La crisi umanitaria a Gaza: aggiornamento

La guerra israelo-plaestinese è stata scatenata dall'attacco senza precedenti da parte di Hamas contro Israele il 7 ottobre: gli uomini armati di Hamas hanno ucciso circa 1.200 persone e rapito 251 ostaggi, portandoli a Gaza. Secondo il ministero della salute gestito da Hamas, almeno 38.010 palestinesi sono stati uccisi a Gaza a causa della conseguente offensiva israeliana. Attualmente, Hamas ed i gruppi armati alleati detengono ancora 116 ostaggi catturati il 7 ottobre, di cui almeno 42 sono stati dichiarati morti dalle autorità israeliane; gli altri sono stati rilasciati, salvati o trovati cadavere. 

Israele invita i negoziatori della tregua a Gaza a riprendere i colloqui.

Giovedì 4 luglio, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso di inviare un team di negoziatori al fine di discutere un accordo di rilascio degli ostaggi con Hamas. Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha accolto positivamente questo sviluppo, arrivato un giorno dopo la risposta di Hamas al piano di cessate il fuoco per Gaza, stabilito alla fine di maggio.

Mercoledì 3 luglio, la leadership politica di Hamas ha comunicato di aver contattato mediatori egiziani e qatarioti onde discutere le idee in vista di un accordo. Finora, Hamas ha richiesto la fine della guerra e il ritiro completo delle truppe israeliane da Gaza, mentre Israele afferma che accetterà solo pause temporanee nei combattimenti fino all'eliminazione di Hamas. Netanyahu ha dichiarato che i suoi obiettivi sono il ritorno di tutti gli ostaggi rimanenti, la distruzione delle capacità militari e governative di Hamas e garantire che Gaza non costituisca più una minaccia per Israele.

Giovedì 4 luglio, un funzionario palestinese ha comunicato alla BBC che Hamas avrebbe rinunciato alla richiesta di un cessate il fuoco completo. Le nuove condizioni di Hamas riguarderebbero il ritiro delle forze israeliane da una striscia di terra lungo il confine meridionale di Gaza con l'Egitto, nota come corridoio di Philadelphia, e dal valico di Rafah tra Gaza e l'Egitto. 

Israele dichiara una "pausa tattica" lungo una strada a Rafah per facilitare l'ingresso degli aiuti. 

L'esercito israeliano ha annunciato la sospensione dei combattimenti lungo una strada che collega il varco tra Israele e la Striscia di Gaza e la parte nord della città di Rafah, ogni giorno dalle 8 alle 19 ora locale. Questa "pausa tattica" quotidiana è stata concordata con l'ONU e le agenzie umanitarie internazionali per facilitare il trasporto di aiuti umanitari verso la città. Rafah, gravemente colpita dall'attacco israeliano, si trova in una situazione umanitaria critica da tempo segnalata dalle stesse agenzie.

Lo scopo della pausa, almeno in teoria, è facilitare il transito sicuro dei camion carichi di aiuti, specialmente cibo, attraverso il confine di Kerem Shalom e lungo la strada Salah ad-Din, che è rimasta la principale via di collegamento tra la parte nord e sud della Striscia di Gaza. Sin dall'inizio di maggio, quando è iniziata l'offensiva dell'esercito israeliano a Rafah, molti camion sono rimasti bloccati alla frontiera.

Secondo i dati dell’OCHA, l’ufficio per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, dal 6 maggio al 6 giugno sono stati inviati in media 68 camion di aiuti umanitari al giorno verso la Striscia di Gaza. Questo numero è significativamente inferiore rispetto ai 168 camion al giorno inviati ad aprile e molto lontano dai 500 che diverse organizzazioni umanitarie stimano essere necessari per soddisfare il bisogno di aiuti nella regione. L’arrivo di aiuti nella Striscia di Gaza è diminuito con l’intensificarsi dell’offensiva militare israeliana nella zona meridionale, in particolare a Rafah. Fino all’inizio di maggio, Rafah era considerata l’unica zona parzialmente sicura dopo mesi di bombardamenti ed attacchi terrestri nel resto della Striscia. Tuttavia, l’inizio dell’offensiva ha costretto centinaia di migliaia di persone a trasferirsi di nuovo, questa volta verso nord, abbandonando le aree che avevano cercato di ripopolare mesi fa.

