Italia e Mozambico: Energia per una rinnovata amicizia?

Uno Stato spesso lontano dai riflettori dei media rivela una lunga storia di relazioni con il nostro Paese: tra intoppi e nuove opportunità.

I rapporti tra i due Stati in breve

Quella tra Italia e Mozambico è oramai un’amicizia più che trentennale: sebbene vi fossero rapporti diplomatici preesistenti all’indipendenza ottenuta negli anni ‘70, la vera svolta avvenne nel 1992 con gli Accordi di Roma che posero fine ad una guerra interna durata circa 16 anni [1]. Da quel momento il Mozambico si è configurato come un partner privilegiato per l’Italia nel continente africano: nel 2022 il “Bel Paese” si è confermato come secondo investitore europeo e quarto a livello globale, con oltre 150 milioni in investimenti esteri diretti, la maggior parte dei quali devoluti al settore estrattivo (petrolio, gas, carbone) [2].

Al centro dei rapporti tra i due Stati vi sono infatti le risorse energetiche, oggetto di rinnovato interesse (non solo da parte dell’Italia) in primis a partire dal 2010 con la scoperta di enormi giacimenti di gas naturale nel bacino di Rovuma, nella provincia di Cabo Delgado, e in seguito nel 2022 con la necessità di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia.

Ma perchè il Mozambico è così rilevante?

I Progetti al centro della partita energetica

Il principali attori italiani in gioco sono il gigante Eni, partecipata dallo Stato con il 30,5% dell’azionariato (al Maggio 2024), rendendolo di fatto l’azionista di controllo attraverso C.D.P. [3], e l’affiliata Saipem, anche se il progetto Mozambique Lng, lanciato dalla compagnia francese Total Energies e per il quale la società italiana si occuperà di ingegneria e costruzione a capo della joint venture CCS-JV, ha da poco ripreso i lavori dopo essere stato sospeso nel 2021 a causa delle problematiche di sicurezza che affliggono il Paese ancora oggi.

Coral South è attualmente l’unico progetto operativo. Nato nel 2017 con un finanziamento di oltre 4,5 miliardi di dollari (garantito in Italia da SACE per 700 milioni) [4][5] e mosso principalmente da Eni in qualità di Operatore Delegato dei partner dell’Area 4 nel Bacino di Rovuma, tra i quali Exxon Mobil e la China National Petroleum Corporation.

Il piano opera in un giacimento contenente ben 450 miliardi di metri cubi di gas (parte di un complesso geologico da 2400 miliardi di metri cubi) e la nave al centro del progetto è la Coral Sul FLNG, avente capacità di liquefazione di 3,4 milioni di tonnellate di gas all’anno [6]. Questi volumi sono rivenduti al 100% alla British Petroleum [5].

In fase di realizzazione vi sono, oltre a Mozambique lng menzionato precedentemente, Rovuma lng, onshore, e Coral North, con una produzione di gas attesa rispettivamente di 15 milioni di tonnellate e 3.37 milioni di tonnellate annue. I progetti sopra menzionati sono rispettivamente operati da Exxon e da Eni, in partnerhsip con gli altri operatori dell’Area 4. 

Tuttavia, nonostante l’ingente presenza di risorse energetiche, secondo l’IEA [5] nel 2019 il tasso di accesso della popolazione all’energia elettrica si attestava al 32%. Un dato certamente scoraggiante che ci si attende migliori con la realizzazione dei nuovi progetti.

L’insurrezione armata

Il contesto all’interno del quale si insediano questi progetti, e a causa del quale hanno tutti subito rallentamenti o sospensioni, è di una crisi terroristica iniziata nel 2017 nella provincia di Cabo Delgado per opera del gruppo di matrice islamista noto come “Al-Shabaab”. Il gruppo ha giurato fedeltà all’ISIL nel 2019 [7] ma secondo alcuni autori le motivazioni religiose sarebbero più un “punto di raccolta” del malcontento della popolazione, sia per le condizioni di povertà in cui versa la regione che per la mancata percezione di benefici che sarebbero dovuti derivare dalle attività delle multinazionali nel settore estrattivo.

