Cortesie di regime
Il Venezuela sta avviando un'indagine penali contro i leader dell'opposizione che contestano le elezioni di fine Luglio per aver incitato la polizia ed i militari ad infrangere la legge, secondo quanto dichiarato dal procuratore generale Tarek Saab.
Il segretario di Stato USA Antony Blinken ha dichiarato che sussistono "prove schiaccianti" della vittoria di Gonzalez, riconosciuto come vincitore dagli Stati Uniti. All’incirca 12 milioni di venezuelani sono andati a votare: il processo di voto e l'annuncio dei risultati da parte del Consiglio Elettorale Nazionale (CNE) controllato da Maduro sono stati tuttavia profondamente viziati, generando un esito che non rappresenta la volontà del popolo.
Il CNE non ha infatti esitato a dichiarare Nicolás Maduro come vincitore con il 51,2% dei voti e la conseguente sconfitta di Edmundo González Urrutia con il 44,2%, nonostante l’assenza di prove, dati e, ancor meno, verbali delle votazioni, a sostegno.
L'opposizione politica venezuelana e i suoi sostenitori si sono recentemente riuniti in diverse città del paese per chiedere il riconoscimento della vittoria del loro candidato nelle elezioni presidenziali, tenutesi quasi tre settimane fa.
L’opposizione chiede un riconteggio dei voti e dichiara “presidente eletto” il suo candidato Edmundo González Urrutia. La coalizione capitanata da Machado ha pubblicato l'80% dei verbali direttamente dalle stazioni elettorali, indicando che Edmundo González Urrutia ha ottenuto la netta maggioranza con un margine di quasi 4 milioni di voti. Osservatori indipendenti hanno confermato i fatti, suffragati anche da exit poll e conteggi rapidi. Nessun paese è riuscito ad accertare che Maduro abbia ricevuto più voti.
I partiti di opposizione accusano inoltre il governo di aver ostacolato la campagna di González impedendo la partecipazione di osservatori indipendenti.
La leader, nonché volto dell’opposizione, Maria Corina Machado, è stata inoltre esclusa dalla corsa elettorale già a marzo.
Il presidente Maduro attribuisce il ritardo nel conteggio dei voti ad un attacco informatico e ne indica Machado quale principale mandante: una versione però immediatamente smentita dal Carter Center. WhatsApp verrà bloccato e sostituito con Telegram, affermando come l’app di messaggistica SIA stata utilizzata per minacciare le famiglie dei soldati e degli agenti di polizia.
Nove paesi sudamericani, tra cui Colombia, Brasile e Perù, hanno richiesto una revisione indipendente del voto. Anche l’Unione Europea ha richiesto l’accesso a risultati e documenti verificabili. Al contrario, la vittoria di Maduro è stata immediatamente riconosciuta dagli alleati regionali quali Cuba, Nicaragua, Bolivia e Honduras. Lo stesso è valso per una serie di simpatizzanti autoritari oltreoceano come Russia, Cina, Iran e Siria.
La comunità internazionale ha suggerito diverse soluzioni, tra cui nuove elezioni, ma la maggior parte di queste proposte è stata respinta sia dal governo che dall'opposizione.
If streets could talk
Dopo l’ennesima controversia elettorale, e nonostante gli osservatori internazionali ne abbiano denunciato l’assenza di regolarità e di un processo democratico, Nicolás Maduro sembra essersi saldamente arroccato sul trono Venezuelano. Le forze di sicurezza di Maduro hanno arrestato centinaia di oppositori politici e represso le proteste con forza. Nonostante il malcontento popolare e le crescenti difficoltà economiche, le manifestazioni contro il governo stanno perdendo vigore, lasciando molti a chiedersi se ci sia ancora speranza per un cambiamento democratico.
Martedì 30 Luglio, i partiti dell’opposizione hanno segnalato l’arresto di Freddy Superlano, una delle principali voci contro il regime. Su queste orme, nonché presupposti, Maduro afferma di voler reprimere il cosiddetto tentativo di colpo di stato. Un’intera generazione è in strada per tentare di “ribaltare” un leader che non possono estromettere, abbattendo statue e simboli legati al movimento socialista.
