Sarà infatti vero che posso ancora dirmi figlio di una realtà dove dovrebbe dominare l’incontro nella realtà con gazebi, manifesti appesi e incontri diffusi, invece che di gare a chi fa più like su Tik Tok iludendosi di chissà quale consenso accumulato, ma al di là di queste valutazioni di metodo guardiamo i dati: la vittoria del centro-destra (qualunque cosa sia diventato), è chiara e netta, figlia dell’espressione del voto della maggioranza degli italiani.
Il Centro-sinistra: sconfitta meritata, per non dire voluta
Badate bene, non voglio qui far giudizio di difesa partitico e fermo restando che una decisione presa a maggioranza non è comunque necessariamente la migliore, resta il fatto che il risultato è comunque democraticamente conseguito, ergo il centro-sinistra con i suoi militanti e sostenitori non può lamentarsene, sbraitando di truffe e compiendo occupazioni come nel caso di Milano.
La sconfitta è meritata, mai visto una tale campagna elettorale portata avanti con così tanto inezia ideologica da un partito “nazionale e di peso”; usare la via del “noi o loro” ha senso se e solo sé presenti un programma sensato e solido cosa che – come potete leggere nell’articolo sul programma del PD scritto da Costantino – era totalmente assente, una mancanza coperta dalla sistematica retorica della minaccia fascista che è così masochistica da chiedersi se non vi fosse una volontà di perdere.
De facto da tale elezioni si conferma l’esistenza di uno zoccolo duro di sinistra, ma il risultato è comunque sceso e di questo Letta ne ha piena responsabilità, un fatto inequivocabile a fronte del quale doveva dimettersi senza se e senza ma che lo consegna alla Storia come il primo grande sconfitto di questa tornata elettorale.
Tralasciando infatti ogni commento superfluo sulla formazione tutto fuorché ambientalista di Sinistra Italiana, piuttosto che di Più Europa (no comment davvero), chi è allora il secondo grande sconfitto?
Ma ovviamente Salvini.
Il Centro-destra: convinvenza forzata tra rancori e programmi
Badate bene: non fate l’ingenuo errore di pensare che il centro-destra sia un campo di fiori dove tutti si tengono per mano festeggiando la vittoria.
L’unica persona che può lì festeggiare è Meloni, sebbene non lo possa fare per tanto; la coalizione è solo l’emanazione in dimensione partitica di correnti di partito in conflitto fra loro, per quanto le altre gambe della coalizione si prodighino nel celebrare la vittoria.
Se infatti da una parte vi è il problema della compatibilità tra programmi e tra questi e le dichiarazioni (pensioni, reddito di cittadinanza, bonus, politica estera ecc), sempre assumendo che quanto detto dai meloniani in queste settimane sul rispetto formale della disciplina di bilancio non sia quello che è, ovvero uno specchio per le allodole che va vagliato sostanzialmente, personalmente non voglio spendere ulteriori parole su FDI.
Il mio odio personale per quel movimento e i relativi emissari è talmente aspro che potrei perdere di obiettività metodologica, tant’è che l’unica cosa che mi sento di poter dire è che va riconosciuta la capacità di aver saputo sfruttare il momento, forti di quelle caratteristiche di metodo che si portano dietro dal MSI (la storia è storia, non negatela e non mi parlare manco della “svolta” di Fiuggi).
In tal senso basta infatti guardare il risultato nel mio Veneto: come hanno fatto a prendersi più del 30%? Semplice: ringraziate Salvini.
Mentre infatti Capitan Papete se ne andava in giro a blaterare del sudore dei propri avversari e di panini alla salsiccia, la roccaforte veneta è saltata per effetto del voto di protesta della peggior specie.
Salvini, nel suo tentativo pluriennale di diventare il nuovo riferimento di un nuovo cdx post Berlusconi, ha bruciato quelle che restava della Lega originaria, specialmente l’organizzazione, la gente del territorio e il federalismo, tutti aspetti che ai veneti – vuoi anche la candidatura di persone come Nordio in FDI che per quanto professionalmente rispetti, politicamente mi disgustano per la scelta di schieramento, stessa cosa dicasi di Terzi – non vanno di certo giù.
Complice invero la crisi economica figlia della guerra del suo amico Putin e il gioco è fatto: valanga di voti a un partito oltre modo centralista, in una coalizione de facto non federalista (non prendiamoci in giro), per quanto gente come Formaggio parli in senso contrario (della serie “fammi il favore di farmi il favore, non mi chiamo John Condor”).
E se da una parte la Lega perde, certamente Forza Italia a ben poco da brindare.
