Lo Zar 2.0: la farsa delle elezioni alla Duma e la nuova cleptocrazia digitale

Con le elezioni tenutesi il 17-19 settembre scorso, il partito al Governo pro-Putin ha mantenuto una super maggioranza nella camera bassa del Parlamento.

Russia Unita avrà, infatti, 324 seggi (-19 seggi rispetto alle precedenti elezioni del 2016), il Partito Comunista 57 (+15 seggi) ed il Partito Liberal Democratico (LDPR) 21. Anche se la presenza legislativa del partito di maggioranzaè passata da 343 a 324 deputati, Putin conserva comodamente più dei 300 seggi necessari per una "maggioranza costituzionale" che consente all'attuale Presidente di modificare ulteriormente la Costituzione senza necessità di ricorrere ad una coalizione.

Alcuni dati. A Mosca l'affluenza alle elezioni ha superato il 50%, mentre nelle precedenti elezioni del 2016 era solo del 35,2%. L'affluenza al voto online nella capitale ha raggiunto il 96,5%, battendo il record dello scorso anno stabilito durante il referendum sugli emendamenti alla Costituzione (93,02%). Quasi 2 milioni di persone hanno votato a distanza con il voto elettronico.

Tuttavia, il voto è stato segnato subito da accuse di brogli elettorali diffusi, soprattutto a Mosca. In molti sostengono, infatti, che talune "anomalie" avrebbero compromesso i risultati elettronici ed alcuni politici chiedono ora l'annullamento dei voti. I comunisti, ad esempio, si sono rifiutati di riconoscere i risultati delle urne ed hanno organizzato subito una piccola protesta non autorizzata. Inoltre, come hanno riferito alcuni media locali, martedì scorso le autorità di Mosca hanno tentato di fare irruzione nella sede della città del Partito Comunista, pochi minuti prima che un gruppo di avvocati del partito si preparasse ad intentare una causa per contestare i controversi risultati del voto online. La polizia ha anche impedito ad uno dei principali parlamentari del partito comunista di accedere al suo ufficio nella Duma di Stato, dove si trovavano i documenti a sostegno della causa. Infine, diversi candidati sconfitti si sono già impegnati a contestare i risultati ed alcuni hanno già intentato azioni legali contro i risultati nei loro distretti. Il Cremlino, dal canto suo, ha annunciato le elezioni come trasparenti ed ha respinto le accuse di frode o brogli.

Ma le elezioni del 17-19 settembre hanno fatto seguito ad un giro di vite senza precedenti, a partire dall'avvelenamento dell'agosto 2020 ed alla successiva detenzione del critico del Cremlino Alexei Navalny, nonché all'incarcerazione dei suoi alleati e di molti altri candidati dell'opposizione; con l'inserimento nella lista nera degli osservatori elettorali e con le modifiche, pro Putin, alle leggi elettorali nel periodo antecedente il voto.

In una recente raccomandazione, il Parlamento Europeo è giunto a definire pubblicamente il regime di Putin una cleptocrazia autoritaria stagnante guidata da un Presidente a vita contornato da oligarchi.E Putin, oltre a reprimere con azioni criminali e politiche antidemocratiche il suo stesso popolo, costituisce anche una minaccia esterna per la sicurezza europea.

Le repressioni interne

Il "regime putiniano" ha posto in essere condotte criminali sempre più repressive nei confronti dei dissidenti. La situazione interna sta drammaticamente deteriorandosi a causa della crescente "soppressione" forzosa delle forze democratiche. Violenza e leggi antidemocratiche vengono sempre più utilizzate da Putin per mettere a tacere le critiche interne, l'opposizione politica e gli attivisti impegnati nella lotta contro la corruzione, per limitarne la libertà di riunione ed impedire lo svolgimento della loro attività e quella della società civile russa. Ciò è dimostrato dalla detenzione di più di 11.000 manifestanti pacifici da parte delle autorità russe solo dopo due settimane dall'arresto di Alexei Navalny; il che porta il numero totale di russi detenuti dal gennaio 2021 ad oltre 15 000. Il regine Russo ha continuato a detenere illegalmente i suoi cittadini e a prendere di mira i leader dell'opposizione, i giornalisti indipendenti, i manifestanti e gli attivisti per i diritti umani. Le condizioni di prigionia in Russia sono tuttora terribili e le persone incarcerate subiscono torture, vessazioni e attacchi fisici di ogni sorta.

Con l'approvazione delle leggi sugli "agenti stranieri" e sulle "organizzazioni non gradite", il regime del Cremlino consente la repressione "legalizzata" dei cittadini, delle associazioni e dei mezzi di comunicazione, violandone i diritti umani e la libertà di espressione e di associazione e mettendo a rischio la loro incolumità personale.

