Il caso "Giudizio Universale": un'occasione sprecata?

Lo scorso febbraio è stata pronunciata la prima sentenza in primo grado di giudizio per il primo e più importante caso italiano di contenzioso climatico, la causa “giudizio universale”. La seconda sezione civile del tribunale civile di Roma ha dichiarato inammissibile, dopo circa due anni di udienze, l’istanza presentata dagli oltre 200 attori. Il caso italiano è uno dei tanti contenziosi climatici che sono stati intentati a livello globale negli ultimi anni. Il loro sviluppo potrebbe colmare il vuoto normativo rappresentato dallo status giuridico delle generazioni future e dunque determinare un avanzamento decisivo nella implementazione delle normative climatiche.

Lo scorso febbraio è stata pronunciata la prima sentenza in primo grado di giudizio per il primo e più importante caso italiano di contenzioso climatico, la causa “giudizio universale”. La seconda sezione civile del tribunale civile di Roma ha dichiarato inammissibile, dopo circa due anni di udienze, l’istanza presentata da oltre 200 attori (fra cui 24 associazioni e 17 minori e svariate decine di privati cittadini).

Gli attori costituitisi parte civile chiedevano al giudice di riconoscere lo stato italiano responsabile di inadempienza in materia di contrasto al cambiamento climatico e di vincolarlo alla riduzione del 92% di emissioni di gas climalteranti entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. La basi giuridiche dell’azione sono particolarmente diversificate, facendo riferimento non solo ad ordinamenti diversi ma anche a branche del diritto diverso. Il caso evidenzia la violazione delle norme di diritto climatico, internazionale ed europeo, incluse disposizioni come l'Accordo di Parigi e il Regolamento UE n. 2018/1999. Un secondo pilastro dell’azione giudiziaria è il riferimento al rispetto dei diritti umani, ed in questo caso sono compresi anche documenti nazionale come gli articoli 2 e 32 della costituzione italiana. Vi è infine il richiamo agli articoli 2043 e 2051 del codice civile italiano in cui l’accusa è quella di non aver rispettato obblighi di prevenzione del danno in una situazione di particolare emergenza, come è quella del cambiamento climatico in base ai dati scientifici oggi a nostra disposizione.

A fronte di questa ampia e variegata documentazione, la giudice Assunta Canonaco ha tuttavia affermato nella sentenza un difetto di giurisdizione della corte nel caso “giudizio universale”; ha cioè in sostanza affermato che il tribunale al quale si è fatto ricorso non avrebbe il potere di esprimersi su questo tipo di domanda. Credo tuttavia sia interessante domandarsi se i casi di climate litigation non possano rappresentare una utile risorsa come istituzioni per la rappresentanza delle generazioni future, ossia come un meccanismo capace di sviluppare più efficaci sistemi di applicazione del diritto climatica.

I contenziosi climatici, o climate litigations, sono appunto le azioni legali intraprese da individui, gruppi, organizzazioni non governative, o anche governi, per affrontare le questioni legate al cambiamento climatico. Queste azioni possono toccare indirettamente la questione del cambiamento climatico (come nei casi di permessi di estrazione) oppure possono essere esplicitamente basati sul riconoscimento di inandempienze climatiche da parte di governi nazionali (come nel caso “giudizio universale”) o di imprese private. Possono comprendere il ricorso a tribunali nazionali o internazionali per far valere diritti, chiedere risarcimenti, richiedere l'applicazione o l'interpretazione di leggi ambientali, o contestare l'inazione dei governi o delle aziende nel ridurre le emissioni di gas serra o nell'affrontare altre questioni ambientali correlate al clima.

Un recente report del Grantham Research Institute on Climate Change and Environment ha evidenziato come vi sia un trend di crescita in questo senso, dal 2015 sono state intentate oltre 1200 cause giudiziarie legate al clima ed alcune di queste hanno prodotti effetti notevoli.

Un altro elemento interessante che emerge dal report è la portata crescente assunta dai casi di contenzioso climatico. Stanno infatti aumentando quelli che gli autori definiscono casi climatici “strategici”: cause cioè che non si limitano a richiedere pianificazioni specifiche o nuove misure all’interno di uno specifico sistema di scambio di emissioni ma in cui la parte chiamata in causa è lo stato stesso. Queste cause, fra cui rientra il caso “giudizio universale”, mirano al riconoscimento dell’assenza di impegni climatici nazionali adeguati e della generale passività che gli stati nazionali o le imprese private mostrano in relazione a tali impegni.

Un esempio di successo di questi casi climatici strategici è il noto caso “Urgenda  in cui la omonima fondazione olandese ha intentato una causa legale contro il governo dei Paesi Bassi utilizzando, e contribuendo a diffondere, una impostazione human rights-based come base giuridica per il contenzioso climatico. Nel 2015, il tribunale distrettuale dell'Aia ha dato ragione a Urgenda, ordinando al governo olandese di ridurre le emissioni di gas serra del 25% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990.

Un altro elemento interessante che emerge nel caso Urgenda è il fatto che la fondazione olandese ha sostenuto di rappresentare le generazioni attuali e future residenti nei paesi bassi. Questa impostazione ha influenzato profondamente gli attuali trend di climate litigations. Ad esempio nel caso future generations vs ministry of the environment and others  i giovani colombiani hanno sostenuto di rappresentare le generazioni future. Nel casoLeghari v. Federation of Pakistan la Corte Suprema di Lahore ha stabilito che il diritto costituzionale alla vita comprende sia le generazioni future che quelle attuali.

In sostanza emerge sempre di più la volontà di costituire le generazioni future come soggetto giuridico autonomo attraverso l’istituzione dei contenziosi climatici. Emergono tuttavia numerose difficoltà. Poiché non possono intentare una causa, le generazioni future non possono essere considerate querelanti nei procedimenti giudiziari. Ed inoltre poiché esse non esistono attualmente sembra essere molto difficile presentare una causa ricorrendo ad una idea tradizionale di danno, a meno che quest’ultima non venga radicalmente modificata. Non a caso, la scelta dei legali del caso “giudizio universale”  è stata quella di non ricorrere ad una idea di generazioni future come soggetto giuridico autonomo come base dell’impianto accusatorio. Questo tuttavia è un tema pressante poiché l’efficacia e diffusione dei contenziosi climatici potrebbe dipendere ampiamente dalla capacità dei sistemi giuridici nazionali di riconoscere una collocazione giuridica al soggetto rappresentato dalle generazioni future.

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