Ci sono cose molto strane, per alcuni inconcepibili, che capitano talvolta alle teste pensanti e agli spiri liberi. Capita, per esempio, di non essere d’accordo con persone di cui hai grande stima e di cui in genere condividi il pensiero.
Mi è successo con la prof Elsa Fornero, per un editoriale dal titolo abbastanza emblematico:
"Eppure sui giovani Enrico Letta ha ragione" pubblicato sul quotidiano La Stampa dal
Dell’articolo in realtà condivido integralmente l’analisi delle problematiche sui giovani e anche la parte propositiva nella quale vengono evidenziate le necessità di promuovere la crescita economica, di intervenire sull’architettura del wellfare state e di realizzare correzioni all’attuale distribuzione della ricchezza, risultato di alcuni accidenti storici e di interazioni sociali scarsamente meritocratiche e, in molti casi, per nulla competitive.
Dove si concentra allora il mio dissenso? Sul passaggio che segue:
La proposta di Letta, che ha subito generato molte più polemiche del ragionevole, si colloca in quest’ambito e riguarda le generazioni travolte dal Covid, smarrite nel distanziamento e nella Dad. Può essere stata formulata nel momento sbagliato ma serve intanto a controbilanciare l’irragionevolezza e l’iniquità di altre redistribuzioni già realizzate (come quota 100, che certo non è andata a favore dei giovani, anche perché finanziata con il debito) o rivendicate, come la flat tax che sfavorirebbe ancora i giovani, che certo non sono titolari dei redditi più elevati. In definitiva, se la proposta di Letta non è il toccasana per i giovani, un po’ di seria discussione certo la merita.
Spiego il mio punto con un esempio. Quando Mario Draghi ha menzionato il problema dei giovani, prima nel discorso di Rimini dello scorso anno e poi in modo più dettagliato nel discorso alle camere per l’insediamento è partito da un’autocritica: è la classe dirigente che ha guidato il paese negli ultimi decenni ad aver sacrificato ingiustamente il futuro dei giovani e dunque è su di essa che ricade il dovere morale di intervenire e di interrompere l’iniquo trasferimento tra generazioni. Un’autocritica alla quale è seguito anche il gesto simbolico di rinunciare al proprio compenso e la proposta concreta di riformare la società per restituire ai giovani e alle donne la prossimità gli spazio e le opportunità oggi riservati agli uomini e ai meno giovani.
La professoressa Fornero, con la legge che porta il suo nome, ha dato un contributo fondamentale alla riduzione delle ingiustizie tra generazioni ben più importante e, di fatto incomparabile, di qualunque mancia opportunistica la classe politica, che dette ingiustizie ha causato, possa temerariamente proporre per mettere a posto la coscienza.
Dunque non discuto le intenzioni della misura, di certo nobili, né l’utilità che il dibattito pubblico venga indirizzato verso queste tematiche. Critico la miopia e scarsa profondità di analisi di un partito politico che a fronte di problemi rilevanti, di cui è in parte causa, è capace solo di promettere nuovi sussidi, vincolati a logiche burocratiche e finanziati con imposte aggiuntive che renderebbero ancor più distorto un sistema fiscale già ampiamente disfunzionale.
No, non credo che Letta abbia ragione. Penso piuttosto che Mario Draghi in pochi mesi stia dando una fondamentale lezione di politica a chi a questa attività di dedica a tempo pieno. Invece di inseguire estremismi e populismi il partito democratico dovrebbe semplicemente prendere appunti e seguire le indicazioni, il risultato sarebbe rivoluzionario.