Lo studio di Nutt ha sollevato discussioni significative sulla necessità di rivedere le politiche di controllo delle droghe. Molte sostanze legali, comunemente accettate nella società, risultano molto più dannose rispetto a droghe illegali come la cannabis. Questo ha implicazioni importanti per la regolamentazione delle sostanze, suggerendo che un approccio basato sulle evidenze scientifiche potrebbe portare a politiche più equilibrate e meno influenzate da pregiudizi storici.
Cannabis light: in cosa differisce dalla “cannabis tradizionale”?
La cannabis light e la cannabis normale differiscono principalmente nel contenuto di THC (tetraidrocannabinolo) e nei conseguenti effetti sull'organismo. La cannabis normale contiene alti livelli di THC, il principale composto psicoattivo responsabile degli effetti euforici, delle alterazioni percettive e delle potenziali allucinazioni. Questi effetti sono ben documentati in letteratura scientifica: il THC interagisce con il sistema endocannabinoide del corpo umano, legandosi ai recettori CB1 nel cervello e inducendo cambiamenti nel rilascio di neurotrasmettitori, che influenzano l'umore, la memoria, l'appetito e la percezione del dolore .
La cannabis light, invece, contiene livelli molto bassi di THC, generalmente inferiori allo 0,2-0,3%, e non provoca effetti psicoattivi significativi. È ricca di CBD (cannabidiolo), un altro cannabinoide non psicoattivo che ha mostrato proprietà rilassanti, antinfiammatorie e ansiolitiche. Il CBD non si lega ai recettori CB1 nello stesso modo del THC, ma può modulare l'attività di questi recettori e influenzare il rilascio di neurotrasmettitori, contribuendo a effetti benefici come la riduzione dell'ansia, del dolore e dell'infiammazione senza indurre euforia o alterazioni cognitive .
Gli effetti della cannabis light e del CBD sono stati oggetto di numerosi studi scientifici. Ad esempio, il CBD è stato studiato per il suo potenziale nel trattamento di diverse condizioni mediche, tra cui l'epilessia, con risultati promettenti che hanno portato all'approvazione di farmaci a base di CBD come l'Epidiolex che è stato autorizzato dalla FDA negli Stati Uniti . Inoltre, studi hanno dimostrato che il CBD può avere effetti positivi nel ridurre l'ansia e migliorare il sonno, senza gli effetti collaterali associati al THC, come paranoia o alterazioni cognitive.
Il 2 dicembre 2020, la Commissione sugli Stupefacenti (CND) dell'ONU ha riesaminato una serie di raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sulla cannabis e i suoi derivati. Tra queste, la decisione di rimuovere la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione Unica sugli Stupefacenti del 1961, dove era elencata insieme a oppioidi mortali e altamente dipendenti, come l'eroina, riconosciuti come aventi pochi o nessun uso terapeutico.
I 53 Stati Membri della CND, l'organo centrale di elaborazione delle politiche sulle droghe delle Nazioni Unite, hanno votato per rimuovere la cannabis da quella tabella – dove era stata posizionata per 59 anni – e alla quale si applicano le misure di controllo più severe, che generalmente scoraggiavano il suo uso a scopi medici.
Con 27 voti favorevoli, 25 contrari e un'astensione, la CND ha aperto la porta al riconoscimento del potenziale medico e terapeutico della droga, anche se il suo uso per scopi non medici e non scientifici continuerà a rimanere illegale. Secondo quanto riportato dai media, la decisione potrebbe incentivare ulteriori ricerche scientifiche sulle proprietà medicinali della pianta.
Nel gennaio 2019, l'OMS ha presentato sei raccomandazioni riguardanti la classificazione della cannabis nei trattati internazionali di controllo delle droghe. Sebbene le proposte fossero state presentate per decisione della CND nella sessione di marzo 2019, molti paesi hanno richiesto più tempo per studiare la questione e definire le loro posizioni. Pertanto, il voto è seguito a due anni di considerazioni intensive e dettagliate.
Tra le raccomandazioni dell'OMS, si suggeriva che il cannabidiolo (CBD) con il 2% o meno di tetraidrocannabinolo (THC, la sostanza psicoattiva) non dovesse essere soggetto a controlli internazionali. Gli Stati Membri hanno respinto tale raccomandazione per vari motivi, tra cui il fatto che il CBD non è attualmente sotto controllo internazionale e quindi non era necessario alcun intervento. Negli ultimi anni, il CBD ha assunto un ruolo prominente nelle terapie del benessere, dando vita a un'industria da miliardi di dollari.
Attualmente, più di 50 paesi hanno adottato programmi di cannabis medicinale, mentre Canada, Uruguay e 15 stati degli Stati Uniti hanno legalizzato il suo uso ricreativo, con Messico e Lussemburgo che stanno discutendo politicamente se seguire questa strada.