La situazione negli ospedali è estremamente critica, con molti di essi incapaci di assistere tutte le persone ferite o malate, spesso costretti a rifiutare nuovi pazienti. Attualmente, solo 17 ospedali su 36 sono rimasti aperti e operativi: tra questi, 3 si trovano nella zona nord della Striscia, 7 a Gaza, 3 a Deir al Balah e 4 a Khan Yunis. Nessun ospedale è attivo a Rafah. Manca il sangue per le trasfusioni, i medicinali sono in scarsità e le strutture sono sovraccariche: operazioni complesse come le amputazioni vengono eseguite in tende improvvisate nei cortili, mentre le sale parto sono allestite in scuole e asili. I pazienti con malattie croniche come il cancro ed il diabete non hanno avuto accesso alle cure necessarie da mesi.

Hezbollah ha lanciato una raffica di razzi contro Israele dopo l'uccisione di un alto comandante.

Mercoledì 3 luglio, il gruppo armato libanese ha annunciato la morte di Muhammad Nimah Nasser, noto anche come "Hajj Abu Naameh". Il gruppo, alleato dell'Iran, ha in seguito rivendicato il lancio di 100 razzi katyusha mirati alle posizioni militari israeliane. L'annuncio della morte di Nasser su Telegram non ha specificato la località, ma fonti riferiscono che un comandante è stato ucciso nella zona di Hosh a Tiro, nel sud del Libano. Una fonte vicina al gruppo ha confermato che Nasser è stato ucciso durante l'attacco a Tiro.

La fonte ha indicato che Nasser aveva lo stesso grado di Taleb Abdallah, un altro alto comandante ucciso in un attacco israeliano a giugno. Al momento della sua morte, Abdallah era il più alto ufficiale militare di Hezbollah ucciso dal gruppo durante i combattimenti con Israele, iniziati l'8 ottobre in risposta ai bombardamenti su Gaza. In seguito alla morte di Abdallah, Hezbollah ha lanciato uno dei suoi più intensi bombardamenti di razzi contro il nord di Israele.

Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha dichiarato che Israele sta cercando di evitare una guerra su vasta scala, ma ha avvertito che le sue forze armate avrebbero la capacità di ridurre il Libano ad uno stato primitivo. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha affermato che il gruppo è pronto per una guerra "senza restrizioni, senza regole e senza limiti" in risposta ad un attacco israeliano di grande portata.

Macron ha esortato Netanyahu a evitare una "conflagrazione" tra Israele e Hezbollah.

Durante una telefonata avvenuta martedì 2 luglio, il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto a Benjamin Netanyahu, leader di Israele, di evitare una "conflagrazione" tra Israele ed i militanti di Hezbollah in Libano.

Secondo un comunicato della presidenza francese, Macron ha ribadito la sua seria preoccupazione per l'escalation delle tensioni tra Hezbollah e Israele e ha sottolineato l'importanza cruciale di evitare un conflitto che potrebbe danneggiare gli interessi sia del Libano che di Israele. Macron ha inoltre sottolineato l'urgente necessità che tutte le parti procedano rapidamente verso una soluzione diplomatica per porre fine al conflitto scaturito dall'attacco di Hamas a Gaza il 7 ottobre.

Durante la stessa telefonata, Macron ha esortato Netanyahu ad evitare "qualsiasi nuova operazione" nella striscia di Gaza vicino a Rafah o Khan Yunis, sottolineando che ciò potrebbe aggravare ulteriormente il bilancio umano e la già catastrofica situazione umanitaria. Infine, Macron e Netanyahu hanno discusso dei recenti sviluppi nel programma nucleare dell'Iran, in particolare riguardo alle notizie sull'installazione di nuovi centrifughe per l'arricchimento dell'uranio.

Perché Israele e Hezbollah stanno combattendo?

