Secondo i servizi di intelligence sudcoreani e ucraini, la Repubblica Democratica Popolare di Corea sarebbe a un passo dal coinvolgimento diretto nell’invasione su larga scala dell’Ucraina, attraverso l’integrazione di 12.000 soldati nell’esercito russo. Dal prossimo 1° novembre, sarà Pyongyang a compensare le pesanti perdite russe e risparmiare a Vladimir Putin l’implementazione della mobilitazione generale.
Le prime notizie sulla presenza di soldati nordcoreani sul fronte russo-ucraino sono emerse lo scorso 4 ottobre, quando il Kyiv Post ha riportato l’uccisione di sei ufficiali nordcoreani in un bombardamento avvenuto il giorno precedente nei pressi della città ucraina di Donetsk, occupata dai russi. Secondo il canale Telegram russo “Tabacchiera del Cremlino” (1), i militari erano in visita per raccogliere informazioni esclusive sull’addestramento del personale di terra per le operazioni di assalto, lasciando immaginare una possibile compartecipazione dei soldati di Pyongyang nelle future offensive di terra in Ucraina orientale.
Circa dieci giorni dopo, il 15 ottobre, un alto ufficiale militare ucraino ha dichiarato al giornale sudcoreano The Chosun Ilbo che 18 soldati nordcoreani avrebbero disertato tra Bryansk e Kursk, in Russia, a circa 7 chilometri dal confine con l’Ucraina. I media ucraini stanno speculando sulla loro affiliazione, riconducendoli al neo-battaglione nordcoreano Buryat, integrato all’undicesima Brigata di Assalto Aereo dell’esercito russo, composto da circa 3000 unità che si prevede verranno destinate a Kursk per affiancare la contro-offensiva russa sul fronte interno, a seguito dell’incursione ucraina dello scorso agosto.
Giovedì 17 ottobre, durante una conferenza presso la sede della NATO a Bruxelles, il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha rivelato di disporre di informazioni di intelligence riguardanti circa 10.000 soldati nordcoreani attualmente in addestramento in Russia. Sebbene il Segretario Generale della NATO, Mark Rutte, abbia dichiarato che gli “Alleati non hanno prove di soldati nordcoreani attivi nei combattimenti,” una nota pubblicata venerdì 18 ottobre dal Servizio di Intelligence Nazionale sudcoreano (NIS) ha confermato i sospetti. Gli operatori del NIS hanno identificato diversi ufficiali nordcoreani operativi dietro le linee nel Donetsk, utilizzando avanzati software di riconoscimento facciale basati sull’intelligenza artificiale. Nello stesso documento, l’agenzia ha riportato la geolocalizzazione di alcune navi della marina russa, stimando il trasferimento di circa 1.500 soldati delle forze speciali nordcoreane dalle città di Chongjin, Hamhung e Musudan al porto russo di Vladivostok. Il Cremlino avrebbe fornito ai militari armi e uniformi russe, oltre a distribuire documenti di identità buriati e yakuti, sfruttando i tratti somatici asiatici dei russi in estremo oriente per mascherare la provenienza dei soldati (2).
A confermare tali affermazioni, Il Centro per le comunicazioni strategiche e la sicurezza delle informazioni del Ministero della Cultura ucraino ha rilasciato un video che mostra soldati parlare coreano e ricevere uniformi russe presso il campo di addestramento russo di Sergievsky. Il report del NIS avrebbe inoltre ripreso le stime dell’intelligence ucraina per un totale di 12.000 soldati nordcoreani(3) provenienti da quattro brigate diverse, con una previsione di operatività stimata al prossimo 1° novembre (4).
Sebbene il Cremlino abbia inizialmente derubricato le accuse a fake news (5), i media russi non sembrano dissociarsi dagli eventi: il canale Telegram russo ParaPax ha pubblicato un video che mostra truppe nordcoreane addestrarsi in Russia, insieme allo screenshot di un tracciamento via FlightRadar di un velivolo IL-62M dell’aeronautica militare russa sulla rotta Pyongyang-Mosca, presumibilmente trasportante soldati. Il canale ASTRA ha geolocalizzato un secondo video che confermerebbe l’arrivo di soldati nordcoreani a Sergievsky, nella sede della 127a Divisione Fucilieri Motorizzata dell’esercito russo. L’autore delle riprese, un militare yakuta, filma i soldati mentre commenta: “I nostri meravigliosi alleati sono arrivati dalla Corea del Nord. Spero che la guerra finisca qui”. Nel frattempo, a Mosca, alcuni soldati nordcoreani in alta uniforme sono stati ripresi mentre si fotografavano coi passanti.
