In Italia, l’evoluzione della libertà di stampa è stata caratterizzata da ostacoli legislativi e politici, con notevoli implicazioni per il settore del giornalismo. Il governo Meloni, con le recenti modifiche alla par condicio e le forti tensioni con i giornalisti Rai, ha sollevato importanti criticità sulla libertà di informazione nel nostro paese.
Obiettività e completezza sono i criteri a cui deve ispirarsi l’informazione, principi menzionati in ogni legge incaricata di disciplinare in maniera organica il sistema radiotelevisivo. Negli anni ’90, voluta dal centrosinistra per arginare le possibilità che Silvio Berlusconi – all’epoca proprietario di tre reti televisive nazionali e capo del governo – utilizzasse i sistemi d’informazione a proprio vantaggio, fece la sua comparsa il concetto di par condicio. La prima legge organica fu la 249/1997, che istituiva l’AGCOM (autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e disciplinava gli spazi radiotelevisivi durante i comizi elettorali, individuando nella tutela del pluralismo uno dei compiti principali dell'Autorità nel settore radiotelevisivo. Berlusconi osteggiò violentemente la normativa sulla par condicio perché, a suo dire, era liberticida. Secondo lui gli spazi radiotelevisivi dovevano essere ripartiti in maniera proporzionale ai voti ottenuti dai partiti.
Martedì 9 Aprile, nella commissione bicamerale di vigilanza Rai – l’organo collegiale del parlamento con compito di sorvegliare l’attività della tv pubblica – è stato approvato un emendamento riguardante una delibera dell’AGCOM, proposta per modificare le regole sulla par condicio in vista delle elezioni europee di giugno. La delibera dell’AGCOM prevede soprattutto di valutare le presenze dei politici nei programmi televisivi non solo dal punto di vista “quantitativo”, ma anche “qualitativo”: considerando non solo la durata delle loro presenze, ma anche la rilevanza delle fasce orarie in cui appaiono. Il testo della delibera dell’AGCOM è stato riformulato grazie a un emendamento proposto da Fratelli d’Italia, Lega e Noi Moderati, stabilendo che durante la campagna elettorale, nei programmi di informazione, non ci sarà nessun vincolo di tempo per i politici candidati, purché nei loro interventi parlino della loro attività istituzionale.
Per affrontare questa sfida, potrebbero essere adottati due approcci:
Targato Usigrai (sindacato dei giornalisti Rai) e comunicato tramite un videomessaggio trasmesso su tutti i TG dell’emittente pubblica, Lunedì 6 Maggio i giornalisti della rete statale hanno deciso di scioperare. Le ragioni dietro la decisione di protestare comprendono il dissenso nei confronti delle decisioni unilateralmente prese dal vertice aziendale, come l'accorpamento delle redazioni senza coinvolgere il sindacato, e la mancanza di sostituzione per coloro che vanno in pensione o in maternità, lasciando i carichi di lavoro sulle spalle di pochi senza una selezione pubblica o la stabilizzazione dei lavoratori precari. In aggiunta, si è reso pubblico il tentativo della Rai di censurare il monologo sul 25 Aprile di Antonio Scurati, cercando poi di giustificare questa azione con motivazioni economiche.
Al comunicato sindacale, l'azienda Rai ha controbattuto con un altro video comunicato nel quale, rispondendo alle rivendicazioni sindacali, si accusa l'Usigrai di scioperare per motivazioni ideologiche e politiche che nulla hanno a che vedere con i diritti dei lavoratori, di promuovere fake news che generano danno d'immagine all'azienda, di esporre il servizio pubblico a strumentalizzazioni politiche.
Nel report del 2024 sull’indice della libertà di stampa di Reporter Senza Frontiere (Rsf), l’Italia è scesa dal 41esimo al 46esimo posto in un solo anno. Il progetto della maggioranza sulla libertà di stampa offre un'indicazione chiara della visione del governo nei confronti del paese. Si sta cercando di evitare il contraddittorio, escludendo persone sgradite dalla Rai e consentendo ai propri ministri di esprimersi senza limiti. Questo approccio riflette una volontà di controllo dell'informazione e di evitare il confronto di opinioni divergenti, una tendenza preoccupante per la democrazia e la libertà di espressione.