Anche Berlusconi – tra le cui responsabilità storiche vi è proprio la legittimazione di FDI dai suoi movimenti precedenti – non può festeggiare il risultato di coalizione: il partito continua a perdere e a farlo sempre peggio. Che intendo dire?
Che per quanto sul territorio Forza Italia abbia persone di valore, metodo e sani principi, il loro sforzi sono letteralmente schiacciati da un nazionale il cui programma è tutto fuorché coerente con i valori che esso stesso dichiara di sostenere (dove sta il liberismo economico e sociale?), al che si aggiunge la gestione stessa del partito.
Se infatti la mancanza di una struttura territoriale solida e nazionalmente rispettata è una questione antica legata alla fondazione stessa del partito, resta il fatto che “effetto Berlusconi” tanto ne ha fatto la fortuna quanto ne è la maledizione. Quanto potrà reggere ancora una tale linea di azione?
Certo vi è uno zoccolo di “affezionati”, ma una tale metodologia ritengo che sia ormai chiaramente giunta al termine con quanto ne consegue, tant’è che a tal proposito non vedo come si sia potuto pensare di stigmatizzare il Terzo Polo.
Il Terzo Polo: una futura alternativa? Forse
Lo stesso Calenda ha ammesso il mancato raggiungimento dell’obiettivo della doppia cifra, ma va detto: è un risultato comunque di tutto rispetto, vista altresì la potenziale distribuzione di età degli elettori. Contestare una cosa del genere è tutt’altro che intelligente: è un possibile atto di paura.
Infatti se il Terzo Polo riuscirà a strutturarsi e a darsi una regolata, forse verrà fuori una valida alternativa per una parte di paese che da anni non è più in tal senso rappresentata, il che comunque appunto figlio di un grosso se. Non è infatti facile per una realtà che dovrà rafforzarsi sul territorio con a capo due persone come Renzi e Calenda che dovranno convivere; il primo infatti a ceduto la camapagna elettorale al secondo, ma dubito seriamente che se ne starà in disparte.
Specie se Calenda non la smetterà di rilasciare continue dichiarazioni che sono tutto e il contrario di tutto, cambiando opinione nel giro di poche ore: certe scelte richiedono la volontà di essere prese, poco importa se non sono apprezzate elettoralmente sul momento, altrimenti non si è cambiamento.
Conclusioni: il lento – fin troppo lento – declino dei 5 stelle
Osserviamo infine quella che è la parabola dei 5 stelle, senza dedicare tempo a realtà come Noi Moderati, la riconferma che tentare l’accozzata di trasformisti e usciti da FI per cercare di fargli le scarpe nel cdx – mettendo pure un imprenditore come primo uomo – non funziona, piuttosto che Italexit, Unione Popolare, Vita ecc, il cui risultato complessivo è comunque un pessimo segnale rispetto ai temi dell’Europa e di una vita vissuta alla luce del realismo.
I pentastellati continuano nella loro parabola discendente, per quanto non sia abbastanza in fretta la loro dipartita agli annali delle disgrazie di questo Paese.
Il risultato raggiunto rimane comunque un titolo per Conte, consegnandoci di fatto un disegno di un’Italia spaccata a metà, vedendo le percentuali bulgare da loro conseguite nel Meridione, vedasi in fatti il caso della sedicente roccaforte (dove?) rossa della Puglia ove Emiliano è finito a dire che votare i 5 Stelle dava più probabilità di vittoria sulla destra, riprova della natura sinistra dei 5S, sebbene non sia chiaro come.
Al di là infatti delle odierne scaramucce, il Movimento si inserisce sullo spazio lasciato dal PD a sinistra che ai temi storici dell’eguaglianza e della classe operaia ha preferito incentrarsi su ben altro, copiando malamente (non una novità per citare sostanzialmente Rampini) la sinistra americana.
Tuttavia tale inserimento non è perfetto per riprendere l’analisi di Biondo durante la live post voto: da quanto un programma politico fondato su bonus e marchette è definibile di sinistra? È ben peggio dello stato sociale della I° Repubblica, tant’è che pubblicamente chiedo ai loro sostenitori: ma con quale coraggio venite ad oggi ad urlare che l’Italia merita il disastro?
Da quale pulpito e con quale forza etica venite voi a parlare, voi che con due governi Conte avete fatto retrocedere di anni questo paese?
Davvero la ciliegina sulla torta di questo immenso circo che chiamiamo politica italiana, sarà davvero interessante capire come andrà a finire la storia della loro alleanza col PD dopo il suo congresso.
E badate bene: in tutto questo mi rifiuto di parlare dell’astensionismo crescente.
Davvero dobbiamo commentare ripetendo discorsi ormai triti e ritriti? Direi non questa volta.