Vivir Para Contarla, o del giogo venezuelano

Steve Levitsky, esperto di democrazia presso l’Università di Harvard, ha affermato come la “vittoria” di Maduro alle elezioni di domenica 28 Luglio sia stata una delle peggiori frodi elettorali nella storia moderna dell’America Latina.

Cortesie di regime

Il Venezuela sta avviando un'indagine penali contro i leader dell'opposizione che contestano le elezioni di fine Luglio per aver incitato la polizia ed i militari ad infrangere la legge, secondo quanto dichiarato dal procuratore generale Tarek Saab. 

Il segretario di Stato USA Antony Blinken ha dichiarato che sussistono "prove schiaccianti" della vittoria di Gonzalez, riconosciuto come vincitore dagli Stati Uniti. All’incirca 12 milioni di venezuelani sono andati a votare: il processo di voto e l'annuncio dei risultati da parte del Consiglio Elettorale Nazionale (CNE) controllato da Maduro sono stati tuttavia profondamente viziati, generando un esito che non rappresenta la volontà del popolo.

Il CNE non ha infatti esitato a dichiarare Nicolás Maduro come vincitore con il 51,2% dei voti e la conseguente sconfitta di Edmundo González Urrutia con il 44,2%, nonostante l’assenza di prove, dati e, ancor meno, verbali delle votazioni, a sostegno.

L'opposizione politica venezuelana e i suoi sostenitori si sono recentemente riuniti in diverse città del paese per chiedere il riconoscimento della vittoria del loro candidato nelle elezioni presidenziali, tenutesi quasi tre settimane fa. 

L’opposizione chiede un riconteggio dei voti e dichiara “presidente eletto” il suo candidato Edmundo González Urrutia. La coalizione capitanata da Machado ha pubblicato l'80% dei verbali direttamente dalle stazioni elettorali, indicando che Edmundo González Urrutia ha ottenuto la netta maggioranza con un margine di quasi 4 milioni di voti. Osservatori indipendenti hanno confermato i fatti, suffragati anche da exit poll e conteggi rapidi. Nessun paese è riuscito ad accertare che Maduro abbia ricevuto più voti.

I partiti di opposizione accusano inoltre il governo di aver ostacolato la campagna di González impedendo la partecipazione di osservatori indipendenti. 

La leader, nonché volto dell’opposizione, Maria Corina Machado, è stata inoltre esclusa dalla corsa elettorale già a marzo. 

Il presidente Maduro attribuisce il ritardo nel conteggio dei voti ad un attacco informatico e ne indica Machado quale principale mandante: una versione però immediatamente smentita dal Carter Center. WhatsApp verrà bloccato e sostituito con Telegram, affermando come l’app di messaggistica SIA stata utilizzata per minacciare le famiglie dei soldati e degli agenti di polizia.

Nove paesi sudamericani, tra cui Colombia, Brasile e Perù, hanno richiesto una revisione indipendente del voto. Anche l’Unione Europea ha richiesto l’accesso a risultati e documenti verificabili. Al contrario, la vittoria di Maduro è stata immediatamente riconosciuta dagli alleati regionali quali Cuba, Nicaragua, Bolivia e Honduras. Lo stesso è valso per una serie di  simpatizzanti autoritari oltreoceano come Russia, Cina, Iran e Siria.

La comunità internazionale ha suggerito diverse soluzioni, tra cui nuove elezioni, ma la maggior parte di queste proposte è stata respinta sia dal governo che dall'opposizione.

If streets could talk

Dopo l’ennesima controversia elettorale, e nonostante gli osservatori internazionali ne abbiano denunciato l’assenza di regolarità e di un processo democratico, Nicolás Maduro sembra essersi saldamente arroccato sul trono Venezuelano. Le forze di sicurezza di Maduro hanno arrestato centinaia di oppositori politici e represso le proteste con forza. Nonostante il malcontento popolare e le crescenti difficoltà economiche, le manifestazioni contro il governo stanno perdendo vigore, lasciando molti a chiedersi se ci sia ancora speranza per un cambiamento democratico.

Martedì 30 Luglio, i partiti dell’opposizione hanno segnalato l’arresto di Freddy Superlano, una delle principali voci contro il regime. Su queste orme, nonché presupposti, Maduro afferma di voler reprimere il cosiddetto tentativo di colpo di stato. Un’intera generazione è in strada per tentare di “ribaltare” un leader che non possono estromettere, abbattendo statue e simboli legati al movimento socialista.

Durante le proteste, il governo ha arrestato circa 2.400 persone e causando almeno 23 morti, come confermato da Human Rights Watch. Gli stessi Gonzalez e Machado hanno invitato militari e polizia a schierarsi con il popolo. Nonostante ciò, la lealtà delle forze armate sembra essere inscalfibile.

