Questo cosa vuol dire? Vuol dire che dobbiamo investire (parecchio e rapidamente) in nuovi siti produttivi e in ricerche minerarie, in maniera tale da poter sperare di soddisfare la domanda futura di litio senza causare rallentamenti nella transizione. E, come si vede dai grafici sopra, questo è vero anche per altri minerali - anche se il litio è quello che presenta il profilo di rischio più alto.
Fare tutte queste nuove miniere così rapidamente può, però, essere un problema? Beh, per la risposta a questa domanda devi pazientare ancora un po’ – tocca prima finire la panoramica degli altri minerali (so che è lunga, ma abbi pazienza!)
(Se proprio vuoi una risposta subito, hai il diritto di barare e andare dritto alla prossima sezione senza passare dal via)
Ripartiamo col nostro tour di minerali dal nickel (2.7 milioni di tonnellate nel 2019). Questo viene estratto per >50% da Indonesia (ca. 35%), Filippine (ca. 15%) e Russia (ca. 10%), e viene processato da Cina (ca. 35%), Indonesia (15-20%) e Giappone (ca. 10%). Di per sé il nickel è classificato come minerale a relativamente basso rischio, essendo un mercato grande e principalmente assorbito dall’industria dell’acciaio inossidabile. Qui, però, si nasconde una trappola, perché’ ci sono due tipi di nickel che contano: Ni classe I e classe II.
Il nickel classe II viene effettivamente estratto principalmente da Indonesia e Filippine, e viene utilizzato dall’industria dell’acciaio. Il nickel classe I, invece, è essenziale per la produzione dei catodi delle batterie a ioni litio.
E dove sta il problema, hai detto?
Ci sono tre problemi qui:
- Per produrre nickel classe I si usano tipicamente solfati di nickel come materiale di base, che non viene estratto in Indonesia e Filippine - ma in Russia, Canada e Australia.
- La domanda di nickel per la transizione energetica è attesa aumentare dalle 7 alle 20 volte, e la domanda di Ni per batterie avrà un peso notevole in questo, in quanto il trend attuale è cercare di sostituire (quasi) tutto il cobalto col nickel (ma qui ci torniamo fra poco).
- La maggioranza (ca. 70%) dei nuovi impianti di estrazione programmati, ad oggi, sono Indonesiani o Filippini, dove si estraggono ossidi di nickel, non solfati (più adatti per classe I)
E come la risolviamo, quindi? La principale possibilità sta nell’estrazione di minerali di laterite (presenti per esempio in Indonesia) tramite acidi ad alta pressione, che renderebbe questi ultimi adatti alla produzione di nickel classe I per catodi di batterie al litio.
Questi progetti hanno però uno storico di ritardi, aumento dei costi, e tempistiche lunghe (4-5 anni per raggiungere l’80% della capacità di produzione), motivo per cui è importante investire in e tenere sott’occhio questa importante filiera mineraria.
Il cobalto (ca. 170 kton) è principalmente estratto nella Repubblica Democratica del Congo (>70%) e processato in Cina (>60%), e i legami tra i due stati in questa filiera sono particolarmente forti. Qui il concentramento geografico è un problema palese, ma non è l’unico. In RDG, infatti, vi sono moltissime miniere artigianali e di piccole dimensioni, con un impatto ambientale e sulla salute dei lavoratori molto alto (mancanza del rispetto di norme sanitarie, ambientali e di sicurezza), e con un serio problema di sfruttamento minorile. E questo è uno dei motivi per cui, dal primo materiale catodico per le batterie a ioni litio (LCO, che contiene solamente Li, Co, e O), si è passati ad usare ossidi di Li, Ni, Co e Mn (NMC) con sempre più alto contenuto di nickel, a discapito del cobalto.
Demonizzare o portare a chiusure forzate di queste miniere artigianali, però, difficilmente può essere una risposta efficace alla ragione fondamentale per cui queste esistono: la povertà della popolazione.
Potrebbe avere più senso, quindi, cercare di creare collaborazioni tra grandi gruppi industriali e queste piccole miniere, al fine di migliorarne le condizioni di lavoro (a questo puntano progetti come Cobalt for Development, in cui partecipano BMW, BASF, e Samsung). Se operazioni di questo tipo avessero successo, la presenza di piccole miniere potrebbe (come fanno anche oggi) fungere da stabilizzatore di prezzo, in quanto miniere di piccole dimensioni possono rispondere a variazioni di prezzo in maniera più rapida.
Il manganese, insieme a Li, Co, e Ni, è l’ultimo elemento fondamentale del materiale catodico commerciale (per batterie a ioni litio) a più alta densità energetica (NMC), che al momento rimane il tipo di catodo più usato in occidente per applicazioni come veicoli elettrici, nonostante uno shift al LFP (LiFePO4), come avvenuto in Cina, non sia da escludere – anche grazie alla sua minore dipendenza da minerali critici, e a recenti incrementi di densità energetica a livello del pacco batteria (come materiale la densità energetica LFP < NMC).
Tornando al manganese, viene estratto per il 70% in Sud Africa (ca. 35%), in Gabon (ca. 20%) e Australia (ca. 15%) e processato principalmente in Cina (>90%). Ad oggi il manganese ha attirato meno attenzione come materiale critico, nonostante una delle strategie che si stanno seguendo per abbassare i costi di produzione ed aumentare la densità energetica è proprio quella di aumentare il contenuto di manganese. A priori di ciò, inizia ad essere chiaro come anche il manganese (battery grade) possa portare rischi notevoli in termini di squilibrio domanda/offerta.