Si sprecano le decine di intimidazioni ricevute da amici e conoscenti negli scorsi giorni, colpevoli di aver portato bandiere o messaggi non allineati al volere di alcuni minuscoli gruppi che da sempre monopolizzano le piazze.
Stavolta vorrei però porre l'attenzione su un fatto successo a UniTo, al campus Einaudi, dove un banchetto di "Democrazia Sovrana Popolare", quelli di Improta per intenderci, sono stati minacciati da alcuni studenti estremisti dal lato opposto. Sono volate frasi del tipo "ve ne dovete andare", o "l'università è nostra", colpevoli di portare idee (le stesse, tra l'altro) ritenute troppo estreme. Da ventennio. Ora, io sono anche d'accordo nel considerare fascistelli questi quattro fenomeni che hanno la medaglia al valore di portare avanti TUTTI i complotti esistenti ed essere NO TUTTO, però c'è un abisso da qui al minacciarli per farli andare via.
Pensate che stronzo, sono finito a difendere il diritto all'espressione di piccoli Improta che dicono le stesse cose di chi li vorrebbe imbavagliare. Entrambi seguono folli teorie economiche e politiche, ma una parte è più numerosa dell'altra e di conseguenza ha una potenza intimidatoria molto più organizzata. Torino e le sue piazze sono da tempo sotto controllo dell'area più estrema e violenta della sinistra, dei No Tav violenti, no euro, no nuke e simpatizzanti delle BR.
Con Luca Romano abbiamo spesso parlato e analizzato la brutta aria (letteralmente, tra l'altro) che tira in questa città, e mi dispiace come questa notizia non sia passata sotto i riflettori. Quegli studenti, la cui faccia si vede chiaramente, dovrebbero essere richiamati in base alle regole dell'ateneo ed eventualmente espulsi per aver portato avanti metodi squadristi. Alla comunità LGBT ucraina è stato vietato di portare la propria bandiera al gay pride, così come sono stati strappati manifesti di supporto alla brigata ebraica che fece parte della resistenza.
E proprio qui mi rifaccio alle manifestazioni avvenute a ridosso del 25 aprile, dove ho assistito anche personalmente ad attacchi a chi portava con sé la bandiera iraniana o di associazioni radicali. L’intimidazione da parte degli autodichiarati “organizzatori” era all’ordine del giorno, che fosse a Torino, Bologna, Roma o Milano.
La polizia non poteva fare altro che prendere atto della situazione e allontanare i diretti interessati, ma non dimentichiamoci le parole udite in questi giorni, gli slogan urlati e la paura fomentata.
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