Perché (non) si può stampare moneta all’infinito e altre bugie

Dal passo biblico sulla manna dal cielo ai bond perpetui a tasso zero del viceministro Castelli, passando per la pietra filosofale e la fonte dell’eterna giovinezza, la possibilità di vincere la scarsità delle risorse in natura ha da sempre affascinato gli uomini.

Dal passo biblico sulla manna dal cielo ai bond perpetui a tasso zero del viceministro Castelli, passando per la pietra filosofale e la fonte dell’eterna giovinezza, la possibilità di vincere la scarsità delle risorse in natura ha da sempre affascinato gli uomini.

Non è un caso che l’economia, che studia come gestire al meglio queste risorse, sia anche nota come “scienza triste” e che, periodicamente, venga additata come capro espiatorio per tutti i mali del mondo.

In tempi più recenti, considerando che i miracoli e la magia, pur restando abbastanza in alto nella classifica dei best seller, hanno perso parte del loro appeal tradizionale, il diavolo tentatore dell’abbondanza senza limiti ha scoperto l’efficacia mediatica di un binomio accattivante: “creazione” e “moneta”.

A ben guardare, si tratta del delitto perfetto, il primo termine evoca meraviglie ancestrali e la possibilità di superare le leggi di conservazione dell’energia, il secondo rientra tra i simboli più diffusi ed efficaci del valore materiale, della concretezza e dei “piedi per terra”.

Passando dai concetti astratti alle persone, stiamo dicendo che l’aspirazione umana a trascendere i limiti del mondo materiale incontra il pragmatismo criminale dello schema Ponzi e partorisce un mostro a due teste: l’opportunista tattico fa credere agli altri (talvolta anche a se stesso) che sia possibile ottenere risorse dal nulla, ma al tempo stesso è consapevole che i vantaggi immediati saranno ottenuti a spese di qualcun altro, che si tratti delle generazioni future, dei cittadini di un altro paese o di un altro gruppo di persone all’interno della stessa nazione.

Per smentire i racconti miracolosi sulla creazione di ricchezza dal nulla, dovrebbe essere sufficiente una veloce rilettura di Pinocchio, in particolare del capitolo riguardante il campo dei miracoli. Le brevi spiegazioni di questo post saranno dunque indirizzate a combattere l’argomento mostruoso appena descritto, concentrandosi sulla seconda testa, quella più insidiosa e pericolosa, perché invece di inseguire l’ideale di un pasto gratis che non può esistere, persegue per vie traverse l’obiettivo deprecabile di scaricare il conto su qualcun altro.

Esiste un modo poco ortodosso per esorcizzare il fantasma pernicioso della moneta che moltiplica i pani e i pesci, uno stratagemma semplificato che potrebbe far arricciare il naso a qualche purista, ma che risulta piuttosto efficace: pensiamo la moneta come un titolo di credito, un documento che mi dà diritto a ricevere una certa quantità di beni e servizi da parte di un soggetto privato.

È di tutta evidenza che, se il debitore è un soggetto molto affidabile, che può offrire ai creditori la possibilità di ottenere come rimborso una grande varietà di beni (ad esempio un marketplace molto grande come Amazon), allora molte controparti troveranno conveniente accettare quel credito come mezzo di pagamento.

È altrettanto evidente che il valore del credito si può modificare nel tempo, ad esempio se si diffonde la voce che il debitore impiega troppo tempo per consegnare le merci o se la qualità di queste ultime non è conforme alle aspettative, il credito si svaluterà: per accettarlo come mezzo di pagamento, un soggetto che agisce in modo razionale, richiederà uno sconto, cioè sarà cioè disposto a scambiarlo con quantità inferiori di beni reali.

Cosa cambia se affidiamo a un solo soggetto, la banca centrale, il compito di regolare la quantità di moneta in circolazione? A meno di una serie di passaggi operativi, che includono il ricorso a intermediari finanziari, che si interpongono tra il soggetto che controlla la quantità di moneta e gli altri operatori economici, i limiti esposti nell’esempio semplificato rimangono tutti e minano le fondamenta di qualunque castello di carte sovranista.

Può la banca centrale stampare moneta all’infinito? Certo, ma siccome il “credito potenziale” disponibile nell’economia è limitato, se la quantità di moneta eccede questo limite, il suo valore reale risulterà proporzionalmente ridotto. Se circolano 10 buoni che danno diritto a ritirare una mela e le mele a disposizione sono 8, esisterà una certa possibilità di non riuscire ad ottenere il frutto e, dunque, chi li riceve gli attribuirà un valore reale inferiore a quello di una mela. Se i buoni sono 100 o 1000 e le mele sempre 8, questi titoli saranno carta straccia, perché la probabilità di non riuscire a ritirare il frutto sarà molto elevata.

