Decreto Carceri: La Sfida delle Riforme tra Nordio e Foucault

Il decreto legge, già ribattezzato come “svuota carceri”, è legge e prevede, tra i vari punti, l’aumento del numero di telefonate concesse ai detenuti, snellimento delle procedure per ottenere misure alternative al carcere, un elenco delle comunità abilitate per la detenzione domiciliare e l’assunzione di mille nuovi agenti di polizia penitenziaria.

Ma basterà a risolvere i problemi del sistema carcerario?

Il decreto carceri è legge. Approvata in via definitiva dall’Aula della Camera, la proposta - avanzata dal ministro della giustizia Carlo Nordio - è un tentativo di risolvere i problemi del sistema penitenziario. Il decreto legge, già ribattezzato come “svuota carceri”, prevede l’aumento di numero di telefonate concesse ai detenuti, snellimento delle procedure per ottenere misure alternative al carcere, un elenco delle comunità abilitate per la detenzione domiciliare e l’assunzione di mille nuovi agenti di polizia penitenziaria. Tuttavia l’opposizione contesta, il decreto risulterebbe insufficiente nel risolvere i problemi strutturali del sistema carcerario come il sovraffollamento, l’aumento dei suicidi o le diverse difficoltà gestionali. 

Il tema delle condizioni nelle carceri non è recente: già alla fine del XX secolo, il filosofo francese Michel Foucault aveva analizzato i meccanismi teorici e sociali alla base dei profondi cambiamenti nei sistemi penali. Sebbene la sua analisi non proponga soluzioni concrete, costituisce un punto di partenza per ridurre il carattere punitivo delle istituzioni carcerarie, stimolando una riflessione e una possibile riforma.

I punti del decreto 

Il d.l. carceri incendia il dibattito politico, risultando finalizzato alla certezza della pena piuttosto che sul miglioramento delle condizioni penitenziarie. 

I principali punti del decreto prevedono: 

Semplificazione delle procedure di libertà anticipata: Viene introdotta una semplificazione e velocizzazione delle procedure per concedere la libertà anticipata ai detenuti che ne hanno il diritto. Ciò include la possibilità per il magistrato di sorveglianza di prendere decisioni definitive senza dover passare per il tribunale collegiale. In altre parole, il magistrato di sorveglianza avrà l’autorità di decidere direttamente sulle richieste di misure alternative alla detenzione o altri benefici simili. Questo processo mira a velocizzare l’accesso dei detenuti alle misure alternative, riducendo i tempi di attesa e il carico di lavoro sui tribunali.

Aumento delle telefonate per i detenuti: Il decreto prevede un incremento del numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili per i detenuti, con l'obiettivo di migliorare il loro benessere psicologico e mantenere i legami familiari. 

Albo delle Comunità: Il testo prevede inoltre l’istituzione di un albo di comunità che potranno accogliere alcune tipologie di detenuti - come quelli con residuo di pena basso, i tossicodipendenti e quelli condannati per determinati reati - dove potranno scontare il fine pena. L'intervento consentirà a molti detenuti, soprattutto stranieri e privi di residenza ufficiale, di avere un luogo per la detenzione domiciliare, riducendo il sovraffollamento nelle carceri.

Assunzione di Personale Penitenziario: Il decreto prevede anche l'assunzione di dirigenti, medici e di mille nuovi agenti penitenziari nei prossimi due anni per migliorare la gestione delle carceri e ridurre la pressione sul personale attualmente in servizio. 

L’indebita destinazione di denaro o cose mobili: Una novità importante del decreto Carceri è l'introduzione del peculato per distrazione (articolo 314-bis nel codice penale), che prevede una pena da sei mesi a tre anni di reclusione. Questo reato si applica ai pubblici ufficiali o agli incaricati di un pubblico servizio che utilizzano denaro o beni mobili per scopi diversi da quelli stabiliti dalla legge. 

Capire le condizioni carcerarie: il caso di Sollicciano 

Un altra nota drammatica è rappresentata dal sovraffolamento delle strutture carcerarie:

il carcere di Sollicciano, il più grande della Toscana, è noto per le sue gravi problematiche e viene spesso citato come uno dei più problematici del sistema penitenziario italiano. 