Il Paese starebbe infatti sperimentando il fenomeno noto come “maledizione delle risorse”, per il quale la scoperta di importanti giacimenti di risorse naturali è spesso accompagnata da forti aspettative di ricchezza che vengono disattese, aumento della corruzione nelle istituzioni locali e instabilità socio-economica [5]; un paradosso che si verifica piuttosto frequentemente in queste circostanze.

Attualmente, se da un lato le tensioni presenti nell’area sembrano essersi ridotte in seguito ad una massiccia presenza militare interna ed estera, dall’altro ci si attende una nuova recrudescenza dei conflitti con la ripresa dei progetti in programma [8].

Una nuova opportunità: il Piano Mattei 

Strutturalmente definito a Novembre del 2023 con il decreto legge 161 e annunciato il 29 Gennaio 2024 in Senato, davanti anche a 25 leader provenienti dal continente africano, il Piano Mattei si pone come un ambizioso “progetto strategico di diplomazia, cooperazione e investimento” [9] tra l’Italia e il continente africano. L’intenzione è quella di rendere l’Italia il principale hub energetico di collegamento tra i due continenti [10], promuovendo allo stesso tempo la politica di cooperazione democratica, alla pari e mutualmente proficua, perseguita dallo storico presidente di Eni dal quale il Piano prende il nome; l’enfasi è stata infatti posta sulla contrapposizione di questa iniziativa a tutte le politiche di sfruttamento alle quali è stato soggetto il continente africano. 

Con una dotazione iniziale di 5,5 miliardi di euro, di cui 2,5 provenienti dai fondi per la Cooperazione e Sviluppo e i restanti 3 miliardi provenienti dal Fondo Italiano per il Clima nato sotto il governo Draghi, sono stati identificati 6 settori d'intervento prioritari: sanità, istruzione e formazione, agricoltura, acqua, energia ed infrastrutture. 

In questa fase i Paesi coinvolti saranno Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Costa d'Avorio, Mozambico, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya mentre la “cabina di regia” istituita prevede la presenza del Presidente del Consiglio e dei Ministri di competenza dei vari progetti, con la partecipazione dei dirigenti delle aziende pubbliche interessate. Questo assetto dovrà produrre una relazione annuale per tutta la durata del piano che si prevede essere quinquennale [11].

Il Piano Mattei sta muovendo i primi passi, dopo l’Algeria, proprio in Mozambico: è stato infatti raggiunto lo scorso 8 Luglio l’accordo per la dotazione di un Centro Agroalimentare nella provincia occidentale di Manica (CAAM). Il progetto ha un valore di 38 milioni di euro e il finanziamento sarà fornito dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la cui attività si allineerà con le priorità indicate dalle Autorità del Mozambico. Il progetto mira a rafforzare la sicurezza alimentare, promuovere pratiche agricole sostenibili e supportare l'inclusione delle donne e dei giovani nel settore imprenditoriale locale [12].

Se da una parte le premesse sulle quali si fonda il Piano Mattei siano generalmente condivisibili, dall’altra c’è chi solleva dubbi sul tempismo e la natura contenutistica con il quale questa iniziativa si presenta. Secondo i critici del progetto infatti la sua vera ottica sarebbe quella securitaria, mirata a stabilizzare un contesto di elevata instabilità che nuoce alle attività delle multinazionali del settore estrattivo. Essi prevedono dunque una nuova ondata di sfruttamento delle risorse energetiche presenti nel continente senza offrire reali opportunità di crescita per la popolazione locale. 

Ad ogni modo, è ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive su questa iniziativa o prevederne i risvolti. Tuttavia, se i progetti saranno realizzati in linea con le premesse iniziali, questi potrebbero offrire un contributo positivo per tutti i Paesi coinvolti. 

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