Il regime, inoltre, ha inasprito ulteriormente tali leggi, estendendo le restrizioni alle persone o entità che sostengono gli "agenti stranieri" e le "organizzazioni straniere indesiderate", vietando in tal modo ai membri attivi della società civile, alle ONG per i diritti umani e all'opposizione di partecipare alle scorse elezioni parlamentari. Putin, infatti, ha sottoscritto, a giungo scorso la legge che vieta a soggetti etichettati come “estremisti” di votare e di candidarsi alle elezioni del Paese. Ed il divieto è molto esteso perché si applica a partecipanti, membri, dipendenti e a tutte le persone che sono coinvolte nelle attività considerate “estremiste” o “terroristiche” da parte del Governo russo. In pratica i leader delle organizzazioni ritenute estremiste non potranno presentarsi ai seggi per 5 anni, mentre l’attività elettorale dei “cittadini ordinari” sarà bloccata per 3 anni. La nuova legge voluta da Putin, inoltre, conferisce alle autorità interne il diritto di impedire ai fondatori e ai dirigenti di tali organizzazioni l’accesso alle elezioni senza previa conferma del Tribunale.

In definitiva, questo nuovo impianto normativo ha di fatto imposto un concreto divieto di partecipazione all’attività elettorale del Paese. E si tratta di una misura che si estende anche a coloro che “fanno donazioni” a tali organizzazioni, “prestano assistenza” o supportano il loro operato “partecipando ad eventi” (ovvero proteste antigovernative) o esprimono il sostegno “sul web”. La legge arriva anche a prevedere non solo l'incandidabilità ma anche lo scioglimento delle organizzazioni “estremiste”, la confisca dei beni e sanzioni anche penali per i partecipanti. Lo stesso vale per le ONG straniere alle quali partecipano cittadini russi. Da segnalare c'è stata la protesta delle autorità internazionali e dell'UE secondo cui la decisione delle autorità russe di dichiarare "organizzazione estremista" la Fondazione anticorruzione diretta da Alexei Navalny sarebbe infondata, discriminatoria e presa con un unico obiettivo, ossia distruggere le possibilità per l'opposizione di partecipare efficacemente alle campagne elettorali.

Inoltre, nell'ultimo ventennio ci sono stati vari omicidi o tentati omicidi di oppositori al regime e di giornalisti indipendenti, sia in Russia che all'estero, inclusi quelli di Anna Politkovskaya, Boris Nemtsov, Alexander Litvinenko, Sergei e Yulia Skripal, Sergei Protazanov, Pyotr Verzilov, Vladimir Kara-Murza, Alexei Navalny, Zelimkhan Khangoshvili ed altri.

E, purtroppo, c'è anche da segnalare che gli organizzatori di tali crimini non sono stati ancora identificati e incriminati, perché l'attuale repressione del dissenso sociale è rafforzata dall'impunità della polizia e delle forze di sicurezza, nonché dalla riluttanza della magistratura a perseguire i reali responsabili di tali crimini. Le recenti, ed illegali, modifiche costituzionali, oltre a fornire una deroga al Presidente Putin rispetto al limite di mandato presidenziale nel 2024, hanno ulteriormente danneggiato il diritto a un equo processo, conferendo al Presidente il potere di nominare i giudici della Corte costituzionale e della Corte suprema e di procedere alle nomine di tutti i giudici federali e al licenziamento dei giudici federali più anziani.

Anche a scopo di censura, il Governo ha approvato recentemente una legge che obbligherà le aziende informatiche straniere (la cui audience giornaliera raggiungerà oltre 500mila utenti russi), ad aprire dal primo gennaio 2022 una sede in Russia per essere sottoposti alla legge e al controllo del regolatore locale. Le società potenzialmente soggette a tale disegno di legge include circa 20 colossi IT, tra cui Facebook, Instagram, TikTok, Twitter, WhatsApp, Telegram, Aliexpress, Gmail, Ikea, Wikipedia.org e anche aziende come Google o Apple.

 

La repressione digitale 2.0

Con gli accadimenti “reazionari” degli ultimi dieci anni, Putin ha capito che per avere la certezza di ottenere risultati elettorali a proprio favore non bastava avere il solo controllo delle schede elettorali (e quindi manipolare i risultati delle votazioni) ma era essenziale anche possedere il potere di gestire i flussi informativi su internet.

