Punto stampa a cura di: Aurelio Iacono, Ugo Gambardella, Erika Di biase, Marco Todisco
In studio: Franz Forti, Ugo Gambardella, Mario Rossomando
Ospite: Nona Mikhelidze
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Approfondimento sulla cronologia della rivalità tra il finanziere del Gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin e il Ministero della Difesa russo (MoD), che probabilmente ha raggiunto un punto di ebollizione su Bakhmut. Il rapporto analizza anche la probabile intenzione del Ministero della Difesa russo di spendere le forze Wagner a Bakhmut ed esplora la manipolazione di questo conflitto da parte del presidente russo Vladimir Putin per mantenere la stabilità del suo regime.
Politica
Sul campo
Questo accordo ha permesso la ripresa delle relazioni diplomatiche interrotte nel 2016, quando in territorio del regno Saudita fu eseguita la condanna a morte di un importante religioso sciita, Nimr al Numr.
Per Riyadh l’accordo rappresenta uno dei passi finali del processo di de-escalation regionaleiniziato nel 2019. Questo accordo si sviluppa in un contesto regionale altamente instabile che vede:
L’Iran e la Russia, regimi sotto sanzione, stringere sempre di più la cooperazione militare;
Teheran, a un passo dalla soglia nucleare. L'allarme arriva direttamente dall’agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), secondo cui nella centrale sotterranea di Fordo è stato arricchito l'uranio fino alla soglia dell'83,7%, appena al di sotto del 90% necessario per produrre una bomba atomica;
Israele, con un esecutivo sempre più a destra, torna a ipotizzare un attacco preventivo contro i siti nucleari iraniani.
In un contesto fortemente incerto, l’Arabia Saudita sceglie di muoversi, nei confronti dell’incognita Iran, mediante un doppio binario. Da un lato, rafforzando le capacità militari, anche mediante la difesa integrata con gli Stati Uniti, dall’altro, rilanciando il dialogo diplomatico con il vicinato.
Mentre per l’Iran, l’intesa è un modo per ri-legittimarsi sul piano della politica estera, dopo che le rivolte popolari e la violenta repressione interna hanno reso più vulnerabili gli assetti di potere della Repubblica Islamica.
Infine, nella partita si inserisce anche la Cina che intende sponsorizzare entrambi i paesi ed ospitare sul proprio suolo gli incontri bilaterali Iran-Arabia Saudita.
✱Repubblica Democratica del Congo. Ieri, sospetti militanti islamisti hanno ucciso 19 persone nel villaggio di Kirindera nella provincia del Nord Kivu, a pochi chilometri da un altro attacco avvenuto la scorsa settimana dove sono state uccise altre 35 persone. L'esercito ha accusato dell'attacco le forze democratiche alleate (ADF), un gruppo armato ugandese con sede nel Congo orientale che ha giurato fedeltà allo Stato islamico.
Un residente, Sadame Patanguli, ha raccontato che i militari sono arrivati ed hanno prima saccheggiato tutte le medicine dell’ospedale e poi hanno dato fuoco allo stesso ospedale. Hanno dato fuoco anche ad un hotel e hanno fatto prigioniere molte persone, per poi scomparire. I dettagli degli edifici bruciati e il bilancio delle vittime sono stati confermati da due funzionari regionali. Il gruppo armato ADF è nato in Uganda e si trasferito negli anni 90 in Congo dove è stato accusato di aver causato migliaia di morti nell'ultimo decennio.
Le uccisioni sono continuate nonostante gli sforzi dell'esercito che combatte (come abbiamo spiegato nella puntata di venerdì scorso), anche contro il gruppo ribelle M23, la cui offensiva negli ultimi mesi ha provocato lo sfollamento di 600.000 persone.
Il contingente delle Nazioni Unite nel Congo orientale, è crollato e l’ambasciatore francese, Nicolas de Riviere, in occasione di una visita ad un campo di sfollati, ha detto che "Non ci sono soluzioni magiche”, “Non sono le Nazioni Unite che da sole potranno risolvere il problema". Ha poi aggiunto, "Abbiamo bisogno di un negoziato politico, di una soluzione che dia sicurezza".