La presidente pro-Ue Maia Sandu rieletta per il secondo mandato. Ma la Moldova continua ad essere in bilico tra Europa e Mosca?
La Moldova, situata tra Romania e Ucraina, ha una storia complessa segnata da influenze culturali e politiche diverse. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, la Moldova dichiarò la propria indipendenza, suscitando una reazione immediata da parte della Federazione Russa. Questa prontezza si spiega con la vicinanza geografica alla Romania, dove il regime di Nicolae Ceaușescu era stato rovesciato violentemente nel 1989, e con i legami culturali e storici tra Moldova e Romania.
Una delle regioni più controverse della Moldova è la Transnistria, una stretta striscia di terra lungo il fiume Dnestr (Nistro in italiano). Durante l’era sovietica, la Transnistria divenne il centro industriale della Repubblica Socialista Sovietica Moldava, con una popolazione composta da una significativa percentuale di russi e ucraini. Questo sviluppo industriale portò lavoratori da diverse parti dell’URSS (1), contribuendo alla russificazione della regione. Di conseguenza, il russo divenne la lingua predominante (2), e la cultura sovietica esercitò una forte influenza sull’area.
Nel 1992, la Transnistria dichiarò unilateralmente l’indipendenza dalla Moldova, scatenando un conflitto armato. Nonostante un cessate il fuoco, la regione rimane de facto indipendente, con una presenza militare della Federazione Russa significativa. Attualmente, circa 1.500 soldati della 14ª Armata russa sono stanziati in Transnistria (3), ufficialmente come forza di mantenimento della pace, ma la loro presenza è semplicemente un mezzo per esercitare influenza sulla Moldova.
Nonostante queste sfide, nel giugno 2022 la Moldova ha ottenuto lo status di paese candidato all’adesione all’Unione Europea, un passo significativo verso l’integrazione europea. Questo progresso è avvenuto nonostante la situazione irrisolta in Transnistria e le pressioni continue da parte della Federazione Russa. La presidente Maia Sandu ha guidato il paese verso riforme democratiche e una maggiore cooperazione con l’UE, affrontando al contempo le interferenze esterne e le sfide interne.
La situazione in Moldova presenta somiglianze con quella dell’Ucraina, dove la Federazione Russa ha reagito con forza alle aspirazioni europee del Paese, culminando con l’annessione della Crimea nel 2014 e con il sostegno - tramite forze regolari della Federazione Russa - al movimento separatista nell’est del paese, anche esso alimentato da Mosca. In entrambi i casi, il Cremlino ha cercato di mantenere la propria influenza sulle ex-repubbliche sovietiche, utilizzando una combinazione di pressioni politiche, economiche e militari.
Nonostante il referendum del 20 ottobre 2024 abbia confermato l’aspirazione europea dei cittadini moldavi, inclusi quelli della regione separatista della Transnistria, la Moldova si trova ora a un bivio critico.
Il secondo turno delle elezioni presidenziali che si è svolto il 3 novembre ha rappresentato un momento decisivo per il futuro del paese, con profonde implicazioni per la stabilità e la sicurezza non solo della Moldova, ma dell’intera Europa. Le interferenze della Federazione Russa avrebbero, infatti, pesato considerevolmente sul processo elettorale del 20 ottobre e portato al ballottaggio tra la candidata che vede la Moldova come una parte dell’Europa unita, Maia Sandu, e il candidato pro-Cremlino, Alexandr Stoianoglo.
Secondo vari osservatori, Mosca avrebbe investito pesantemente in campagne di disinformazione (4), destinate a seminare il dubbio tra i cittadini moldavi sull’opportunità di un futuro europeo. La retorica promossa dalle forze filorusse in Moldova ha cercato di spaventare la popolazione, suggerendo che una più stretta integrazione con l’UE possa coinvolgere il paese nella guerra in Ucraina, aumentando il rischio di conflitti e instabilità.
Parallelamente, sono stati segnalati numerosi casi di corruzione elettorale, in particolare nelle aree a maggioranza filorussa e tra i cittadini della Transnistria. Le autorità moldave hanno denunciato un massiccio piano di acquisto di voti(5), stimando che siano stati stanziati circa 15 milioni di dollari, trasferiti attraverso la banca russa Promsvyazbank, per corrompere oltre 130.000 elettori. Gli osservatori internazionali hanno riportato episodi in cui elettori transnistriani sarebbero stati incentivati finanziariamente per votare contro il referendum e la candidata pro-UE, con alcuni di loro che, terminata la votazione, chiedevano conferme sul pagamento promesso.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa ha ulteriormente complicato il contesto, rendendo la Moldova un terreno cruciale nella divisione politica tra Occidente e Mosca. Il Cremlino considera l’avvicinamento della Moldova all’UE una minaccia diretta alla propria sfera di influenza, modellata sull’eredità sovietica.
