Nella prima parte dell’inchiesta su Dugin, abbiamo scoperto chi è, quali sono le sue basi teoriche e quali sono stati i suoi inizi. In questa seconda parte tratteremo del suo saggio Fondamenti di geopolitica, pubblicato nel 2007.
Nel 1997, quando Putin è a capo dello staff di Eltsin (l’anno successivo verrà nominato direttore dell’FSB e nel 1999 nel giro di pochi mesi diventerà Primo Ministro e subito dopo Presidente della Federazione Russa) Dugin pubblica il saggio Fondamenti della geopolitica. Il libro, afferma il generale Nicolai Klokotov nel 2004, diventa una «poderosa base ideologica per preparare un nuovo comando militare» e viene usato come libro di testo nelle accademie militari russe. La cosiddetta dottrina Gerasimov del capo di Stato maggiore russo, sulla guerra asimmetrica o ibrida, è palesemente influenzata da questo saggio.
Cercando di sintetizzare al massimo il contenuto del libro: secondo Dugin la Russia sarà lo scenario di una nuova rivoluzione antiborghese, antimoderna e anti-americana, secondo i principi dell’Eurasiatismo (teoria risalente a circa un secolo fa, ma aggiornata da Dugin, che ne è diventato il massimo esponente), il cui nemico principale è l'ideologia liberale (tema che approfondirà nel successivo La quarta teoria politica, maggiormente conosciuto in occidente). Secondo Dugin, le operazioni militari giocano un ruolo relativamente minore rispetto a un sofisticato programma di sovversione, destabilizzazione e disinformazione guidato dai servizi segreti russi. Le operazioni devono essere assistite da uno spietato utilizzo di gas, petrolio e altre risorse naturali russe per intimidire e destabilizzare gli altri paesi.
Se tutto questo vi suona familiare, ricordate che il libro è stato pubblicato nel 1997.
Tattica principale sarà diffondere l’antiamericanismo in ogni paese, scopo finale la finlandizzazione di tutta l’Europa, (che però diventerà decisamente più piccola, infatti la Finlandia e l’Ucraina verranno annesse alla Federazione russa, come nel passato). Interessante è il ruolo che Dugin vuole affidare alla Germania, che vede come un potenziale alleato. Infatti, l’enclave di Kaliningrad dovrebbe essere restituita ai tedeschi (e tornare a essere Konigsberg), e l’Estonia dovrebbe rientrare nella zona d’influenza della Germania, che per Dugin, insieme alla Francia è un paese di tradizione antiatlantica e quindi non nemico (mentre il Regno Unito «deve essere isolato dall’Europa» e magari aiutato a uscire dalla UE). Diversa la sorte per Polonia, Lituania e Lettonia, che devono rientrare nella zona d'influenza euroasiatica (quindi russa). Romania, Macedonia, Serbia (compresi i serbo-bosniaci) e Grecia, che lui chiama "Oriente Collettivista Ortodosso", devono essere legati a Mosca contro l’Occidente razionalista e individualista.
Per quanto riguarda il resto del mondo, la Russia deve stabilire forti legami con il mondo islamico, in particolare con l’Iran. Il Caucaso, come nel passato, è cosa russa. Quindi, la Georgia dovrà essere smembrata integrando nella Federazione i territori già occupati dalle truppe russe. L’Armenia deve diventare base strategica russa. L’Azerbaijan, se non viene smembrato, può essere dato all’Iran. Le ex repubbliche sovietiche asiatiche (Kazakhistan, Turkmenistan, Tajikistan, Uzbekistan e Kirghizistan) devono essere annesse alla Russia o far parte della Federazione Eurasiatica.
La Cina, che è attualmente un alleato tattico, rappresenta però un pericolo. Secondo il filosofo, la Russia dovrebbe prendere una fascia cuscinetto (Xinjiang, Mongolia interna, Manciuria) alla Cina ricompensandola con Indocina, Filippine, Indonesia e Australia. Il Giappone dovrà essere influenzato dalla propaganda cercando di manipolare l’opinione pubblica in funzione anti-americana. Gli saranno restituite le isole Kurilii. Infine la Mongolia verrà annessa o integrata nel sistema euroasiatico.