Anche a fronte della “profonda preoccupazione” da parte di paesi esteri come gli Stati Uniti, rimuovere Maduro sarà estremamente complicato, considerando il rafforzato controllo su esercito, polizia, magistratura e media.

Brasile e Venezuela hanno raggiunto un accordo diplomatico in seguito alla rottura delle relazioni causata dalla contestazione delle elezioni. Il Brasile rappresenterà gli interessi di Argentina e Perù a Caracas, dopo che il Venezuela ha interrotto i rapporti con questi due Paesi in seguito alla loro riconoscenza del candidato dell'opposizione Edmundo Gonzalez quale vincitore delle elezioni del 28 luglio.

Il governo brasiliano, insieme a Colombia e Messico, ha chiesto la pubblicazione completa dei risultati elettorali, ma le autorità venezuelane non hanno ancora provveduto, proclamando piuttosto la vittoria di Nicolas Maduro, titolare un terzo mandato. L'accordo, effettivo da lunedì, assegna all'ambasciata brasiliana a Caracas la custodia degli uffici diplomatici di Argentina e Perù in Venezuela, inclusi proprietà e documenti. Oltre ad Argentina e Perù, anche i diplomatici di Cile, Uruguay, Panama, Costa Rica e Repubblica Dominicana hanno lasciato il Venezuela a seguito del riconoscimento di Gonzales quale vincitore da parte dei rispettivi governi.

Il Carter Center, una delle poche organizzazioni internazionali invitate a monitorare le elezioni, afferma di non poter verificare i risultati in quanto il governo non ha diffuso dati completi sul campo. I partiti di opposizione sperano che la pubblicazione di un database con risultati dettagliati aumenti la pressione su Maduro affinché rilasci i dati elettorali. Nel frattempo, il popolo venezuelano si prepara ad una repressione, poiché diventa chiaro che Maduro non trasferirà facilmente il potere.

Paesi come Brasile, Messico e Colombia, guidati da leader di sinistra, hanno adottato un approccio più morbido rispetto agli Stati Uniti, evitando di dichiarare apertamente la sconfitta del “dittatore” in carica. Questi paesi potrebbero avere un'influenza significativa su Maduro, ma sembrano preferire mantenere aperti i canali diplomatici piuttosto che adottare misure drastiche. Il Brasile, sotto la guida di Luiz Inácio Lula da Silva, ha mostrato segnali di frustrazione, ma ha anche evitato di prendere posizioni drastiche. Il governo brasiliano ha offerto protezione ai membri della campagna di González rifugiati nell'ambasciata argentina a Caracas ma allo stesso tempo Lula persevera nel caratterizzare la disputa elettorale come un disaccordo risolvibile nei tribunali venezuelani, “tralasciando” il fatto che questi siano controllati da alleati del governo in carica.

C’è il serio sospetto che il Brasile non intervenga direttamente in modo da preservare una certa stabilità nella regione, considerando l'alto numero di migranti venezuelani già presenti nel Paese. Il presidente messicano López Obrador ha avvertito l'amministrazione Biden di non prendere decisioni affrettate in assenza del conteggio finale dei voti.

Nonostante le sanzioni e l'isolamento internazionale, Maduro mantiene inoltre il sostegno finanziario di Russia, Cina e Iran. Il presidente, durante una marcia a sostegno del governo, ha promesso una crescita economica dell'8% per quest'anno e criticato duramente i suoi oppositori e i critici internazionali.

L'amministrazione Biden è cauta nell'imporre nuove sanzioni economiche, temendo ulteriori danni all'economia venezuelana ed un aumento della migrazione verso gli Stati Uniti, concreto problema della campagna elettorale dei Democratici.

Forze di sicurezza, prove di cambiamento e scenari futuri

In regimi autoritari come quello di Maduro, la stabilità del potere dipende fortemente dal sostegno delle forze di sicurezza. Gli esperti affermano che queste forze rappresentano la minaccia più seria ed immediata per la sua permanenza al potere. 

Per evitare colpi di stato, Maduro ed il suo predecessore Hugo Chávez hanno creato una rete complessa e frammentata di forze militari, di polizia e di intelligence: forze divise in varie unità al fine di impedire a qualsiasi singolo ramo di accumulare troppo potere. Questo sistema, conosciuto come "coup-proofing", prevede anche che le forze di sicurezza si sorveglino a vicenda, creando un clima di costante monitoraggio, sospetto e competizione interna. Ciò ha permesso al regime di mantenere il controllo nonostante la crescente insoddisfazione popolare.