Il Libano e Israele sono ufficialmente in uno stato di guerra da decenni, da quando nel 1982 Israele lanciò una pesante controffensiva, sfociata nell’invasione del Libano spingendo i suoi carri armati fino alla capitale Beirut, in risposta agli attacchi dei militanti palestinesi nel paese. Israele ha occupato il sud del Libano per 22 anni, fino ad essere scacciato da Hezbollah, emerso dalle macerie dell'invasione israeliana.

Hezbollah è un movimento libanese sostenuto dall'Iran, dotato di una delle forze paramilitari più potenti della regione. Questo gruppo di "resistenza" ha il compito di confrontarsi con Israele, classificato da Beirut come stato nemico. Gran parte del mondo occidentale ha designato Hezbollah come organizzazione terroristica.

Da allora, i due schieramenti si sono scambiati sporadicamente il fuoco, ma le tensioni sono esplose nel 2006, quando Israele è tornato in guerra nel sud del Libano dopo il rapimento di due soldati israeliani da parte di Hezbollah. In quel conflitto hanno perso la vita più di 1.000 libanesi, principalmente civili, oltre a 49 civili israeliani e 121 soldati. Due anni dopo, Hezbollah ha restituito i resti dei soldati rapiti in cambio del rilascio di prigionieri libanesi e palestinesi detenuti in Israele, così come dei corpi di militanti detenuti da Israele. Le ultime ostilità tra Israele e Hezbollah sono iniziate dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, in cui Hezbollah ha sottolineato come la sua attuale fase di combattimento con Israele miri a sostenere i palestinesi a Gaza.

La capacità militare del gruppo libanese è cresciuta dal 2006, quando all’epoca si basava principalmente su missili Katyusha di origine sovietica, non molto precisi. Oggi, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, sostiene che il suo gruppo conti più di 100.000 combattenti e riservisti. Si ritiene anche che il gruppo possegga 150.000 razzi, capaci di saturare le difese di Israele in caso di guerra totale.

La situazione di carestia a Gaza: aggiornamento 

Gli aggiornamenti rispetto alla prospettiva dell’IPC parlano di un leggero miglioramento della Food Security nei governi settentrionali di Gaza dove si temeva una situazione di carestia entro fine Maggio: il migliorato accesso al cibo, tuttavia, non risulta ancora sufficiente e la situazione permane disperata secondo il WFP.

Va, inoltre, fatto notare come non ci siano più "centimetri sicuri” a Gaza: parlando ai giornalisti a Ginevra dopo il suo secondo dispiegamento a Gaza, Yasmina Guerda dell'ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite (OCHA) ha affermato come la consegna degli aiuti sia diventata un esasperante "enigma quotidiano" che ha lasciato i bambini malnutriti senza l'aiuto salvavita di cui hanno bisogno.

Fornire aiuti umanitari a questi sopravvissuti ed al milione di persone sradicate da Rafah, nella striscia di Gaza meridionale, nel giro di 10-14 giorni resta estremamente difficile, soprattutto da quando l'operazione militare israeliana ha chiuso il valico di frontiera chiave all'inizio di maggio, ha proseguito il funzionario dell'OCHA.

 

Sulla striscia di Gaza, il rischio di carestia rimane elevato finché perduri il conflitto e l'accesso umanitario sia limitato.

Circa il 96% della popolazione della Striscia di Gaza (2,15 milioni di persone) si presume che affronterà  livelli elevati di “insicurezza alimentare acuta” fino a settembre 2024.

L'intero territorio nel suo complesso è classificato in Emergenza (Fase 4 IPC), nel quale oltre 495.000 persone (il 22 % della popolazione) affrontano ancora livelli catastrofici di insicurezza alimentare acuta (Fase 5 IPC), caratterizzati da una grave carenza di cibo, situazioni di fame e esaurimento delle capacità di far fronte.

Altre 745.000 persone (il 33%) sono classificate in Emergenza (Fase 4 IPC).

Secondo l’IPC risulta ancora fondamentale garantire l'accesso umanitario senza ostacoli a tutta la popolazione della Striscia di Gaza.

