Vivir Para Contarla, o del giogo venezuelano III

Nicolás Maduro, al potere dal 2013, ha appena giurato per un terzo mandato nonostante la già documentata “disputa” elettorale, seriali critiche sul fronte globale e l'aumento della taglia statunitense per la sua cattura. Nel frattempo “Giovanna D’Arco” Maria Corina Machado torna ad apparire in pubblico e affronta una breve detenzione a seguito dell’arresto subito durante una manifestazione in occasione della firma del neo leader.

“La banalità del male”

I dettagli dei risultati delle elezioni di Luglio non sono mai stati resi pubblici dalla coalizione di governo, al contrario di quanto fatto dall’opposizione e i suoi leader Gonzalez Urrutia e Machado. Dopo le elezioni, quest’ultima si è nascosta in Venezuela mentre Gonzalez è dovuto fuggire in Spagna. Nel frattempo, decine di figure di spicco dell’opposizione e numerosi manifestanti sono stati arrestati. Machado, in un video diffuso sui social media, ha esortato Gonzalez a non tornare in Venezuela, affermando che il momento non è opportuno per il suo rientro: "Edmundo tornerà per essere insediato come presidente costituzionale del Venezuela al momento giusto…". Il neo firmatario governo ha infatti promesso l’arresto di Gonzalez in caso di un suo ritorno e ha offerto una ricompensa di 100.000 dollari per chiunque fornisca informazioni utili alla sua cattura. 

Durante il suo discorso di insediamento, Maduro ha invocato figure storiche come Guaicaipuro, leader indigeno del XVI secolo, nonché l’ex presidente Hugo Chávez, promettendo di garantire un mandato caratterizzato da pace, prosperità ed equità. Alla cerimonia, a cui hanno partecipato delegazioni di 125 Paesi, erano presenti alleati di Maduro quali il presidente cubano Miguel Díaz-Canel e il presidente nicaraguense Daniel Ortega. Gli stessi rappresentanti di Russia e Bolivia hanno espresso sostegno. Infine, il presidente Maduro ha dichiarato come Venezuela, Cuba e Nicaragua si stiano attrezzando per farsi trovare preparati qualora vi sia la necessità di difendere il diritto alla “pace” e alla sovranità storica: «Il Venezuela si sta preparando, con Cuba insieme al Nicaragua, con i nostri fratelli maggiori nel mondo, affinché se un giorno dovremo prendere le armi per difendere il diritto alla pace, il diritto alla sovranità e i diritti storici della nostra patria, potremo combattere la battaglia per vincerla di nuovo. Combattere nella lotta armata e riconquistarla. Non siamo nati nel giorno dei vigliacchi o dei pusillanimi. Non siamo leader tiepidi, siamo la rivoluzione bolivariana del 21° secolo».

Nel frattempo in Venezuela continua a dilagare una crisi economica devastante, con inflazione a tre cifre e oltre 7 milioni di persone emigrate per cercare opportunità altrove. Nonostante alcune misure per contenere l’inflazione, i problemi legati a lavoro, servizi pubblici e costo della vita restano al centro delle preoccupazioni della popolazione. Durante la cerimonia di inaugurazione a Caracas, il presidente ha dichiarato: “Giuro sulla storia!” promettendo appunto un futuro di “pace, prosperità e nuova democrazia”. Nonostante ciò l’opposizione, sostenuta da numerose organizzazioni internazionali, denuncia una repressione crescente. Oltre ciò, il suo discorso ha trovato scarso riscontro tra i cittadini venezuelani, stremati da carenze alimentari e sanitarie e da blackout diffusi.

Nuove sanzioni USA e incognita “Maduro-Trump”

Come già sopracitato è stata aumentata a 25 milioni di dollari la taglia da parte degli Stati Uniti nei confronti di Maduro, già accusato di narcotraffico e corruzione, rispetto ai 15 milioni precedentemente fissati. Nonostante questo “aggiornamento”, Washington non ha revocato le autorizzazioni emesse in passato che permettono a Chevron e varie altre aziende statunitensi di operare in Venezuela. Un funzionario statunitense ha dichiarato che eventuali raccomandazioni sulle licenze saranno lasciate all’amministrazione entrante. Si tratta di un’ulteriore mossa dell’uscente amministrazione Biden contro il governo di Maduro, il cui insediamento è stato definito "illegittimo" dal Segretario di Stato Antony Blinken. In una ulteriore dichiarazione ufficiale, Blinken ha nuovamente ribadito come gli Stati Uniti "non riconoscano Nicolás Maduro come presidente del Venezuela."

