Negli ultimi mesi i casi di stupro commessi dai mercenari russi nei confronti delle donne della Repubblica Centrafricana (CAR) sono aumentati esponenzialmente. I russi infatti, che vantano una larga presenza nel paese africano, hanno trasformato le fattorie e i campi della CAR in dei centri di stupri e violenze sessuali contro le braccianti locali. Questo ha causato la fuga di molte donne dai terreni e dai mercati agricoli dello stato, comportando un calo della forza lavoro che ha innescato fenomeni di carenza alimentare in diverse zone del paese.
Della questione si è occupato il giornale britannico “The Guardian”, con un articolo ricco di testimonianze pubblicato alla fine di luglio.
La Repubblica Centrafricana è una nazione perseguitata dal conflitto e dall’instabilità ormai da diversi anni, condizioni che la rendono terreno fertile per la crescita dei crimini a sfondo sessuale. Tra il 2018 e il 2022 l’ong Medici Senza Frontiere ha contato nella CAR quasi 20000 vittime di abusi sessuali. Inoltre nello stesso periodo l’ONU ha segnalato altri 15000 casi di violenza sessuale in tutto il paese.
Nonostante sia ricca di risorse naturali, la Repubblica Centrafricana rimane una delle nazioni più povere del mondo. Il paese è infatti nel caos dal 2013, anno in cui i ribelli Seleka a maggioranza musulmana presero il potere con un colpo di stato ai danni del presidente François Bozize. Da quel momento il movimento anti-balaka a maggioranza cristiana decise di armarsi contro il nuovo governo musulmano, dando il via a un’escalation che ha portato l’ONU a imporre un embargo sulle armi.
Durante gli 11 anni di conflitto i diversi gruppi armati presenti nella Repubblica Centrafricana hanno usato lo stupro e lo sfruttamento sessuale come vere e proprie armi tattiche. Ma oggi sono soprattutto i soldati russi presenti nella CAR a rendersi protagonisti di questi crimini contro le donne locali.
I russi sono presenti nella Repubblica Centrafricana dal 2017, quando l’allora presidente Faustin-Archange Touadéra si rivolse a Mosca in cerca di assistenza militare. Il regime di Putin rispose subito all’appello del presidente centrafricano, mandando nel paese armi e soldati attraverso il famoso gruppo Wagner, che ne approfittò per sfruttare le numerose e ricche miniere d’oro e diamanti della CAR. Un’attività estrattiva che continua ancora oggi, fornendo risorse preziose alla Russia.
Attualmente i russi operanti nella Repubblica Centrafricana si raccolgono sotto la struttura mercenaria degli Africa Corps, un gruppo a sua volta parte degli Expeditionary Corps, la nuova entità che ha assorbito il gruppo Wagner dopo la morte del suo celebre leader Yevgeny Prigozhin.
Nel corso degli anni la presenza russa ha contribuito a rendere la Repubblica Centrafricana uno dei paesi più pericolosi al mondo per le donne. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, nella CAR ogni ora due donne sono vittime di violenza di genere.
Dai dati della Banca Mondiale si legge poi che circa il 75% della popolazione della CAR lavora nell’agricoltura, un settore che genera la metà del prodotto interno lordo del paese. Dunque in una situazione del genere le violenze sessuali nei campi agricoli hanno un impatto enorme anche sull’economia locale. Ad esempio a Bouar, la quinta città più grande del paese, la fuga della forza lavoro femminile ha causato un aumento del 50% dei prezzi dei prodotti agricoli negli ultimi otto mesi.
Come se non bastasse, molte delle donne che vengono violentate evitano di cercare assistenza medica a causa dello stigma che si abbatte sulle vittime di abusi sessuali.
“Andare in ospedale significherebbe andare incontro ai giudizi altrui. Ma anche parlare semplicemente dell’accaduto ti getterebbe addosso uno stigma difficile da cancellare”.
Sandrine, nonna di una ragazza vittima di violenza sessuale.
Di fronte a queste nuove e numerose testimonianze, il Guardian ha chiesto al governo della CAR e al ministero della difesa russo di commentare i continui casi di violenza sessuale nel paese africano, ma nessuna delle due autorità ha scelto di rispondere alle domande del giornale britannico.