Dugin: l'angelo rossobruno di Putin - parte 3

Dopo aver analizzato, nella parte precedente, il saggio Fondamenti di Geopolitica, del 1997, veniamo adesso a un’opera più recente di Dugin, ma altrettanto importante, La Quarta Teoria Politica.

La Quarta Teoria Politica (4TP)

A differenza del saggio del 1997, che era un trattato di strategia e geopolitica a uso interno della Russia, questo è un libro di politica e filosofia politica che descrive l’ideologia che diventerà la base di un movimento internazionale, che nel mondo anglosassone viene chiamata alt-right (destra alternativa), mentre in Europa si usa prevalentemente il termine sovranismo. Il sovranismo conoscerà un’ondata di successo soprattutto in Italia (Lega Salvini, ma non solo), Francia (RN di Le Pen), Germania (AFD) e soprattutto in Ungheria, con Viktor Orban, che è attualmente il leader UE più vicino a Putin.

Vediamo di cosa tratta l’opera, dalle stesse spiegazioni che Dugin ha dato nelle sue numerose conferenze e interviste. Innanzitutto la Quarta Teoria Politica (4PT) è il populismo sovranista eurasiatico, che per Dugin viene dopo il Liberalismo, il Comunismo marxista-leninista e il Nazifascismo, che sono state le ideologie dominanti nel Novecento. La seconda e la terza sono state sconfitte dalla prima, che domina incontrastata nel mondo. Come dichiarato in un convegno a Udine nel 2019 (parteciparono anche Giulietto Chiesa, Massimo Fini e Diego Fusaro) dal titolo Uguali ma diversi, «­­­­Il liberalismo è in realtà totalitarismo, mentre il populismo è la vera libertà. Il liberalismo è una trappola metafisica del pensiero, perché in realtà permette solo di essere liberali, di sinistra, di destra o di centro ma solo liberali. Il liberalismo pone al centro l’individuo, invece della persona, e la diversità invece dell’identità. In questo modo, non potendo esprimere l’identità, la vera libertà non viene espressa

Dugin sostiene che andare contro il pensiero dominante richieda un atto eroico, perché «Orwell oggi non è in Russia o in Cina ma nell’Occidente liberale che non cerca il dialogo con i sovranisti e gli identitari». Dugin dice che «L’Europa è debole culturalmente, spiritualmente e mentalmente. I Russi devono salvare l’Europa dalle élite liberali che la stanno distruggendo. Oggi l’Europa occidentale sta nella trappola della modernità e della post-modernità. Più immigrati, più femminismo, più società aperta, più gender. Questa è la linea delle élite europee» 

La parte più interessante, benché non originale, è quando afferma che «se nessuno ha identità, la diversità non è possibile e la soggettività senza soggetto diventa nichilismo e ci porta alla macchina e al post umanesimo che distrugge l’uomo» . Ma Dugin porta questo discorso, fatto da molti filosofi contemporanei, alle estreme conseguenze, a sostegno di un antiprogressismo, antiscientismo, antisecolarismo e antiilluminismo estremo. Dugin se la prende anche con la Riforma Protestante: per lui i mali del mondo sono iniziati nell'era moderna, dal Rinascimento in poi, curiosamente più o meno nel periodo in cui Ivan IV, Grozny il Terribile, o meglio il Temibile, da Gran Principe di Mosca, sfruttando la parentela con l’ultimo imperatore di Bisanzio, si fece chiamare per la prima volta Zar, o C’zar, cioè Cesare. Ivan IV fu anche, pare, il primo sovrano a creare una sorta di "polizia segreta", istituzione che ha sempre avuto un enorme peso in Russia. Probabilmente, ma questa è una nostra interpretazione, da quel momento per D. l’occidente prende una via di decadenza che lo porterà al liberalismo del 900, mentre la Russia segue la retta via della tradizione e della spiritualità.

Per Dugin deve esserci una riaffermazione dell’uomo organico, con la sua famiglia, la sua storia, le sue radici e la sua identità collettiva. «Chi ama la sua patria, le sue radici e la sua identità può amare l’identità degli altri. Il populismo è un segno del risveglio dei popoli, della resistenza contro questo progetto progressista tecnocratico globalista».

Facciamo un passo indietro e torniamo all’ottobre 2012. Dugin partecipa al convegno L’Unione eurasiatica nel mondo multipolare, organizzato a Roma dalla rivista Eurasia, diretta da Claudio Mutti, che abbiamo già conosciuto. All'incontro sono presenti l’ambasciatore del Kazakhistan e il consigliere commerciale dell’ambasciata della Bielorussia. Dugin racconta di come dopo la dissoluzione dell’URSS alcune forze politiche si siano posti subito l'obiettivo di un processo di integrazione eurasiatica, ma inizialmente sia stato solo il Kazakhistan a perseguirlo, mentre la Russia fino al 2007 non si sia interessata a questo progetto. Poi la strategia di Putin è cambiata e il presidente ha iniziato a lavorare per realizzare questo progetto, diventato il punto più importante della politica estera russa.

Per Dugin la Russia non è una nazione ma una civiltà, composta da elementi slavi cristiano ortodossi, ma anche turco-turanici, caucasici, musulmani. Questo mix porta non a una confusione (come l’occidente liberale e multietnico) ma a una sintesi. Secondo il filosofo la sintesi russa sarebbe come la sintesi della civiltà indiana post invasioni indoeuropee, dove la componente invasora, ariana, si sarebbe associata agli elementi dravidici originali, o la sintesi culturale che fece l’Emirato di Cordova con l’Al Andalus. Ma fondamentalmente l’idea eurasiatica della 4TP è una lotta anti imperialista, anti occidentale e antiamericana, è l’avanguardia dei popoli contro il colonialismo e l’imperialismo (sic!), contro l’universalismo. Sostiene Dugin che la Russia non vuole essere un polo nel mondo multipolare, ma lo sarà l’Eurasia, ovviamente a trazione russa, con tutto lo spazio ex sovietico. Ché poi i popoli ex sovietici sembrano non morire dalla voglia di fare parte di questo polo eurasiatico non pare essere un problema per Dugin. Aggiunge il filosofo che l’idea della multipolarità trionferà anche negli USA (Trump, QAnon, e il mondo alt-right rappresentano la giusta direzione).

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