Tra gli obiettivi delle sanzioni spiccano figure chiave del regime quali il nuovo capo dell’azienda petrolifera statale PDVSA Hector Obregon e il ministro dei Trasporti Ramon Velasquez, nonché altri elementi di spicco del corpo di polizia e militare. L’iniziativa statunitense sorge  nel contesto di un coordinato quadro di simili misure annunciate da Regno Unito, Unione Europea e Canada, le quali hanno sanzionato complessivamente 15 funzionari venezuelani. Lo stesso Bradley Smith, sottosegretario al Tesoro USA ad interim, ha dichiarato come "Gli Stati Uniti, insieme ai nostri partner, sostengono il voto del popolo venezuelano per una nuova leadership e respingono la rivendicazione fraudolenta di vittoria di Maduro."

Sulla sponda opposta, Maduro e i suoi alleati continuano a respingere le sanzioni definendole strumenti di una "guerra economica" destinata a danneggiare il Venezuela. Durante il suo discorso di insediamento, Maduro ha di fatto accusato gli Stati Uniti di vendetta politica, pur senza menzionare direttamente le sanzioni.L’ufficialità dell’insediamento di Maduro ha aggiunto  un ulteriore tassello verso quello che diventerà un pressoché totale isolamento internazionale. Leader regionali di sinistra, quali il presidente colombiano Gustavo Petro e il brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, hanno espresso dissenso non palesandosi alla cerimonia.

La gestione del dossier venezuelano resta però ora  incerta mentre l’amministrazione Biden si avvia alla conclusione del suo incarico e Donald Trump si prepara ad avviare il suo secondo mandato il 20 gennaio. Durante il suo primo mandato, Trump aveva imposto le sanzioni più dure mai attivate nei confronti del Venezuela, andando a colpire in particolare l’industria petrolifera. Pur avendo in un primo momento ridotto alcune restrizioni, Biden le aveva poi ripristinate dopo aver accusato Maduro di non aver rispettato gli impegni per assicurare un voto democratico. Le decisioni del nuovo operato di Trump potrebbero essere però ora influenzate da preoccupazioni riguardanti l’immigrazione, considerando l’elevato numero di migranti venezuelani presenti negli Stati Uniti. 

Repressione e isolamento 

Le strade di Caracas sono pattugliate giorno e notte da forze di sicurezza in assetto antisommossa. Il numero di manifestazioni contro il governo è calato drasticamente a causa del rischio di violenze e arresti. La sorveglianza e la repressione sono aumentate, con giornalisti, attivisti e cittadini comuni sotto costante minaccia. Nonostante ciò, molti venezuelani, in particolare giovani, continuano a manifestare. 

Parallelamente, il regime di Maduro sta utilizzando prigionieri stranieri come leva di scambio e di pressione diplomatica. Secondo il gruppo di monitoraggio Foro Penal, almeno 50 stranieri, tra cui nove cittadini statunitensi, sono stati arrestati negli ultimi mesi con accuse spesso prive di fondamenta. Tra i detenuti figurano un ex Navy SEAL, Wilbert Castaneda, e Aaron Logan, un tecnico informatico, entrambi accusati senza prove di complotti contro il governo. Maduro utilizza questi arresti come "moneta di scambio" per ottenere concessioni dagli Stati Uniti e da altri Paesi, ad esempio in particolare la rimozione delle sanzioni economiche che hanno accentuato la devastazione economica venezuelana. Gli analisti sottolineano come questa strategia sia stata rafforzata da recenti accordi tra Stati Uniti, Russia e Iran per lo scambio di prigionieri. 

Il coraggio: Maria Corina Machado

Maria Corina Machado, una delle figure di spicco dell'opposizione venezuelana e nota per la sua opposizione decisa al presidente Nicolás Maduro, è stata brevemente arrestata durante una manifestazione anti-governativa a Caracas nel pomeriggio di giovedì 9 Gennaio. L'arresto è avvenuto mentre il Paese si stava preparando all'inaugurazione del terzo mandato presidenziale di Maduro, avvenuta Venerdì 10 Gennaio.