Negli ultimi tempi, si è acceso un ampio dibattito intorno a un emendamento al Ddl Sicurezza proposto dal Governo, che modifica la legge n. 242/16, la quale ha disciplinato e promosso la coltivazione della canapa per usi non medici o farmaceutici. Questa legge, approvata nel 2016, ha rappresentato un punto di svolta per la filiera agroindustriale della canapa in Italia, un settore che negli ultimi anni ha conosciuto una notevole crescita.
Tuttavia, l'emendamento proposto ha sollevato forti preoccupazioni tra le associazioni di categoria e gli operatori del settore. Questi temono che la nuova normativa possa causare la chiusura di migliaia di aziende e mettere a rischio migliaia di posti di lavoro. Secondo Federcanapa, la proposta del governo Meloni rappresenta un "grottesco giro di vite", mentre Cia-Agricoltori Italiani la definisce "inaccettabile", sostenendo che potrebbe portare alla chiusura di moltissime aziende agricole, soprattutto quelle gestite da giovani imprenditori che hanno investito significativamente in questa coltivazione legale.
È importante fare chiarezza su cosa preveda effettivamente la legge n. 242/16 e su quali siano le reali implicazioni dell'emendamento. La legge 242/16 consente la coltivazione della canapa sativa a basso contenuto di THC (fino allo 0,6%) per scopi industriali. Ciò significa che i prodotti derivati dalla canapa, come semi, olio, farine, fibre per l'edilizia e altro, possono essere commercializzati liberamente. Tuttavia, la stessa legge non ha mai autorizzato la commercializzazione delle infiorescenze e delle foglie di canapa per usi non medici. Infatti, tali prodotti rientrano nella disciplina del DPR 309/1990, che regola le sostanze stupefacenti e psicotrope in Italia.
L'emendamento al Ddl Sicurezza non introduce nuove restrizioni, ma ribadisce semplicemente quanto già stabilito dalla normativa vigente, confermando che la vendita di infiorescenze e foglie di canapa è vietata per usi non medici, a meno che non vi sia un'apposita autorizzazione del Ministero della Salute. Il nostro Paese, inoltre, ha recepito nella propria legislazione la Convenzione di New York del 1961, che classifica la cannabis come una sostanza da controllare.
Il settore della canapa in Italia ha conosciuto un'espansione significativa negli ultimi anni, con la nascita di numerose piccole e medie imprese. Si stima che oggi ci siano circa 3.500 aziende attive nel settore, con un fatturato complessivo di 500 milioni di euro all'anno e oltre 15.000 posti di lavoro tra filiera diretta e indotto. Molte di queste aziende sono gestite da giovani agricoltori, attratti dalle potenzialità di una coltivazione che si sposa perfettamente con gli obiettivi della Green Economy. Tuttavia, queste stesse aziende si trovano oggi a fare i conti con una normativa che, pur non introducendo nuovi divieti, ribadisce vincoli che potrebbero limitarne ulteriormente le attività.
Per chi opera in questo settore, una delle possibili vie da percorrere potrebbe essere quella di chiedere una modifica del DPR 309/1990, in modo da permettere la commercializzazione delle infiorescenze e delle foglie di canapa per usi non medici. Un'altra possibilità potrebbe essere quella di avviare una filiera controllata dallo Stato, in cui le infiorescenze di canapa sativa siano miscelate con il tabacco da sigarette, garantendo così tracciabilità e sicurezza per i consumatori e, al contempo, aumentando il gettito fiscale per lo Stato.
Il tavolo di filiera, istituito presso il Ministero delle politiche agricole (ora Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste -Masaf), ha elaborato un piano di settore che attende ancora di essere approvato in conferenza Stato-Regioni. Questo piano, finanziato con una parte dei 10 milioni di euro stanziati in legge di bilancio per le filiere minori, potrebbe rappresentare una soluzione per sostenere e valorizzare un settore che ha generato oltre 4 miliardi di euro di ricchezza negli ultimi otto anni e che vede l'Italia come il maggiore produttore europeo di canapa industriale, con il 98% della produzione destinata all'esportazione.
I vantaggi economici della legalizzazione
Negli ultimi anni, l'Europa ha visto un incremento nella liberalizzazione della cannabis. Malta è stato il primo paese dell'Unione Europea a legalizzare l'uso ricreativo nel 2021. In Germania, la legalizzazione è in fase di attuazione, con la legge prevista per l'approvazione nel 2024. Inoltre, la Svizzera ha avviato programmi pilota per la vendita regolamentata, seguita dai Paesi Bassi con il loro esperimento “Wietexperiment” a fine 2023.
Una ricerca del 2021 stima che se venisse eliminato il reato di produzione e vendita di cannabis tradizionale lo Stato Italiano potrebbe risparmiare circa 600 milioni di euro all'anno riducendo le spese delle forze dell'ordine, della magistratura e del sistema carcerario e nonostante un aumento dei costi sanitari e di regolamentazione.. Sebbene la metodologia utilizzata per questa stima non sia specificata, il risparmio è comunque significativo. Tuttavia, la maggior parte dei profitti deriverebbero dal gettito fiscale generato dalla legalizzazione della cannabis.
