Il PARLAMENTO Europeo: storia, composizione e nuovi poteri

In questo articolo analizzeremo gli aspetti principali del Parlamento Europeo, l’unica istituzione dell’Unione Europea ad essere eletta direttamente dai cittadini dei paesi membri e che ne esercita la funzione legislativa, seppur in via condivisa e secondo le modalità previste dalla disciplina unionale, nelle sue due sedi di Bruxelles e Strasburgo.

Parlamento europeo: da nominati ad eletti

L’Europarlamento di oggi non è quello delle origini, molti sono stati i cambiamenti che lo hanno interessato.

Nella versione originaria di Assemblea comune della CECA, riunitasi per la prima volta nel 1952, era un mero organo consultivo formato da parlamentari nominati dai parlamenti nazionali degli Stati Membri, cambiando poi nome in Assemblea parlamentare europea (1958) e infine Parlamento Europeo (1962).

Il cambio di paradigma arriva solamente negli anni ’70.

Nel 1976 il Consiglio Europeo decide infatti di renderlo elettivo (le prime elezioni si terranno nel 1979), giungendo a basarle sul principio della massima rappresentanza. Cosa significa?

Tralasciando le molteplici variazioni intercorse negli anni dovute all’allargamento dell’Unione Europea, oggi abbiamo 751 europarlamentari attribuiti ai paesi in forza del concetto di prorporzionalità regressiva:

  • i seggi sono ripartiti in base alla popolazione degli Stati, ma con i più popolosi che sono sottorappresentanti per garantire una rappresentatività anche ai più piccoli;
  • ogni paese deve avere almeno 6 europarlamentari, fino a un massimo di 96[1]

Le modalità elettive sono disciplinate dalle leggi nazionali, le quali sono però vincolate da alcuni principi comuni adottati dopo il fallito tentativo di approvare una procedura uniforme (come richiesto dal Trattato di Maastricht); tra questi emergono:

  • soglia minima per l’attribuzione dei seggi;
  • incompatibilità tra la carica di europarlamentare e quella in altre istituzioni e organizzazioni, ultima in ordine di tempo quella di parlamentare di un parlamento nazionale (2002);

con quest’ultimo che dovremmo rigorosamente ricordare, vista la storicità dei leader politici italiani di candidarsi in lista pur essendo eletti in Parlamento, una scelta meramente dettata – permettetemi la mia opinione personale – dalle logiche delle preferenze personali invece che di un serio programma politico per l’Unione Europea.

Una volta eletti, i parlamenti si organizzano generalmente in gruppi politici che – per essere riconosciuti – devono essere formati da almeno 25 eurodeputati.

Poteri del parlamento europeo[2]

L’Europarlamento non è come il nostro Parlamento e anche il suo ruolo ha avuto dei cambiamenti nel corso del tempo; ad oggi esercita un’attività di controllo politico e di funzione legislativa condivisa, di cui principalmente ricordiamo:

1) Controllo politico della Commissione

L’Europarlamento controlla l’operato della Commissione tramite gli strumenti delle interrogazioni e della mozione di censura, cioè un voto di sfiducia che ne costringe alle dimmissioni qualora sia approvata a maggioranza qualificata (2/3 dei membri).

Esami inoltre la relazione generale annuale, controllando – insieme al Consiglio – gli atti delegati e di esecuzione; può infine istituire commissioni temporanee d’inchiesta che esamino le denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto unionale.

2) Procedura legislativa ordinaria et al.

Nell’Unione Europea il potere di iniziativa legislativa è esclusivamente in capo alla Commissione, potendo pur presentare proposte di atti giuridici su richiesta di altre istituzioni (Consiglio, Parlamento Ue e nazionali, BCE, Corte di Giustizia dell’UE, BEI) o dei cittadini.

La procedura legislativa ordinaria, introdotta nel 1992 e nota anche come codecisione, riguarda circa 85 basi (materie), un numero aumentato nel tempo in forza della crescente cessione di sovranità,[3] ed è così riassumibile:

  • la Commissione Europea presenta al Consiglio dell’UE e al Parlamento una proposta legislativa;
  • il Parlamento approva la proposta, ovvero l’emenda;
  • Il Consiglio approva il testo approvato dal Parlamento (il processo si chiude), ovvero lo modifica rimandando così la proposta in Parlamento (seconda lettura) che può approvarle, respingerle ovvero proporre degli emendamenti, rinviando così la proposta al Consiglio (seconda lettura).

Nel caso in cui la seconda lettura del Consiglio non veda un esito positivo, viene convocato il comitato di conciliazione che raggiungerà un accordo (la proposta torna in Parlamento e Consiglio per la terza lettura), ovvero no (l’atto legislativo non è adottato).

Oltre alla procedura ordinaria ne esistono poi di altre, quali consultazione e parere conforme.

3) Poteri in materia di bilancio (approvazione, controllo esecuzione et. al.)

4) Ricorsi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

5) Nomina del Mediatore europeo

 

Operatività: commissioni, seduta plenaria e trigolo

Gli europarlamentari siedono in 20 commissioni, 3 sottocommissioni e 39 delegazioni.

Queste commissioni – a differenza di quelle di inchiesta – sono permanenti, si occupano di temi di carattere generale e sostanziale specifici (secondo le attribuzioni sancite dalla normativa europea)[4] e sono fondamentali, poiché la maggior parte della funzione legislativa del Parlamento viene qui esplitata.

La seduta plenaria – infatti – si tiene solamente una volta al mese (escluso agosto) per 4 gioni a Strasburgo ed è il c.d. punto di arrivo dell’attività legislativa svolta nelle commissioni e in altre sedi, discutendo e votando i testi portati.[5]

Menzione a parte merita la figura del Trilogo.

L’Unione Europea – a differenza nostra – esula da quella che è la c.d. grammatica istituzionale: non è inusuale che in caso di divergenze si svolgano incontri informali tra le parti coinvolte per cercare di eliminare/accorciare le distanze.

Il Trilogo è esattamente ciò: nella procedura legislativa ordinaria, è un negoziato interistuzionale informale – da non confersi con il sopracitato comitato di conciliazione – che riunisce rappresentanti del Parlamento, del Consiglio dell’UE e della Commissione, volto a raggiungere un accordo provvisori su una proposta legislativa accettabile sia per il Parlamento che per il Consiglio.

Non a caso quest’ultime due Istituzioni hanno riconosciuto (2007) il ruolo fondamentale di tale contesto come agevolatore del processo legislativo.[6]

Rapporti con i parlamenti nazionali

In conclusione è doveroso un cenno al rapporto tra UE e Parlamenti nazionali.

In particolar modo, questi non hanno infatti una funzione prettamente passiva, di mero recepimento degli atti votati in sede europea: essi contribuicono al buon funzionamento dell’Unione (art. 12 TUE) e possono sollevare un’obiezione – sotto forma di parere motivato – qualora ritengono che un determinato atto in approvazione violi il principio di sussidiarietà.

Ogni Parlamento nazionale ha due voti per cui se i voti raggiungono:

  • 1/3 dei voti (cartellino giallo), il progetto legislativo va riesaminato dalla Commissione, decidendo se mantenere, modificare o ritirarla; il quorum scende al quarto se la proposta riguarda libertà, sicurezza o giustizia;
  • la maggioranza (cartellino arancione), la Commissione dovrà fare lo stesso, motivandola però di fronte al Parlamento UE e al Consiglio qualora essa venga mantenuta.
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