Secondo Magalli Meda, una collaboratrice di Machado, la leader è stata “violentemente intercettata” al termine della manifestazione. Meda ha infatti dichiarato su X che “il personale del regime ha sparato contro le motociclette che trasportavano María Corina Machado”, prelevandola successivamente con l’uso della forza. Durante la sua breve detenzione, Machado sarebbe stata costretta a registrare “diversi video”, il cui contenuto rimane sconosciuto, prima di essere rilasciata.L’episodio ha segnato il ritorno in pubblico della “Iron Lady” Venezuelana dopo mesi di latitanza forzata a causa delle minacce di arresto da parte delle autorità venezuelane. Da agosto, Machado aveva evitato di apparire in pubblico, ma la crescente indignazione popolare contro l’inaugurazione di Maduro l’ha spinta a riemergere per guidare in protesta la gente della capitale. La stessa manifestazione a Caracas ha visto migliaia di sostenitori scendere in piazza, nonostante il rischio di arresti e violenze da parte delle forze di sicurezza. Machado, circondata dalla folla, è salita su un camion per arringare i manifestanti, i quali hanno risposto intonando voci di libertà. Machado ha recentemente organizzato una serie di comizi in tutto il Venezuela e all’estero per mobilitare l’opposizione contro Maduro e per denunciare la repressione del regime. Tuttavia, la sua popolarità e il sostegno crescente da parte della popolazione l’hanno resa un bersaglio diretto del governo, che ha intensificato la sorveglianza e le azioni contro di lei e i suoi collaboratori.

Secondo i rappresentanti di Machado, l’episodio è stato orchestrato da membri delle forze di sicurezza statali, spesso supportate da gruppi armati noti come colectivos, milizie paramilitari fedeli al regime di Maduro. La presenza massiccia di forze governative alla manifestazione ha reso difficile identificare chi abbia effettivamente ordinato e condotto l’arresto.

L’iconica e irrefrenabile figura che il coraggio di Maria Corina Machado rappresenta è una delle poche voci di dissenso rimaste attive nel Paese, e il suo seppur breve arresto può senza ombra di dubbio essere visto come un tentativo del regime di intimidire e sabotare il coraggioso movimento di opposizione da lei costantemente alimentato. 

Forse labili voci di speranza

In un video pubblicato venerdì sera e rivolto ai suoi sostenitori,  González Urrutia ha denunciato l’operato di Maduro come una flagrante violazione della costituzione e della volontà sovrana del popolo venezuelano: “Maduro ha eseguito un colpo di stato e si è proclamato dittatore. Il popolo non è con lui, e nessun governo considerato democratico lo sostiene, ad eccezione delle dittature di Cuba, Congo e Nicaragua,”. Nel suo discorso, il 75enne ex diplomatico, attualmente in esilio, ha descritto il regime di Maduro come “codardo e senza scrupoli” e lo ha ritenuto responsabile della devastazione economica del Paese, che ha portato il Venezuela a vivere una delle peggiori crisi migratorie nella storia moderna dell’America Latina. “Presto, molto presto, qualunque cosa facciano, torneremo in Venezuela e metteremo fine a questa tragedia”, ha dichiarato inoltre Gonzáles, aggiungendo: “Vi assicuro che non vi deluderemo.” L’ex diplomatico ha affermato che l’opposizione si sta “coordinando con tutti gli attori indispensabili per garantire il rapido ritorno della libertà” in Venezuela. Pur non rivelando la sua posizione attuale, González ha lasciato intendere di essere localizzato “molto vicino al Venezuela” e ha promesso di tornare concludendo affermando che “Laddove c’è tirannia, la libertà prevale sempre”.

Diversi governi, tra cui quelli di Argentina, Canada, Stati Uniti e Perù, hanno riconosciuto González come legittimo presidente eletto del Venezuela. Gli stessi Unione Europea, Regno Unito, Brasile e Colombia hanno rifiutato di riconoscere la vittoria di Maduro. Nonostante ciò, l’appoggio internazionale non è bastato a invertire l’effettiva situazione sul campo. Il controllo delle forze armate, della polizia e dell’apparato giudiziario hanno permesso a Maduro di mantenere saldamente il potere. Durante una cerimonia televisiva svoltasi venerdì e alla quale hanno partecipato migliaia di “combattenti anti-imperialisti”, i leader delle forze armate e della polizia hanno rinnovato il loro giuramento di lealtà a Maduro. Nel suo discorso, il presidente venezuelano ha proclamato: “Siamo immortali. Siamo invincibili. Siamo indistruttibili.”

Maduro si trova ora in una posizione sempre più precaria. La sua presidenza è costernata da accuse di corruzione, violazioni dei diritti umani e crisi umanitarie. L’economia venezuelana è al collasso. Milioni di cittadini costretti a emigrare a causa della carenza di cibo, medicinali e opportunità lavorative. Nonostante le concrete barriere e le colossali sfide che l’opposizione venezuelana si trova ad affrontare, quest’ultima continua a spingere per fare appello alla comunità internazionale e mobilitare i venezuelani ancora presenti nel Paese. La determinazione di González e dei suoi sostenitori lascia intendere che la lotta per la democrazia in Venezuela è tutt’altro che terminata.

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