Affinché le forze di sicurezza decidano di cambiare schieramento, è fondamentale sorga una reale possibilità di caduta del regime. In altri paesi, quando i segnali di perdita di potere di un dittatore diventano evidenti, gli ufficiali militari spesso tradiscono il dittatore per proteggere se stessi e garantirsi un futuro sotto il nuovo governo. Alcuni esempi storici includono la transizione pacifica alla democrazia in Brasile negli anni '80, quando i militari accettarono un'amnistia per evitare successive persecuzioni.

Le grandi proteste possono far cambiare idea alle forze di sicurezza, facendole dubitare della stabilità futura del regime: la visione di migliaia di cittadini che si oppongono al governo potrebbe convincerli che sostenere Maduro non sia più nell'interesse del paese né del loro personale futuro.

La chiave per la democrazia in Venezuela risiede in una transizione pacifica. La violenza ed il sangue aumentano significativamente le probabilità di un nuovo regime dittatoriale. Se le forze di sicurezza percepiranno che la caduta di Maduro sia inevitabile e che il cambiamento possa avvenire senza vendette, saranno più propense a facilitare una transizione pacifica.

Francisco Rodríguez, economista venezuelano, sostiene che purtroppo il paese rischi di dirigersi verso una totale dittatura. Si sospetta Maduro abbia permesso il voto nel tentativo di ottenere legittimità interna ed esterna, ma quando i sondaggi hanno cominciato ad evidenziare segnali di debacle, l’obiettivo è mutato rapidamente nel tentare di rimanere saldo al potere a qualsiasi costo.

Questa è solo l’ultima fase di una odissea costernata da crisi, dispotismo e povertà secondo le Nazioni Unite, circa 8 milioni di persone hanno lasciato il Paese.

La situazione in Venezuela rimane critica e complessa e Maduro che resiste alle pressioni internazionali ed interne. Il futuro della democrazia in Venezuela dipende da una serie di fattori, tra cui le strategie adottate dall'opposizione, la pressione internazionale e l’intenzione delle forze di sicurezza di mantenere o meno il sostegno al regime.

P.S. Vox libertatis 

In un contesto globale ove la principale preoccupazione sembra incentrata su quanto vi sia tra le gambe di un’atleta, la Giovanna D’Arco del Venezuela, Maria Corina Machado persegue la sua lotta alla tirannia.

Nata a Caracas il 7 ottobre 1967, figlia di un imprenditore di successo nel settore siderurgico e di Ana Corina Otero, proveniente da una famiglia con radicata tradizione giuridica. Tale contesto le permette di guadagnarsi più agevolmente un significativo bagaglio culturale. 

Dopo il diploma di scuola superiore, Machado studia Economia all'Università Centrale del Venezuela (UCV), facendo emergere fin da subito il suo interesse verso il tema della gestione delle risorse. Lo stesso “quadro” Venezuelano ha influenzato la sua particolare vocazione. Il suo percorso prosegue con gli studi ad Harvard, conseguendo un master in pubblica amministrazione, ambiente nel quale l'esposizione a teorie e pratiche progressiste influenza in modo profondo la sua visione politica.

Nel 2002 fonda Súmate, un'organizzazione non governativa dedicata alla promozione della democrazia e della trasparenza elettorale. Maria Corina Machado decide di lanciare questa operazione in risposta alle preoccupazioni sorte al riguardo durante il governo di Hugo Chávez. L'organizzazione sviluppa fin da subito attenzioni significative nel contesto politico venezuelano. 

Nel 2010, Machado viene eletta all'Assemblea Nazionale in rappresentanza della regione di Caracas. Durante il suo mandato, si distingue per l’aspra e consistente battaglia alla gestione Maduro e prende parte alla pubblicazione di proposte di legge volte a migliorare la trasparenza e l’efficienza nel settore pubblico, nonché ad una serie di riforme atte a contrastare la corruzione e promuovere la crescita economica.

Una delle proposte più “memorabili” della “Dama di Ferro” è stata la privatizzazione dell'industria petrolifera statale PDVSA: un’iniziativa che ha chiaramente suscitato sgomento considerando la centralità del petrolio all’interno della gestione dell’economia venezuelana. Machado sosteneva, infatti, che una gestione più trasparente ed orientata al mercato avrebbe potuto risolvere la crisi finanziaria del Paese. Altri interventi riguardano il tentativo di riforma di settori cruciali quali educazione e sanità, attraverso la sottolineatura dell'importanza di permettere ai giovani venezuelani di competere a livello globale e sostenendo l'adozione di un'assistenza sanitaria universale.

La luce che personaggi come Maria Corina Machado emanano va oltre la “semplice” accensione di una speranza per la democrazia e la volontà del popolo venezuelano. Il suo carisma e la sua capacità di navigare imperterrita ed intransigente nel perseguire i propri obiettivi dovrebbe essere d’ispirazione per una nuova, e forse smarrita, volontà di far politica.

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