Il talento di mr. Matteo Al Renzi

Per fare politica ed essere personaggio pubblico ci vuole talento ed è indubbio che a Matteo Renzi i talenti non mancano. E' stato il rottamatore di un PD vecchio nell'animo ai tempi della Leopolda, è stato la speranza in una politica giovane, fresca e che parlasse un linguaggio nuovo, è stato il fidanzato d'Italia ai tempi delle europee del 2014 e degli 80 euro; più recentemente è stato l'architetto del Conte bis e la ruspa che con un manipoli di parlamentari lo ha abbattuto.
Ma i talenti di Renzi non hanno tutti accezione positiva. L'ex boyscout di Rignano ha anche straordinarie qualità nel rovinare ciò che costruisce. Così l'abbiamo visto dilapidare un capitale politico enorme con il referendum costituzionale; l'abbiamo visto partorire continue riforme che a stento superavano lo status di slide pubblicitarie; lo abbiamo visto farsi disprezzare (spesso a ragione) per la sua spregiudicatezza.
In queste settimane, dopo aver spianato la strada ad un governo di salvezza nazionale che potrebbe portare il Paese fuori dalle secche e di cui avrebbe potuto intestarsi i successi, ha ben pensato di rovinare ancora una volta tutto con la sua ambizione personale riuscendo a ribadire il suo primato di politico più detestato d'Italia.

Negli ultimi giorni di gennaio si teneva a Riad la quarta edizione dell'iniziativa denominata Future Investment Initiative Institute (FIII), legata al Public Investment Fund (PIF) dei regnanti sauditi. 

Il FIII si presenta come strongly politically correct. E' un non profit che intende finanziare con operazioni in equity idee e progetti per uno sviluppo sostenibile. Le aree d'intervento sono la salute, l'intelligenza artificiale, la sostenibilià ambientale e la robotica. Il "rinascimento" cui si collegava Renzi nel video girato insieme al principe Bin Salman, era il titolo di questa quarta edizione. Il FIII si inquadra nell'ambito delle attività del fondo sovrano del regno saudita. Da decenni i sauditi cercano di accreditarsi presso le democrazie occidentali adottando politiche di intervento finanziario orientate allo sviluppo di un'economia che non potrà essere legata sine die alla vendita di prodotti petroliferi (Vision2030). 
Il Fondo sovrano, utilizzando i proventi a riserva della vendita del petrolio, finanzia progetti, consolida portafogli diversificati, partecipa a progetti di ricerca. Tutte attività giuste e desiderabili.

Su questi presupposti Renzi ha impostato la sua risposta alle critiche ricevute. Come fa spesso anche in conferenza stampa, ha raccolto un po' di domande e ha risposto marzullianamente- "si faccia una domanda e si dia una risposta"- a quelle che ha scelto, omettendo le vere questioni di opportunità.

E' opportuno che un personaggio pubblico, già presidente del consiglio e senatore in carica, partecipi ad una iniziativa finanziaria di un Paese straniero?

Si e no.

Si se lo scopo dell'iniziativa è quella di avvicinare e/o di consolidare i rapporti fra i due Paesi. Lo hanno fatto tanti politici italiani sin dai tempi della prima repubblica con risultati al meglio trascurabili quando non negativi.

Si se lo fa a titolo gratuito o investito dal ruolo di osservatore.

No ove si consideri che il Regno saudita, pur partner dell'occidente, non rispetta gli standard che l'occidente si è dato su rispetto dello stato di diritto, rispetto dei diritti umani e funzionamento della democrazia. 
Le attività diplomatiche, anche di pressione, vanno fatte dalle diplomazie e non dagli interventi estemporanei e personali di un singolo parlamentare. Ragion per cui la difesa che Renzi ha fatto del suo ruolo è inconsistente.

A rendere ancor più debole l'autodifesa c'è il fatto che MR non partecipa al FIII come osservatore esterno o come tecnico. Renzi è stato ingaggiato nel Board of Trusteee Members. Per quest'attività percepisce un gettone di 80.000 dollari annui. Insieme  a lui fanno parte del board il produttore di eventi marocchino Richard Attias, la professoressa di farmaceutica Adah Almutairi, il matematico Tony Chan, l'imprenditore Peter Diamandis, l'uomo d'affari di Dubai Mohammad Ali Alabbar, l'ambasciatrice Principessa Reema Al Sa'ud e il governatore del Fondo Yasir Al-Rumayyan.

Si badi bene, non c'è nessuna norma che impedisce ad un parlamentare di avere altri incarichi e altre forme di reddito. Il punto è se queste altre forme di reddito provengono da Stati stranieri e quali condizionamenti, anche solo nei rapporti diplomatici, questi compensi possono produrre. Come voterebbe il senatore Renzi se il Parlamento fosse chiamato ad adottare una sanzione nei confronti del Regno saudita? Quali pressioni potrebbe subire da un governo straniero in caso di intervento NATO in un conflitto in quell'area (Yemen)? E' ipotizzabile che lo speciale rapporto che ha con il Fondo saudita possa condizionare gli investimenti verso interessi suoi e a scapito di interessi di altri? 

Queste domande si è guardato bene dal farsele e ovviamente dal rispondervi. Il cherry picking delle domande è tanto confrotevole quanto autocelebrativo e nelle interviste rilasciate al Corriere e a repubblica non c'è traccia alcuna dei potenziali problemi che la nomina nel board comporta. Al Corriere Renzi risponde che è prassi fare conferenze in giro per il mondo, omettendo che non è prassi per un parlamentare in carica farsi pagare da un governo straniero.

Renzi, come sempre, ha anteposto gli interessi personali a quelli generali. 
Michele Boldrin in un thread su Twitter ha ben evidenziato il vulnus di un politico che ha fatto dell'inaffidabilità la sua cifra politica. A dispetto di alcune idee accattivanti e di una senza alcun dubbio brillante eloquenza, Renzi è un politico che ha fallito tutto ciò che poteva fallire per limiti caratteriali e ambizioni ben più grandi delle proprie qualità.

E' un peccato, perché in Italia Viva ci sarebbero energie, e donne e uomini, che avrebbero le competenze per lasciare una traccia positiva nella politica italiana.

Chissà se un giorno lo capiranno. 

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