A complicare la questione c’è l’incertezza e l’informazione incompleta da parte degli operatori. Se io non posso sapere con certezza quante sono le mele, quanti i buoni in circolazione e quando e chi deciderà di convertirli, vuol dire che la mia valutazione sarà basata principalmente sulla fiducia che ho nei confronti dell’emittente dei buoni. È questo il motivo per il quale è fondamentale che la banca centrale sia indipendente dal potere politico e disponga di credibilità sufficiente per garantire il valore della moneta: la “reazione a catena” che si innesca quando il pubblico perde fiducia nella moneta può velocemente diventare incontrollabile.

Che succede se la banca centrale acquista titoli di debito di un governo e poi li distrugge? Succede che gli operatori privati gradualmente cominceranno a guardare alla moneta come ai buoni dell’esempio in cui il numero delle mele è inferiore a quello dei titoli in circolazione. Dunque il conto da pagare si scaricherà sui dipendenti e sui fornitori del governo che a fronte di beni e servizi reali riceveranno una moneta che nel tempo vale sempre di meno. Una misura di quanto la moneta perde valore è data dall’inflazione, che è la variazione del livello generale dei prezzi. Se i prezzi salgono, la stessa quantità di moneta può comprare quantità sempre minori di beni fisici.

Dunque non c’è un guadagno nell’avere una propria valuta, non hanno senso le nostalgie per la lira e le narrazioni sull’uscita dall’euro? È indifferente che la nostra valuta si chiami lira o euro: quello che conta è la credibilità del soggetto che la emette. Se abbandoniamo l’euro per aumentare a piacimento la quantità di buoni che circolano rispetto alle mele otterremo carta straccia, con il non trascurabile particolare che tutti i nostri risparmi, verrebbero ridenominati nella nuova valuta e perderebbero immediatamente di valore.

Ma allora che dire delle leggendarie svalutazioni competitive? Quando si poteva svalutare la lira e favorire le importazioni? Non esistono pasti gratis: se la lira vale meno rispetto alle altre valute e riesco a vendere all’estero una quantità maggiore di prodotti italiani, vuol dire che mi costeranno di più i beni che importo e le materie prime, dunque il presunto beneficio per le aziende che esportano verrà compensato dai maggiori oneri per chi importa. Più in generale, se la moneta vale di meno, perché i prezzi aumentano fuori controllo (la gente ha paura di rimanere con un buono senza valore quando non ci sono più mele da ritirare) allora diventiamo tutti più poveri e si allargano le differenze tra chi possiede beni che costituiscono riserve di valore, come gioielli, metalli preziosi e alcune tipologie di immobili e chi invece possiede solo valuta che si deprezza nel tempo.

Dulcis in fundo c’è l’obiezione più insidiosa: se il problema è che troppa moneta causa inflazione, visto che da decenni i prezzi sono fermi o addirittura calano perché dovremmo avere paura? La risposta più intuitiva è che non si può ingannare tutti per sempre. Nel caso in cui la banca centrale iniziasse ad elargire moneta ai disoccupati senza ottenere nulla in cambio, nel sistema verrebbe introdotto uno squilibrio: ci sarebbe moneta che non incorpora un credito trasformabile in beni e servizi. Se lo squilibrio rimanesse sufficientemente piccolo e di breve durata, finirebbe per essere corretto nel tempo da aggiustamenti marginali nei prezzi. Uno squilibrio maggiore, avrebbe l’effetto di minare la credibilità della banca centrale inducendo gli individui a diffidare del valore della valuta.

Per riepilogare, l’idea di far crescere a dismisura la quantità di moneta sperando che questo faccia crescere le risorse reali di un’economia è una bugia dal naso lungo e darvi credito non è troppo diverso dal seppellire monete nel campo dei miracoli sperando che questo dia luogo a una fioritura di zecchini.

Quanto al proposito di farla franca, scaricando il conto da pagare su qualcuno lontano nello spazio del tempo, è una bugia dalle gambe corte, perché se crolla la fiducia sulla moneta in circolazione, diventiamo tutti più poveri e il fatto che alcuni soggetti che dispongono di beni rifugio siano colpiti di meno è solo una magra consolazione.

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