Si dice che nel preciso istante della morte tutti perdiamo 21 grammi di peso. Nessuno escluso
[21 grammi - il peso dell'anima di A. Inàrritu e G. Arriaga]
Oggi 31 maggio 2021 si conclude (forse) una vicenda dolorosa e surreale iniziata con uno dei fatti più drammatici dell'Italia moderna: il crollo del ponte Morandi.
Quindici giorni dopo quel tragico 14 agosto 2018 sarebbe dovuto scadere il primo di una serie di ultimatum improvvidamente emessi da Conte e dalla sua corte di miracolati a 5 stelle. "I morti non possono aspettare i tempi della giustizia" disse l'avvocato del popolo in spregio a quel corpo di norme di diritto che lui, giurista e ordinario di diritto privato, dovrebbe conoscere e difendere. Spinto dalla furia bieca del populismo e sull'onda emotiva dei 43 morti iniziò la più inconcludente delle sue battaglie mediatiche contro il buon senso e la realtà.
Nelle settimane che seguirono quel giorno di agosto l'unico atto concreto del governo fu la pubblicazione dei contratti di concessione fino ad allora sbianchettati dei dati economici. Poi il nulla o quasi fino alle settimane che precedettero l'inaugurazione del nuovo ponte che, per ovvie ragioni di opportunità, non poteva essere affidato ad ASPI ancora controllata da Atlantia. E allora il rincorrersi di nuovi ultimatum, di gogna contro i Benetton (che probabilmente da colpe non sono esenti) ignorando che la famiglia trevigiana era solo un azionista del concessionario pubblico.
Nella settimana del 7 luglio 2020 (a 23 mesi dal crollo) il cdm che avrebbe dovuto portare ad una decisione definitiva sulla revoca più volte annunciata fu rinviato 2 volte. Alla fine, poiché la realtà vince sempre (come la gravità), invece della revoca sbandierata, dal consiglio dei ministri uscì un'ipotesi di vendita forzata a Cassa depositi e prestiti. Ciononostante, poiché era troppo poco per il popolo pentastellato, Conte e i suoi ministri tentarono di far passare quell'offerta d'acquisto come un esproprio risarcitorio contro i Benetton. Il 15 luglio l'ex ministro Toninelli, quello che quasi 2 anni prima immaginava allegre famigliole che organizzavano pic nic sul ponte, inscenò su instagram la più clownesca performance che si sia mai vista da parte di un politico: la cacciata dei Benetton raccontata a mo' di mimo, roba che i balletti di Antonio Razzi sembravano quelli di Don Lurio.
A chi invece vive fuori dalla bolla della propaganda apparve invece chiaro che
i) l'inchiesta penale sarebbe restata separata dalla volontà politica del proprietario della rete;
ii) se lo Stato voleva davvero riprendersi la concessione avrebbe dovuto pagare;
iii) il prezzo non sarebbe potuto essere diverso da quello derivante da una valutazione a prezzi di mercato;
iv) la trattativa fra Atlantia e l'acquirente CDP non sarebbe stata affatto breve né facile;
v) a determinare la trattativa non ci sarebbe stata solo la ventilata minaccia di revoca ma anche, e ancor di più, gli oneri per le casse pubbliche di un'eventuale revoca della concessione prima del suo naturale termine;
vi) l'offerta pubblica avrebbe dovuto ottenere l'accettazione dell'assemblea degli azionisti di Atlantia.
Per arrivare all'accettazione di oggi ci sono volute 5 offerte e ben 4 proroghe delle scadenze vincolanti.
La prima, quella indicata dall'atto transattivo stipulato col MIT il 2 settembre 2020 scadeva il 31 ottobre 2020; la prima offerta fu formulata il 18 ottobre e prevedeva una forchetta di prezzo fra 8,5 e 9,5 miliardi di euro. Il 28 ottobre il Consiglio di amministrazione di Atlantia concedeva all'acquirente il nuovo termine del 30 novembre per formulare una nuova offerta. Il 23 dicembre veniva inviata una nuova offerta di acquisto ad un valore di 8 miliardi, inferiore al range indicato precedentemente. Il 31 gennaio 2021 il Consorzio acquirente chiedeva ad Atlantia l'estensione fino al 28 febbraio per l'elaborazione di una nuova offerta. L'offerta arrivava il 24 febbraio e prevedeva un prezzo di 9,1 mililardi con previsione di un indennizzo fino a 1,5 miliardi.
Il 31 marzo arrivava un'altra offerta al cui prezzo si aggiungeva un ristoro delle perdite dovute al Covid 19 fino ad un ammontare di 400 milioni, nonché (fra le altre) la clausola liberatoria delle garanzie Atlantia sui debiti di ASPI.
Il 14 maggio il consiglio di amministrazione di ASPI chiedeva al consorzio ulteriori modifiche migliorative fra cui la certezza dell'indennizzo per Covid 19, il riconoscimento ad Atlantia degli indennizzi assicurativi, la divisione al 50% fra venditore ed acquirente degli oneri connessi alle special indemnities.
Alla fine, come era logico, il consorzio capeggiato da CDP pagherà ASPI ad un prezzo prossimo a quello di mercato intorno ai 9,3 miliardi (8,1 miliardi più interessi). Ad Atlantia sarà garantito il ristoro per le perdite dovute alla pandemia calcolato tramite un incorporamento tariffario che può arrivare al 2025. Movyon (telepass) continuerà a gestire i sistemi di pagamento fino al closing con patto di non concorrenza per i 18 mesi successivi. I contratti infragruppo con controllate di Atlantia saranno rispettati.
Le parole vuote di Conte resteranno nella memoria dei pochi che ancora credono che il primo dovere di un politico e capo di governo sia quello di rispettare la verità. Per tutti gli altri, e tristemente sono la maggioranza degli italiani, Conte è ancora un personaggio credibile nonostante la quantità enorme di giravolte e falsità che è riuscito a collezionare da quando è sceso in politica. Poco importa se alle parole in libertà non sono mai seguiti fatti perché i fatti, che quelle parole evocavano, erano impossibili.
Quanto pesano quelle parole? 21 grammi, il peso dell'anima.