Il dilemma dell’onnivoro

E’ opinione diffusa che la dieta migliore per l’ambiente risulti essere anche la dieta migliore per garantire il benessere e la salute degli animali, tuttavia questi due obiettivi sono spesso in conflitto.

Quali sono i compromessi

Per produrre una tonnellata di carne muoiono 3 animali se sono Manzi, oppure 576 se sono polli.

Un europeo medio mangia 80 kg di carne all’anno. Se tutto questo provenisse dalla carne di pollo, dovrebbero essere uccisi circa 40 polli a persona, se fosse manzo, un animale ogni 6 anni.

I polli generalmente vivono peggio negli allevamenti, aumentare il consumo di carne di pollo porterebbe sofferenza a un numero maggiori di vite.

Tuttavia la carne bovina risulta essere più inquinante di quella di pollo.

Questi stessi compromessi esistono anche se ci riferiamo allo stesso capo di bestiame, allevare i polli in gabbia permette di ridurre l’uso di suolo, di sprecare meno energia e selezionando le razze a crescita veloce risparmieremmo sul mangime utilizzato per singolo animale, risparmiando così anche acqua, riducendo l’utilizzo di fertilizzanti e altre risorse, questo però porta inevitabilmente a condizioni di vita più miserabili per l’animale.

Un report del 2019 della Commissione Europea ha infatti dimostrato come la riduzione delle emissioni di GHG negli allevamenti di polli sia avvenuto grazie alla selezione genetica di polli a rapida crescita, che però per questo motivo incorrono spesso in problemi di salute legate ad anomalie muscolari.

Stesso discorso vale per il manzo, i capi ad erba inquinano (in termini di CO2eq) tra il 20% e il 42% in più rispetto a quelli nutriti con cereali. Infatti le mucche alimentare con quest' ultimi, tendono ad ingrassare di più e a raggiungere il loro peso "ottimale" prima.

Tuttavia dal punto di vista del welfare le mucche nutrite a cereali subiscono notevoli disagi nel corso della loro vita, infatti, dovendo passare una parte della loro vita a pascolare,  vengono spesso trasportati dal campo di allevamento il che può avere un costo fisico e mentale per l'animale.

Il rumore e le vibrazioni del viaggio possono essere stressanti, le condizioni possono essere anguste e possono essere privati ​​di cibo e acqua (in UE vige una forte regolamentazione in merito). Una transizione mal gestita dall’erba ai cereali può causare problemi digestivi e disagio.

Come gestire i compromessi?

Cosa può fare un consumatore che non vuole tralasciare nessuno dei due aspetti?

Naturalmente ridurre globalmente il consumo in maniera responsabile  migliorerebbe entrambi gli aspetti, si può cercare di concentrare l’alimentazione più verso prodotti che si trovano tra i due estremi come il pesce, agnello e maiale, e si possono introdurre più spesso nella dieta alimenti con un bassissimo impatto ambientale o un basso o nullo impatto a livello di sofferenza come cozze e vongole che non hanno un sistema nervoso centralizzato, aiutando al contempo un buon mantenimento dello stato di salute (per i vegani è difficile trovare fonti di omega 3 vere e proprie dal mondo vegetale).

In questo contesto si potranno collocare in futuro anche altre alternative come la carne coltivata che certamente ha ottime performance per quanto concerne il benessere (anche se con delle criticità relativa al siero fetale), da valutare invece l’impatto ambientale dato che dipende estremamente dalla necessità energetica dei bioreattori e da come tale energia viene prodotta.

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