L'Europa di oggi presenta un'immagine seducente: una pletora di Stati e di popoli che vivono a stretto contatto, prosperi, stabili e (per lo più) in pace con se stessi e con il mondo; un continente minuscolo per gli standard mondiali, ma benedetto da una quota sproporzionata del patrimonio culturale e materiale mondiale; uno spazio pubblico transnazionale in cui religioni, lingue e tradizioni politiche diverse non costituiscono un ostacolo a una fede condivisa nella democrazia e nei diritti privati, in cui le responsabilità sociali dello Stato e le libertà civili dei cittadini non sono semplicemente compatibili, ma si sostengono a vicenda. L'Europa di ieri, tuttavia, era un po' diversa: il campo di sterminio del XX secolo
— Tony Judt, “Democracy as an Aberration”, New York Times, 1999
Così lo storico Tony Judt inizia la recensione del volume “Le ombre dell’Europa” di Mark Mazower. Lo storico britannico formatosi ad Oxford si è specializzato nella storia dei Balcani e della Grecia, occupandosi in particolare dell’occupazione nazista della Grecia e della storia della città di Salonicco [4]. Infine, si è dedicato estensivamente alla storia europea del XX secolo, trattata anche nel volume qui presentato.
Addentrandoci nelle “ombre dell’Europa”, Mazower evidenzia come l'approccio più rassicurante, adottato anche da una parte della storiografia [5], sia quello di trattare la prima metà di questo secolo come un brutto interludio: vedendo l'Europa occidentale post-1945 e l'Europa orientale post-1989 come gli eredi naturali di un'epoca precedente di lotte per la democrazia e la libertà.
«Sbagliamo» scrive «a rileggere il passato sulla base del presente e dando per scontato, per esempio, che la democrazia debba essere profondamente radicata nel suolo europeo solo perché la Guerra fredda è finita come sappiamo». [6]
Di fronte alle inadeguatezze dell'accordo di Versailles, ai fallimenti seriali del capitalismo e all'insicurezza internazionale di nuovi e vecchi Stati, i nuovi movimenti della destra antidemocratica hanno avuto la meglio in gran parte del continente: «L'Europa trovò forme di ordinamento politico diverse, autoritarie, certo non più estranee alla sua tradizione e non meno efficienti in quanto sistemi di organizzazione della società, dell'industria e della tecnologia». [7]
Proprio come il "decennio basso e disonesto" degli anni '30 di Auden era saldamente radicato in un insieme di paure e speranze europee del tutto estranee alle ipotesi benevole dei liberali del XIX secolo, così l'Europa del secondo dopoguerra non ha iniziato con una tabula rasa.
In Occidente, gli Stati sociali erano eredi delle osservazioni prebelliche sul successo fascista e sul fallimento democratico; nell'Europa orientale, la pianificazione comunista e il controllo statale si basavano su sporadici sforzi precedenti di autarchia economica e di accumulazione di capitale locale attraverso l'industrializzazione coercitiva.
A differenza di Mussolini, Hitler vedeva la sua "missione civilizzatrice" non al di fuori, ma all'interno dell'Europa e «proprio qui, senza dubbio, trasformando gli europei di nuovo in barbari e schiavi, risiedeva la più grande offesa dei nazisti contro la sensibilità dei continentali» [8]. La violenza, che l'Europa trovò così facile ignorare quando commessa all'estero in suo nome, si rivelò più difficile da digerire in patria.
È senza dubbio vero che "i cuori e le menti europee non sono stati tanto conquistati dagli Alleati quanto persi da Hitler" [9], ma altrove le virtù della democrazia, pur essendo certamente ricordate con nuovo entusiasmo grazie all'esperienza dell'occupazione tedesca, non erano state completamente dimenticate, nemmeno nelle ore più buie del 1939-40. [10]
NOTE
[1] Ulteriore letteratura sul tema dei trattati tra spagnoli e indios Lawrence Kinnaird, Francisco Blache, and Navarro Blache, ‘Spanish Treaties with Indian Tribes’, The Western Historical Quarterly 10, no. 1 (1979): 39–48; Jack Holmes, ‘Spanish Treaties with West Florida Indians 1784-1802’, Florida Historical Quarterly 48, no. 2 (13 July 2021); ‘Native Americans, Relations with Spanish’, Mississippi Encyclopedia, accessed 10 May 2024.
[2] Vedi George Kubler, Mexican Architecture of the Sixteenth Century (Yale University Press, 1948); George Kubler, The Art and Architecture of Ancient America: The Mexican, Maya, and Andean Peoples (Penguin Books, 1962).
[3] Il contributo di Gibson più significativo in tal senso è rappresentato senz’altro dal volume The Aztecs Under Spanish Rule: A History of the Indians of the Valley of Mexico, 1519-1810 (Stanford University Press, 1964).
[4] Vedi Mazower, Mark. Salonica, City of Ghosts: Christians, Muslims and Jews 1430-1950. United Kingdom: Knopf Doubleday Publishing Group, 2006; Mazower, Mark. Inside Hitler's Greece: The Experience of Occupation, 1941-44. United Kingdom: Yale University Press, 2001.
[5] Esempio dell’interpretazione del periodo totalitario come fase di temporaneo smarrimento nel caso italiano è Emanuele Cutinelli Rèndina, Benedetto Croce: Una vita per la nuova Italia. Genesi di una vocazione civile (1866-1918).. I (Nino Aragno Editore., 2022).
[6] Mazower, Mark. Le ombre dell'Europa. Democrazie e totalitarismi nel XX secolo. Italia: Garzanti, 2013, p. 11
[7] Ibid. p. 19
[8] Ibid. pp. 82-83
[9] Ibid. p. 147
[10] Interessante da leggere per una ulteriore analisi del volume la recensione di Raymond Pearson, “Review: Dark Continent: Europe's Twentieth Century”, Allen Lane: The Penguin Press, 1999