La situazione in Georgia conferma questa tendenza preoccupante: un paese che Mosca ha già aggredito due volte, prima nei primi anni ’90 e poi nel 2008, per mantenere un controllo strategico sul passaggio verso il Mar Nero.
La recente vittoria del partito filorusso Sogno Georgiano nelle elezioni parlamentari di ottobre 2024, ottenuta in un contesto di brogli e intimidazioni, dimostra come il Cremlino continui a manipolare i processi democratici nei Paesi indipendenti che hanno avuto la sfortuna di essere ex repubbliche sovietiche, sotto i regimi del Cremlino.
Anche in Georgia, le elezioni sono state segnate da accuse di frodi orchestrate da Mosca e dai suoi alleati. L’International Society for Fair Elections and Democracy (Isfed) ha documentato una serie di irregolarità, tra cui l’espulsione di osservatori dai seggi, violazioni del segreto elettorale e manipolazioni dei voti con la distribuzione di più schede a singoli elettori. Nei pressi dei seggi elettorali, si sono verificati assembramenti di individui legati al partito filorusso, impegnati a raccogliere informazioni sugli elettori e a garantire che votassero in linea con gli interessi del Cremlino.
Queste tattiche di manipolazione, unite alla disinformazione e all’intimidazione, che hanno portato alla vittoria del Cremlino, dovrebbero far suonare un campanello d’allarme su un rischio altissimo: quello di un’espansione attraverso elezioni “democratiche” che sottomettono i Paesi indipendenti al controllo del Cremlino.
Per osservare in modo globale come le elezioni manipolate siano parte di un piano molto più ampio basta guardare alla regione del Mar Nero con più attenzione.
Per esempio, Odesa, città portuale strategica dell’Ucraina sul Mar Nero, si trova a circa 50 chilometri dal confine con la Moldova e la regione separatista della Transnistria.
Questa vicinanza geografica rende l’area di particolare interesse per la Federazione Russa, che vede nella Moldova una tappa successiva nel suo percorso di espansione, iniziato già nei primi anni ’90, proseguito negli anni 2000, per poi arrivare nel 2014 all’annessione della Crimea e il sostegno ai “separatisti” nel Donbas, e culminare nel 2022 con l’occupazione di Mariupol e altre zone del sud dell’Ucraina.
Per il Cremlino, estendere la propria influenza sulla Moldova significherebbe consolidare un corridoio strategico che collega la Federazione Russa al Mar Nero, rafforzando la sua posizione strategica e avvicinandosi ulteriormente ai confini dell’Unione Europea. Il destino dei paesi ex membri dell’URSS, della prigionia di Mosca, che oggi ci possono sembrare lontani e appartenenti in qualche modo al potere del Cremlino, in realtà riflette direttamente il nostro futuro europeo e democratico.
L’Occidente oggi dovrebbe essere più presente e aiutare le giovani democrazie a non essere travolte dal potere della Federazione Russa, poiché una maggiore presenza russa in Moldova, e anche in Georgia, farebbe sì che il Cremlino acquisisca le forze necessarie per stravolgere completamente la sicurezza europea.
Se guardiamo la mappa geografica del sud-est dell’Unione Europea, il quadro appare ancora più angosciante. La Bulgaria (6), anch’essa affacciata sul Mar Nero, ha storicamente subito una forte influenza russa. Nonostante sia membro dell’UE e della NATO, Sofia mantiene legami economici ed energetici significativi con Mosca, che continua a esercitare una certa influenza nel paese.
Ricordiamo anche che altri leader dell’Europa orientale mostrano una propensione verso Mosca piuttosto che Bruxelles. In Ungheria, il primo ministro Viktor Orbán (7) ha adottato una politica estera che spesso difende gli interessi del Cremlino, opponendosi a sanzioni europee contro la Federazione Russa e promuovendo accordi energetici bilaterali. La Serbia (8), pur aspirando all’adesione all’UE, mantiene stretti legami con il Cremlino, che sostiene Belgrado su questioni chiave come la non riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, usando il proprio veto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Recentemente, la Repubblica Ceca ha inviato un nuovo ambasciatore a Mosca, segnando un passo verso la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con la Federazione Russa. Questa decisione è stata presa nonostante le tensioni persistenti e la continua aggressione militare della Federazione Russa e i suoi crimini verso l’Ucraina. A giugno, il presidente ceco Petr Pavel ha discusso la nomina del nuovo ambasciatore, sottolineando l’importanza di mantenere canali diplomatici aperti anche in tempi di crisi.
L’Occidente deve comprendere che la battaglia della Moldova per l’integrazione europea è parte di una lotta più ampia per la difesa della democrazia e della stabilità in Europa e nell’Occidente. È essenziale sostenere le giovani democrazie, Ucraina, Georgia, Moldova, che resistono al ritorno della sfera d’influenza di Mosca.