Nonostante le informazioni divulgate dai servizi di intelligence ucraini e sudcoreani siano state accolte con grande preoccupazione in tutto il mondo, la presenza di soldati nordcoreani in Russia è stata confermata dal Segretario della Difesa statunitense, Lloyd Austin, solo il 23 ottobre (7). La cautela dei paesi occidentali riflette l’enorme impatto che un’eventuale conferma di tali informazioni potrebbe avere, trattandosi di un evento senza precedenti nella storia dell’invasione.
La mobilitazione nordcoreana non è che l’ultimo tassello di un drammatico mosaico di eventi che ha visto l’intensificarsi della cooperazione militare tra Mosca e Pyongyang negli ultimi 12 mesi, a partire dalle massicce esportazioni di armi nordcoreane verso la Russia.
Le prime informazioni a riguardo vennero declassificate dall’intelligence americana nel settembre 2022: secondo il New York Times, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin si sarebbe rivolto al suo omologo nordcoreano Kim Jong-Un per comprare munizioni di artiglieria già nell’estate 2022, poco dopo aver ricevuto i primi droni Shahed dall’Iran. Questo dimostra come le sanzioni contro la Russia e le conseguenti restrizioni sui suoi export di materiale bellico stessero redirezionando gli interessi del Cremlino verso Paesi che non avevano nulla da perdere, essendo già isolati dal commercio internazionale di armamenti. Inoltre, essendo costruite secondo il design e le specificità delle armi sovietiche, le armi nordcoreane sono interamente compatibili con gli arsenali russi, minimizzando i tempi di impiego dopo lo stoccaggio. Infine, il fallimento russo nell’uso delle armi di precisione (per esempio: i missili da crociera) avrebbe spinto Mosca a cambiare strategia, prioritizzando il massimale di distruzione attraverso l’incremento degli attacchi con artiglieria pesante, aumentando le importazioni di materiale bellico a bassa intensità tecnologica, come i proiettili di artiglieria da 152 millimetri o i razzi da 130 millimetri “Katyusha”.
A settembre 2023, Kim Jong-Un si recò in Russia per incontrare Vladimir Putin, il quale chiese al leader nordcoreano forniture di munizioni e missili anticarro. In cambio, Kim avrebbe chiesto tecnologie russe per satelliti e sottomarini a propulsione nucleare. Un mese dopo, la Casa Bianca rilasciò immagini satellitari che provavano la consegna via mare di 300 container pieni di munizioni ed equipaggiamenti militari dal porto nordcoreano di Rajin ad una struttura militare a Dunai, in Russia orientale, successivamente trasportati via terra verso il deposito di munizioni di Tikhoretsk, sul Mar d’Azov, a circa 300 km dal confine ucraino. Tre mesi dopo, a gennaio, le autorità ucraine e statunitensi identificarono a Kharkiv i primi residui di missili tattici balistici nordcoreani KN-23 e KN-24 (in coreano: Hwasong-11), lasciando intuire che i margini della cooperazione militare tra Russia e Corea del Nord si fossero estesi fino ad includere la fornitura di missili a corto raggio, la cui gittata avrebbe permesso ai russi di colpire dai 240 ai 690 km in territorio ucraino.
Oggi, le cifre di container tracciati dalle agenzie di intelligence occidentali oscillano tra i 13.000 e i 16.500, mentre è dato certo che nell’ultimo anno di guerra la Corea del Nord abbia esportato la metà dei proiettili di artiglieria utilizzati dalla Russia in Ucraina, coprendo una faglia profondissima in termini di capacità belliche del Cremlino. Reuters ha stimato un guadagno per Pyongyang di circa 540 milioni di dollari solo dalle armi, oltre ad aver riportato un incremento significativo delle importazioni di petrolio russo.
Il 20 giugno 2024, Vladimir Putin ha visitato Pyongyang per la prima volta dopo 24 anni. L’occasione? La firma di un trattato di cooperazione strategica e di difesa mutuale tra Russia e Corea del Nord. Il documento, composto da 23 articoli, mima il patto di difesa tra l’Unione Sovietica e la Corea del Nord del 1961, oltre ad opporsi specularmente all’alleanza di difesa tra Corea del Sud e Stati Uniti.
