Basta turismo

Nei luoghi più affascinanti del nostro Paese, una minaccia occulta sta mettendo a rischio la ricchezza culturale e il tessuto sociale di intere comunità: l'overtourism.

Foto di user32212 da Pixabay

Mentre infatti solitamente il turismo gode di reputazione positiva e viene celebrato come generatore di PIL, al contrario il crescente flusso dei visitatori sta rischiando di stravolgere i territori, in un processo che presto sarà irreversibile se non controllato. 

In questo articolo, esploreremo in profondità le complesse implicazioni di questo fenomeno, analizzando il ruolo della classe dirigente, la necessità di dati accurati e le possibili soluzioni per proteggere il nostro patrimonio comune.

Uno dei punti cruciali da considerare è l’overtourism, definito come "l'impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dai cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori". Questo fenomeno richiede pertanto non solo un'analisi approfondita ma una regolamentazione adeguata e stringente. 

Innanzitutto sarebbe fondamentale avere  dati reali. Al momento attuale infatti il settore è travolto da una immensa mole di dati che sono però restituiti ad usum delphini, oppure sono dati storicizzati, che servono ad analizzare il passato ma poco utili per intervenire sul presente. L'attuale modello di analisi dell'andamento turistico si basa principalmente sul conteggio dei flussi di passeggeri aerei, autostradali e sulla raccolta delle registrazioni negli hotel e bed&breakfast. Il dato del fatturato però non può essere utilizzato come indicatore affidabile, in quanto questo settore è spesso vittima dell'evasione fiscale.

Inoltre i dati quantitativi annunciati in maniera roboante sui media, non considerano mai i parametri qualitativi nè la capacità di carico , cioè i costi che i numeri comportano e il loro impatto sulla popolazione locale e sui luoghi.

Ad esempio, i profitti delle attività di bar e ristoranti sono anche dovuti ai contesti in cui si trovano: centri storici , piazze, monumenti , paesaggi, il cui costo di manutenzione grava sull’intera cittadinanza. Così come i costi della raccolta e smaltimento dei rifiuti, dell’’erosione delle strade. 

La richiesta sempre più pressante di affitti brevi sta portando il fenomeno della gentrificazione a livelli mai visti in precedenza. I ricavi dalle locazioni brevi sono molto più convenienti per i proprietari di appartamento e di conseguenza il mercato di riferimento diventa la trasformazione degli appartamenti in case vacanza mentre gli affitti a medio e lungo termine diventano inaccessibili.

Questa  tendenza spinge i residenti  a spostarsi sempre più lontano dai centri storici, mentre le città si trasformano in hotel diffusi con lavoratori a basso costo per i servizi collaterali (lavanderie, check in, pulizie, ecc...).  È il paradosso del turismo: quando i luoghi diventano desiderabili vengono travolti dalle masse che vogliono vivere quell’esperienza e di conseguenza ne deprimono l’attrattività.  

Quindi ciò che aveva un valore accresciuto dalla domanda, diventa una bolla che scoppia, con le conseguenze tragiche che abbiamo potuto vedere in altri Paesi . 

Inoltre il turismo come “monocoltura” inzia ad essere un problema per il territorio, come succede ad esempio in Toscana. Secondo i dati dell'IRPET, vi è un impoverimento progressivo dato dal lavoro a bassa specializzazione e dai bassi salari, spesso peraltro erogati al nero . 

Secondo l'opinione del professor Boldrin, si invoca invano il libero mercato nell'ambito del turismo, poiché si tratta sempre di fattori non riproducibili, a differenza di oggetti come telefoni cellulari, automobili, ecc., che nel corso degli anni contribuiscono a una riduzione del prezzo di tali beni riproducibili.

Molti Paesi stanno cercando di mettere un freno al fenomeno con provvedimenti anche estremi, ad esempio la città di Amsterdam sta adottando misure attive per scoraggiare i visitatori e così sta facendo Barcellona, anche a seguito delle manifestazioni di protesta dei residenti che hanno portato  i governi e la politica a emanare ordinanze di calmieramento.

Le soluzioni  sarebbero chiare ma radicali: si potrebbe optare per una tassazione più incisiva sulle attività turistiche, aumentando così il costo e rendendolo accessibile a una cerchia più ristretta. L'alternativa è l'ipotesi di statalizzare l'intero settore, limitando l'accesso e assegnando tramite asta la gestione dei servizi. Tuttavia, è improbabile che la classe politica adotti queste soluzioni, dato che preferisce rimandare sempre le decisioni impopolari. Purtroppo i cittadini che subiscono le esternalità negative dell’ overtourism quasi mai riescono ad organizzarsi e a fare lobbying, mentre gli operatori privati che traggono beneficio dall'attività turistica rappresentano gruppi di pressione. 

Il Ministero del Turismo, che nel nostro Paese sconta il doversi confrontare con le Regioni, che per il Titolo V della Costituzione hanno la delega sulla materia, anziché operare per controllare il problema , persevera in campagne pubblicitarie di attrazione del turista, creando un mismatch fra percezione e realtà. Le Regioni a loro volta promuovono se stesse senza un coordinamento  a livello nazionale, con notevoli sprechi di risorse.

È giunto il momento di porsi una domanda fondamentale: quale eredità vogliamo lasciare alle future generazioni, una terra depauperata o una nazione che sa tutelare e valorizzare il proprio patrimonio comune?

Sinossi a cura di: Harry Shergill e Ernesto Vinci 

Basta con il turismo

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