Un delirio? In parte, dato che alcune delle cose descritte sono state realizzate o sono in svolgimento. Secondo lo storico di Harvad Timothy Snyder il libro è palesemente ispirato da Carl Schmitt, il filosofo e giurista tedesco. In ogni caso, come abbiamo già detto, il libro ha avuto un grande successo negli ambienti militari russi, prima che Putin arrivasse al potere. A questo proposito, inizialmente il filosofo non è un sostenitore del futuro zar, perché non ne apprezza le scelte in materia economica e soprattutto lo giudica troppo filo occidentale, ma lentamente si avvicina sempre di più a lui; anche perché Putin, dopo aver guardato con favore agli USA (ottimi rapporti con George W. Bush, a cui dichiara il suo supporto nella guerra al terrore) e alla UE, e aver addirittura dell’ingresso della Federazione Russa nella Nato, diventa sempre più antioccidentale. Dugin, nel frattempo, fonda il Movimento Politico Panrusso Eurasia (2000), che nel 2003 diventa una ONG con il nome Movimento Internazionale Eurasiatista.
L’eurasiatismo, o eurasismo(come lo chiama Dugin stesso, che parla un buon italiano, anche se mischiato allo spagnolo) è una vecchia teoria che nella versione panrussa risale agli anni successivi alla rivoluzione bolscevica, diffusa tra gli ambienti degli espatriati (ad esempio il linguista Trubetskoi). Secondo questa teoria, la civiltà russa non appartiene al mondo europeo e la rivoluzione d’ottobre è stata una reazione necessaria alla rapida modernizzazione della società russa, ma la nazione avrebbe dovuto abbandonare l’ateismo e tornare a prendere come riferimento la spiritualità cristiano-ortodossa.
L’eurasiatismo esiste anche in versione turanica o panturca. L’idea di fondo è che tutti i popoli di origine turanica o uralo-altaica (turchi e turcofoni, finnici, ungheresi, mongoli) debbano unirsi in una alleanza o una confederazione. Anche questa teoria risale a circa un secolo fa ed era molto diffusa soprattutto in Ungheria, per poi sedimentarsi in Turchia. Popolare tra i membri del partito MHP e il suo braccio armato (i Lupi Grigi, famosi in italia perché un loro membro attentò alla vita del papa nel 1981), si è molto sviluppata con la crescita di potere di Erdogan e del suo partito AKP, la cui politica estera sembra improntata su questa teoria. A questo proposito, nel 2003, in una conferenza a Istanbul Dugin disse: «L’Eurasismo (così lo chiama egli stesso in italiano) russo è caratterizzato da un’invariabile peculiarità: la turcofilia».
Il simbolo del MIE è una stella a 8 frecce (usato anche da alcune milizie filorusse che combattono in Donbass), che può essere vista anche come 4 doppie frecce, una stella che dovrebbe rappresentare il Dio Celeste, lo Zeus greco e il Dyeus indoeuropeo, nel misticismo sincretico tra Cristianesimo ortodosso tradizionalista, neopaganesimo e Vedismo.
Sempre in Fondamenti della geopolitica il filosofo russo sostiene: «Il nuovo impero eurasiatico sarà costruito sul principio fondamentale del nemico comune: il rigetto dell’atlantismo, strategia di dominio degli USA, e il divieto di permettere ai valori liberali di dominarci». Nel 2005 Dugin crea la l’Unione Giovanile Eurasiatica, in risposta ai movimenti giovanili legati alle rivoluzioni colorate. Diventa consigliere di Seleznyov, presidente della Duma, e di Sergej Naryshkin, attuale capo dell’SVR (i servizi segreti russi esterni). Nel 2007 la politica estera di Putin inizia a prendere una decisa svolta antioccidentale. Nel febbraio, alla conferenza di Monaco sulla Sicurezza, per la prima volta attacca apertamente l’occidente e gli Stati Uniti e rivendica un ruolo più importante nello scacchiere internazionale: «Considero il modello unipolare non solo inaccettabile, ma impossibile nel mondo di oggi», sostiene. Per Putin un simile mondo unipolare non può esistere perché in realtà ci sono molti attori con sufficiente forza militare ed economica da poter agire in modo indipendente. Insomma, secondo Putin, gli USA vogliono dettare legge nel mondo, ma la realtà del mondo è multipolare. Nel luglio dello stesso anno la Russia annuncia di non volere più aderire al Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa.
Nel 2008 Dugin visita l’Ossezia del Sud, in Georgia, e dichiara: «Le nostre truppe occuperanno la capitale georgiana, Tbilisi, tutto il paese, e forse persino l’Ucraina e la penisola di Crimea, che storicamente fa parte della Russia». Ad agosto scoppia la guerra, vinta dalla Russia in 5 giorni. Il filosofo antimodernista afferma che la Russia non dovrebbe limitarsi alla liberazione dell’Ossezia del Sud, ma andare più in là, facendo lo stesso in Ucraina. Dugin criticherà Putin per non aver osato restaurare l’impero, ma comunque considera la guerra in Georgia la prima vittoria contro il mondo unipolare a guida americana, come dichiarerà nel 2012 in Italia, in una delle tante apparizioni nel nostro paese.