Nel contesto della devozione totale e reciproca alla garanzia di sicurezza dei due Paesi, l’art. 3 del trattato afferma che “in caso di minaccia diretta di invasione armata”, le due nazioni “attiveranno immediatamente il canale di negoziati bilaterali allo scopo di coordinare le loro posizioni.” All’art. 4, viene specificato che qualora una delle due nazioni dichiari lo stato di guerra, l’altra dovrà “fornire assistenza militare [...] con tutti i mezzi a sua disposizione e senza indugio,” aggiungendo come condizione preliminare che ciò avvenga “in conformità con l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e le leggi della Repubblica Democratica Popolare di Corea e della Federazione Russa.” L’art. 51 della Carta ONU, impone alcuni vincoli all’autodifesa, richiedendo che le misure adottate in virtù del principio vengano “portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza” e non pregiudichino, al Consiglio stesso, la possibilità di “intraprendere quella azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”.
Nonostante fosse convinzione comune tra gli analisti che la menzione all’art. 51 fosse una “clausola cuscinetto” per permettere una maggiore flessibilità rispetto agli obblighi di difesa reciproca, i recenti sviluppi sembrano smentire tale ottimismo: secondo una nota dell’Institute for the Study of War pubblicata il 15 ottobre 2024, il Cremlino starebbe sfruttando l’accordo con Pyongyang per compensare le esigenze russe in termini di generazione di nuove forze e incremento della protezione nelle zone di frontiera. La media di più di 30.000 perdite di personale militare al mese (8), l’incursione ucraina nell’oblast di Kursk, e la rimozione di parte delle restrizioni sull’uso di armi occidentali per colpire obiettivi in territorio russo, hanno posto l’esercito di Mosca nelle condizioni di incrementare il numero di reclute. In questo senso, l’integrazione di personale nordcoreano, dimostrerebbe la preferenza del Cremlino di optare per soluzioni irregolari piuttosto che per rischiare di perdere popolarità indicendo la mobilitazione generale (nota).
Di fronte all’evidenza, i tentativi delle autorità russe di mascherare l’identità dei soldati nordcoreani in Russia e in Ucraina potrebbero far pensare ad un inside job per sopperire ai problemi di manodopera militare dell’esercito russo, piuttosto che alla volontà di Mosca di esacerbare il conflitto coinvolgendo un paese terzo. A tal proposito, è fondamentale ricordare che, nella definizione di parti e co-parti di una guerra, il diritto internazionale non qualifica alcuna motivazione di politica interna come circostanza attenuante: pur in assenza di una dichiarazione di guerra formale, la Corea del Nord si è resa e si renderà sempre più partecipe alla pianificazione e alla perpetrazione di ostilità contro l’Ucraina attraverso accordi di cooperazione formale con un altro Paese coinvolto nel conflitto, segnando una traccia indelebile e irreversibile di co-belligeranza.
Qualunque siano le ragioni sottostanti, le conseguenze potrebbero essere molteplici. Il Presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol sarebbe vicino ad una decisione storica: rivedere la politicadi astensione dal fornire armamentia paesi in guerra, inviando a Kyiv le armi difensive ed offensive di cui ha bisogno. Nel frattempo, la Cina, preoccupata per la cooperazione crescente tra Mosca e Pyongyang, nonché dalla postura sempre più aggressiva della Corea del Nord in Asia settentrionale (9) e in Occidente, potrebbe minacciare il ritiro di aiuti economici e umanitari in cambio della fine delle provocazioni, assicurandosi che il suo più stretto alleato, o quel che ne rimane, resti parte della sfera di influenza cinese (10). Parallelamente la Russia potrebbe vedere ridimensionate le forniture cinesi di tecnologie a duplice uso - civile e militare - come microchip, prodotti chimici e droni: in questo modo, Pechino continuerebbe a sostenere l’economia russa grazie alle ingenti importazioni di petrolio, ma si renderebbe meno utile allo sforzo bellico immediato. Infine, in Occidente, potrebbe tornare al centro del dibattito la possibilità di inviare personale militare NATO per offrire supporto tattico-logistico ai soldati ucraini, bilanciando le esigenze di manodopera di Kyiv.