Durante le proteste, il governo ha arrestato circa 2.400 persone e causando almeno 23 morti, come confermato da Human Rights Watch. Gli stessi Gonzalez e Machado hanno invitato militari e polizia a schierarsi con il popolo. Nonostante ciò, la lealtà delle forze armate sembra essere inscalfibile.
Anche a fronte della “profonda preoccupazione” da parte di paesi esteri come gli Stati Uniti, rimuovere Maduro sarà estremamente complicato, considerando il rafforzato controllo su esercito, polizia, magistratura e media.
Brasile e Venezuela hanno raggiunto un accordo diplomatico in seguito alla rottura delle relazioni causata dalla contestazione delle elezioni. Il Brasile rappresenterà gli interessi di Argentina e Perù a Caracas, dopo che il Venezuela ha interrotto i rapporti con questi due Paesi in seguito alla loro riconoscenza del candidato dell'opposizione Edmundo Gonzalez quale vincitore delle elezioni del 28 luglio.
Il governo brasiliano, insieme a Colombia e Messico, ha chiesto la pubblicazione completa dei risultati elettorali, ma le autorità venezuelane non hanno ancora provveduto, proclamando piuttosto la vittoria di Nicolas Maduro, titolare un terzo mandato. L'accordo, effettivo da lunedì, assegna all'ambasciata brasiliana a Caracas la custodia degli uffici diplomatici di Argentina e Perù in Venezuela, inclusi proprietà e documenti. Oltre ad Argentina e Perù, anche i diplomatici di Cile, Uruguay, Panama, Costa Rica e Repubblica Dominicana hanno lasciato il Venezuela a seguito del riconoscimento di Gonzales quale vincitore da parte dei rispettivi governi.
Il Carter Center, una delle poche organizzazioni internazionali invitate a monitorare le elezioni, afferma di non poter verificare i risultati in quanto il governo non ha diffuso dati completi sul campo. I partiti di opposizione sperano che la pubblicazione di un database con risultati dettagliati aumenti la pressione su Maduro affinché rilasci i dati elettorali. Nel frattempo, il popolo venezuelano si prepara ad una repressione, poiché diventa chiaro che Maduro non trasferirà facilmente il potere.
Paesi come Brasile, Messico e Colombia, guidati da leader di sinistra, hanno adottato un approccio più morbido rispetto agli Stati Uniti, evitando di dichiarare apertamente la sconfitta del “dittatore” in carica. Questi paesi potrebbero avere un'influenza significativa su Maduro, ma sembrano preferire mantenere aperti i canali diplomatici piuttosto che adottare misure drastiche. Il Brasile, sotto la guida di Luiz Inácio Lula da Silva, ha mostrato segnali di frustrazione, ma ha anche evitato di prendere posizioni drastiche. Il governo brasiliano ha offerto protezione ai membri della campagna di González rifugiati nell'ambasciata argentina a Caracas ma allo stesso tempo Lula persevera nel caratterizzare la disputa elettorale come un disaccordo risolvibile nei tribunali venezuelani, “tralasciando” il fatto che questi siano controllati da alleati del governo in carica.
C’è il serio sospetto che il Brasile non intervenga direttamente in modo da preservare una certa stabilità nella regione, considerando l'alto numero di migranti venezuelani già presenti nel Paese. Il presidente messicano López Obrador ha avvertito l'amministrazione Biden di non prendere decisioni affrettate in assenza del conteggio finale dei voti.
Nonostante le sanzioni e l'isolamento internazionale, Maduro mantiene inoltre il sostegno finanziario di Russia, Cina e Iran. Il presidente, durante una marcia a sostegno del governo, ha promesso una crescita economica dell'8% per quest'anno e criticato duramente i suoi oppositori e i critici internazionali.
L'amministrazione Biden è cauta nell'imporre nuove sanzioni economiche, temendo ulteriori danni all'economia venezuelana ed un aumento della migrazione verso gli Stati Uniti, concreto problema della campagna elettorale dei Democratici.