Le entrate fiscali dipendono principalmente dalla domanda di mercato e dalla tassazione applicata. Per stimare la domanda, lo studio utilizza tre metodi principali:
1. Indagine IPSAD: Un'indagine campionaria sulla popolazione italiana riguardo l'uso di alcol e droghe.
2. Progetto Aqua Drugs: Analisi delle acque reflue per rilevare tracce di THC.
3. Dati sui sequestri: Informazioni aggiornate annualmente dal Ministero dell'Interno sui sequestri di cannabis.
I dati sui sequestri risultano essere il metodo più efficace per stimare il consumo reale, poiché altre fonti, come l'indagine IPSAD, possono essere imprecise e i dati di Aqua Drugs sono datati. Nel periodo 2014-2018, sono stati sequestrati in media 44 mila chili di cannabis, 60 mila chili di hashish e oltre 304 mila piante. La ricerca ipotizza che la quantità effettivamente circolata sia dieci volte superiore a quella sequestrata, portando a un fatturato stimato di 11,6 miliardi di euro, considerando un prezzo medio di 9,50 euro al grammo per l'hashish, 8,50 euro per la marijuana e 7 euro per le piante.
Applicando un'aliquota fiscale del 75%, simile a quella delle sigarette, il gettito fiscale potrebbe arrivare a circa 8 miliardi di euro. Una media delle tre fonti utilizzate, con un'aliquota del 75%, porterebbe a entrate di circa 5,75 miliardi di euro.
Lo studio analizza anche i benefici indiretti, suddivisi in:
1.Migliore Qualità del Prodotto: La regolamentazione garantirebbe un controllo di qualità, riducendo i rischi per i consumatori associati ai prodotti contaminati venduti illegalmente.
2.Segmentazione dei Mercati: La legalizzazione ridurrebbe i contatti tra il mercato delle droghe leggere e quello delle droghe pesanti, limitando il passaggio a sostanze più pericolose.
3.Contrasto alle Mafie: La legalizzazione indebolirebbe le organizzazioni criminali, riducendo la loro liquidità e consenso sociale. Le risorse risparmiate potrebbero essere impiegate in modo più efficace per combattere reati più gravi.
Il mercato della cannabis, come quello delle droghe e della prostituzione, è già incluso nella produzione nazionale secondo il Sistema Europeo dei Conti Nazionali, con un fatturato stimato di 18,4 miliardi di euro nel 2017. Considerando che il consumo di droghe leggere è un fenomeno di massa, è più efficace regolarlo che proibirlo. Regolamentare il mercato legale della cannabis, come stanno facendo gli USA e il Canada, risponderebbe a una domanda crescente e ridurrebbe i danni associati al mercato illegale. Secondo lo studio, In Italia la questione non è più "perché legalizzare" ma "quando".
Per stimare accuratamente il gettito fiscale e i benefici della legalizzazione, è necessario considerare una varietà di fattori e utilizzare metodi più completi. Le stime attuali sono approssimative e basate su ipotesi, dato che in Italia manca un'indagine seria sul consumo di cannabis. Guardare ai risultati ottenuti dagli Stati che hanno già legalizzato l'uso ricreativo della cannabis, come il Colorado, può offrire una guida utile. Nel 2021, il Colorado ha generato più di 423 milioni di dollari in entrate fiscali dalla cannabis legale, suggerendo che l'Italia potrebbe ottenere un gettito di circa 4,2 miliardi di euro, considerando la differenza di popolazione.
La legalizzazione della cannabis in Italia non solo potrebbe portare significativi risparmi statali e un consistente gettito fiscale, ma anche benefici indiretti come la riduzione della criminalità organizzata e una maggiore sicurezza per i consumatori.
Conclusioni
Il recente emendamento approvato dalla commissione Affari costituzionali e Giustizia della Camera, che vieta la coltivazione e il commercio della cannabis light, avrà pesanti conseguenze economiche e occupazionali. Circa 15.000 persone rischiano di perdere il lavoro e 3.000 aziende potrebbero chiudere. La legge, che entrerà in vigore dopo la discussione in aula a settembre, rappresenta una stretta interpretativa della normativa del 2016 che aveva permesso la produzione di cannabis light con un basso contenuto di THC.
Gli esponenti del governo, giustificano il divieto come una misura di sicurezza, ma molti critici vedono in questa azione un accanimento ideologico, non basato su evidenze scientifiche. Infatti, il CBD non è una sostanza psicoattiva e la sua legalizzazione ha portato a una diminuzione delle coltivazioni illegali e dei reati correlati. Questo provvedimento, secondo i critici, danneggia l'economia, la libertà e il buon senso, mettendo in difficoltà migliaia di famiglie e imprese senza una reale giustificazione.
Le associazioni di categoria hanno avvertito che il divieto potrebbe spostare il mercato verso l'estero o alimentare il commercio illegale. Le critiche arrivano anche da Coldiretti, solitamente allineata con il governo, mentre molti imprenditori ritengono che il provvedimento non ridurrà il consumo, ma penalizzerà solo le imprese italiane. Le associazioni hanno annunciato l'intenzione di ricorrere al TAR se il divieto sarà confermato.