Assistenza umanitaria salvavita 

Affrontando l'estrema gravità e la portata dell'insicurezza alimentare acuta e delle preoccupanti condizioni di WASH e salute attraverso:

  1.  ripristino dei servizi sanitari, nutrizionali e di WASH
  2. fornitura di assistenza umanitaria alimentare sicura, nutritiva e sufficiente a tutte le persone bisognose. Tutti i rifornimenti di aiuti, inclusi medicinali, carburante e altre necessità, dovrebbero essere autorizzati a entrare e circolare in tutta la Striscia di Gaza
  3. ripristino dei sistemi di produzione e mercato: ripristinare il funzionamento dell'infrastruttura di mercato, combinato con interventi basati su aiuti finanziari dove possibile
  4. riabilitazione dei sistemi di produzione alimentare il prima possibile, inclusa l'orticoltura, l'allevamento e la pesca
  5. fornitura dei servizi di prevenzione e trattamento della malnutrizione mantenendo e proteggendo i centri di stabilizzazione e il trattamento ambulatoriale; fornitura di formule per lattanti pronte all'uso per neonati non allattati al seno; fornitura di alimenti complementari e integratori di micronutrienti per bambini piccoli, donne in gravidanza e in allattamento, malati cronici e anziani.

L’impatto ambientale della guerra a Gaza

Gli impatti ambientali della guerra a Gaza sono senza precedenti, esponendo la comunità ad un inquinamento del suolo, dell'acqua e dell'aria in rapida crescita ed a rischi di danni irreversibili ai suoi ecosistemi naturali, "Non solo la popolazione di Gaza sta affrontando sofferenze indicibili a causa della guerra in corso, ma il danno ambientale significativo e crescente a Gaza rischia di intrappolare la sua gente in una ripresa dolorosa e lunga. Mentre rimangono molte domande sul tipo esatto e sulla quantità di contaminanti che colpiscono l'ambiente a Gaza, le persone stanno già vivendo con le conseguenze dei danni ai sistemi di gestione ambientale e all'inquinamento correlati al conflitto. Acqua e servizi igienici sono crollati. Le infrastrutture critiche continuano a essere decimate. Le aree costiere, il suolo e gli ecosistemi sono stati gravemente colpiti. Tutto ciò sta danneggiando profondamente la salute delle persone, la sicurezza alimentare e la resilienza di Gaza", ha affermato Inger Andersen, Direttore esecutivo dell'UNEP.

Si stima che il conflitto abbia generato 39 milioni di tonnellate di detriti: per ogni metro quadrato nella Striscia di Gaza, ci sono ora oltre 107 kg di detriti, I detriti rappresentano rischi per la salute umana e per l'ambiente, a causa della polvere e della contaminazione con ordigni inesplosi, amianto, rifiuti industriali e medici e altre sostanze pericolose.

La rimozione dei detriti sarà un compito enorme e complesso, che dovrà iniziare il prima possibile al fine di consentire ad altri tipi di recupero e ricostruzione di procedere. Il sistema di gestione dei rifiuti solidi è gravemente danneggiato (cinque strutture di gestione dei rifiuti solidi su sei). A novembre 2023, 1.200 tonnellate di spazzatura si accumulavano ogni giorno attorno ai campi ed ai rifugi. Una carenza di gas da cucina ha costretto le famiglie a bruciare legna, plastica e rifiuti, mettendo in pericolo in particolare donne e bambini. Ciò, unito agli incendi ed alla combustione di combustibili, ha probabilmente abbassato drasticamente la qualità dell'aria di Gaza, sebbene non siano disponibili dati open source sulla qualità dell'aria per la Striscia.

Munizioni contenenti metalli pesanti e sostanze chimiche esplosive sono state dispiegate nelle aree densamente popolate di Gaza, contaminando il suolo e le fonti idriche e ponendo a rischio la salute umana; una situazione che persisterà a lungo anche dopo la cessazione delle ostilità

Si prevede che la distruzione dei pannelli solari provocherà la fuoriuscita di piombo ed altri metalli pesanti, provocando un nuovo tipo di rischio per il suolo e le acque di Gaza

 

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