Perché la scelta di sostenere o meno gli ucraini è un nostro affare
Questa guerra ci pone di fronte a un tema che fin in troppi in Italia sembrano essersi dimenticati: il significato della libertà.
Libertà è la possibilità nel rispetto delle altrui possibilità.
Libertà è poter scegliere in un mondo pluralista che è tale solo proprio grazie ad essa.
La libertà è il fondamento di ciò che è l’Occidente e dei suoi valori, del suo progresso passato e futuro, e che per noi europei, nel bene e nel male, è garantita oramai da decenni grazie ad organismi quali la NATO e la Comunità Europea.
Una libertà, la nostra, che è figlia del sangue e della violenza, dell’opposizione a una mentalità animale e disumana che non ha portato altro se non morte e distruzione.
Sono le azioni a definire ciò che siamo.
Sei libero di sostenere Putin certo, ma tale scelta ci obbliga a ricordare ciò che allora sarai: un’ipocrita negazionista.
Questo conflitto nasce ben prima del 2022: è figlio della reazione di chi, nel rimpiangere un passato oscuro di oppressione e degrado socio-economico, ha voluto opporsi alla decisione degli ucraini di guardare a Occidente e ad aderire ai nostri valori.
Chi sei tu per negare le tue libertà a un intero popolo che la desidera?
Sostenere Putin oggi, nel nome di un’apparente e non meglio qualificata sicurezza, è scegliere un futuro in cui si torna alla legge della giungla, al prevalere della violenza bestiale sulla civiltà.
È scegliere di negare la nostra volontà di essere uomini.
È negare la nostra possibilità di scelta, è rifiutare la storia per la verità di regime. Già la verità di regime, perché quello in corso è un tentativo di cancellazione di ciò che è l’Ucraina, fatto che non è di certo una novità nella storia.
A Bologna abbiamo ricordato non solo quanto è accaduto e sta accadendo in questi mesi, ma anche uno dei peggior casi di crimini contro l’umanità che si è consumato oramai novant’anni fa: il genocidio dell’Holodomor. Evento questo che ben pochi qui in Italia – come ho amaramente constatato – conosco, il che non di certo mi soprendere: per citare Boldrin e Anichini,[1] in questo paese non abbiamo ancora accettato una certa parte della Storia.
Holodomor fu una carestia voluta da Stalin, un genocidio perpretato in nome della sua rivoluzione dall’alto in una realtà di complessità nazionale quale è stata l’URSS, figlia sì – per citare Gramsci – di una Rivoluzione, ma non contro il capitale, bensì contro il Capitale di Marx stesso.
Holodomor è un evento figlio di un’abnorme varietà di questioni che spaziano dalle lotte interne ai bolscevichi alle caratteristiche contadine e nazionalistiche dell’URSS, dalla natura di despoti come Stalin alla visione dello stato comunista, specialmente in ambito economico.[2]
Holodomor ha riguardato anche il Kazhakistan, il Caucaso, la regione del Volga, ma nella sola Ucraina in pochi mesi ha provocato la morte di almeno 4,5 mln di persone, una lenta e dolorosa morte per fame, perpreta con inaudita violenza e ferocia che non ha risparmiato nessuno, neppure i bambini.
Sono forse queste delle morti di serie B? Una storia di serie B? Non per noi.
A Bologna li abbiamo voluti ricordare, riconsocendo la lezione che gli ucraini ci stanno dando con la loro resistenza a Putin. Gli ucraini ci ricordano cosa sia il valore della libertà e il peso delle nostre scelte, una possibilità la cui difesa vale l’intero costo che siamo chiamati a pagare. E se a fronte di questo vi diranno comunque che tali valori non contanto in nome dell’odierna crisi economica e sociale, dimostrando così la loro ipocrisia nell’usarli solamente quand’è più comodo, chiedetegli questo: sono stati gli ucraini a causarla?
Sono stati gli ucraini ad attaccare la Russia? Sono stati gli ucraini a dirci di rifornici del gas da Putin senza diversificare e senza piani di emergenza? Sono stati gli ucraini a dirci di chiudere le centrali nucleari? Su cosa si fonda il nostro progresso economico? In cosa eravamo diversi dai regimi totalitari dell’est negli scorsi decenni?
Che invero se non gli interessa la questione dei valori, ricordate loro in quali paesi finisce l’export ucriano dei cereali: davvero accettano di dare un’arma con quella migratoria a un individuo come Putin, quando manco riusciamo a gestire la questione con paesi alleati come la Turchia?
Memento mori: nostre sono le scelte, nostro è il prezzo da dover pagare.
Scegliete con la dovuta attenzione.