Dieci anni fa i cittadini russi hanno scoperto il potere di internet per denunciare gli illeciti compiuti dalla “oligarchia Putiniana”. Hanno iniziato a condividere notizie e mobilitare i manifestanti. Per la prima volta, il malcontento popolare si è trasferito dagli account dei social media alle strade. Sono quindi iniziate le proteste in numerose città russe e tutto ciò è continuato fino al 2013. A quel punto Putin si è mosso: ha disperso le manifestazioni, ha perseguito e incarcerato leader e attivisti dell'opposizione ed ha vietato alle stazioni televisive di seguire le proteste. Ma per lui non era sufficiente. Ha preso anche due importanti decisioni:

  • intervenire su internet in modo repressivo

  • ed introdurre il voto elettronico a distanza con il chiaro intento di manipolare i voti

Ed infatti, dal novembre 2019 Putin ha introdotto dei regolamenti che creano un quadro giuridico per una gestione statale centralizzata di internet all'interno dei confini della Russia. Il fine: consentire un isolamento della rete russa dall'internet globale.

Quindi a livello normativo si è deciso:

  1. l'installazione obbligatoria per i fornitori internet di attrezzature tecniche per contrastare le minacce esterne

  2. la gestione centralizzata delle reti di telecomunicazioni in caso di minaccia e un meccanismo di controllo per le linee di collegamento che attraversano il confine con la Russia

  3. l'implementazione di un Domain Name System (DNS) nazionale russo

Gli obiettivi perseguiti da questi regolamenti sono principalmente due:

  • creare un meccanismo per un'efficace sorveglianza di Internet all'interno dei confini nazionali. Quindi, come detto, tutti i fornitori di servizi Internet sono stati obbligati ad installare "attrezzature tecniche per contrastare le minacce alla stabilità, alla sicurezza e all'integrità funzionale di Internet sul territorio della Federazione Russa" (TSPU) sulle loro reti.

  • lo Stato doveva diventare il principale regolatore di internet. Ed infatti è stato creato il Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa che si chiama Roskomnadzor.

La tecnologia TSPU, dunque, è ufficialmente un mezzo per proteggere RuNet (l'internet russo) da minacce esterne ma in realtà è una potente tecnologia che consente una restrizione mirata della libertà di parola.

Il cane da guardia statale Roskomnadzor può inoltre utilizzare la cosiddetta Deep Packet Inspection (DPI) cioè una tecnologia che consente di monitorare, filtrare e rallentare il traffico Internet e le richieste degli utenti, nonché di bloccare dei contenuti specifici.

Installando la tecnologia DPI sulle reti dei fornitori di servizi Internet russi, Roskomnadzor può limitare, ad esempio, in modo indipendente la velocità di accesso a determinati siti Web e bloccare le informazioni senza mandare in crash l'intero RuNet. In questo modo lo Stato, quindi Putin, è in grado di centralizzare tutta la gestione dei flussi di informazioni in Russia.

Roskomnadzor, poi, ha colpito il cosiddetto "Smart Voting", il progetto lanciato nel novembre 2018 da Alexei Navalny che mirava a catalizzare i voti per gli attivisti attraverso l'uso di internet al fine di tentare di indebolire il partito Russia Unita di Putin. L'organo statale ha bloccato praticamente ogni piattaforma in cui il team di Navalny inseriva le proprie liste. Ha bloccato sia il sito Web Smart Voting in Russia che il sito Web di Navalny (navalny.com), insieme a quasi 50 siti a lui collegati. Con lo strumento TSPU ha bloccato anche il sito mirror di Navalny senza interrompere i servizi di Google in Russia. E per prepararsi alle scorse elezioni della Duma il censore russo ha testato questa tecnologia nel marzo 2021 rallentando l'uso di Twitter in tutta la Russia.

Attraverso Roskomnadzor, quindi, Putin ha il controllo totale sulle informazioni.

E' in grado di accedere ad "informazioni vietate" utilizzando i protocolli di reti private virtuali (VPN) o DNS su HTTPS (DoH). Inoltre, il principale fornitore di telecomunicazioni russo, sostenuto dallo Stato, Rostelecom ha proposto di vietare l'accesso ai server DNS pubblici di Google e Cloudflare.

Nell'imminenza delle elezioni alla Duma le autorità russe hanno finanche deciso di esercitare pressioni e minacciare le aziende del web con multe e azioni penali. Google e Apple hanno dovuto rimuovere l'app Navalny dai loro negozi in Russia. Google ha anche bloccato l'accesso ai Google Docs e ai video di YouTube pubblicati dal team di Alexei Navalny con la sua lista di candidati "Smart Voting". L'app di messaggistica di Telegram ha bloccato il bot "Smart Voting"

Putin, inoltre, ha controllato le elezioni anche con l'utilizzo del voto on line.

Il voto è avvenuto attraverso dei server statali registrando un account sul portale Gosuslugi (o mos.ru per Mosca) e la rete è tutta controllata dalle autorità o da società statali.

Il software elettorale si basa su una tecnologia blockchain ma i recenti test del 12-14 maggio scorso ne avevano evidenziato l'opacità per tutta una serie di problemi.

 

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