iscrizioni e anche dei licei andando ad esempio verso un biennio unificato e fare in generale una formazione professionale seria con l’obiettivo di fornire ai diplomati ulteriori sbocchi alla fine del percorso oltre all’università o al lavoro, spingendo invece verso uno studio tecnico di alto livello.
Conclusione
In una situazione come quella descritta emerge più impellente che mai la necessità di riformare. Dal punto di vista politico l'invito è quello di creare una situazione di dialogo e consenso, agire anche con piccole riforme e procedere a quella strutturale. Invece, dal punto di vista analitico è ormai impensabile uscire dalla situazione in cui il nostro sistema scolastico riversa se non con una riforma strutturale piuttosto radicata. In politica ci sono certamente degli equilibri da gestire ma bisogna iniziare a guardare in prospettiva e avere le idee chiare.