Come altre carceri italiane, la struttura è notevolmente sovraffollata: secondo i dati del Ministero della Giustizia aggiornati a fine gennaio, ospita 565 detenuti, 68 in più rispetto alla capienza massima di 497 posti. Tuttavia, la quota attuale rappresenta un miglioramento rispetto al passato, quando, intorno al 2010, il numero di detenuti superava il millennio. Inoltre, Sollicciano è il carcere italiano con la più alta percentuale di detenuti stranieri, che ammontano a 370, pari al 65% del totale. Questi detenuti provengono da circa 40 diverse etnie.

Il carcere di Sollicciano, inaugurato nel 1983, presenta una serie di gravi carenze strutturali e igieniche. Negli ultimi mesi, la situazione è ulteriormente peggiorata: numerosi reparti sono infestati da cimici e altri insetti, sia sui muri che nei letti. Le condizioni ambientali sono estreme, con estati insopportabilmente calde e inverni eccessivamente freddi. La struttura soffre di infiltrazioni, perdite d'acqua, umidità, e la presenza di topi e sporcizia è diffusa. A questi problemi edilizi si aggiungono carenze significative nelle risorse destinate alle attività educative e formative, con pochi spazi dedicati a tali iniziative. Inoltre, non esistono programmi specifici per facilitare l'integrazione dei numerosi detenuti stranieri presenti.

I suicidi nelle carceri italiane: la triste statistica del 2024

Ad aggravare ulteriormente la situazione è la condizione della salute mentale dei detenuti.

 I 62 suicidi (60 uomini e 2 donne) ufficialmente censiti da inizio anno dai penitenziari italiani - che nel frattempo sono diventati 66 - sono un grido di dolore. Secondo i dati diffusi dal Garante nazionale dei detenuti, 33 vittime sono italiane, 29 straniere. Le fasce di età più colpite sono tra i 26 e i 39 anni (29 persone) e tra i 40 e i 55 anni (16 persone). Colpisce come 24 vittime (quasi il 40% del totale) fossero in attesa di giudizio. 

Oltre a condizioni invivibili per i detenuti, il sovraffollamento crea anche mancanza di risorse per la loro gestione, a partire dalla carenza di personale di polizia penitenziaria, questione che i sindacati che la rappresentano lamentano con regolarità. Le condizioni di lavoro, spesso caratterizzate da turni massacranti e da mancanza di strumenti per gestire le difficoltà dei detenuti, hanno portato tra le altre cose a vari suicidi anche tra gli agenti di polizia penitenziaria.

 

Rielaborazione dati di Ambra Nardi Antigone
Elaborazione dati di Ambra Nardi Council of Europe Annual Penal Statistics

Il carcere non uccide solo i detenuti 

Il 7 luglio, un agente di polizia penitenziaria di 36 anni, originario della provincia di Reggio Calabria e recentemente assegnato alla Centrale nazionale operativa di Roma, si è tolto la vita. È stato trovato da un passante accasciato nella sua auto nel quartiere di Pietralata, nella periferia nord-est della capitale. Solo una settimana prima, il 30 giugno, un sovrintendente di 55 anni del corpo di polizia penitenziaria, in servizio presso il carcere di Favignana in Sicilia, si era suicidato dopo essersi assentato dal lavoro per malattia. Dall'inizio dell'anno sei agenti si sono tolti la vita. 

Non esistono dati ufficiali e pubblici sul numero di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria; le notizie sui singoli casi vengono divulgate dai sindacati di categoria e dalla stampa locale e nazionale. Ci sono anche database indipendenti che monitorano questi episodi, ma non sempre sono aggiornati e talvolta presentano discrepanze tra loro. 

Sebbene i dati siano scarsi e raccolti in modo autonomo, l'incidenza dei suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria è piuttosto evidente. Tuttavia, gli studi specifici sulle cause e su come affrontarle sono rari e spesso datati. I sindacati di polizia sottolineano frequentemente che il tasso di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria è significativamente più alto rispetto al resto della popolazione, così come lo è tra i detenuti. 

L’eredità di Foucault 

Il filosofo francese Michel Foucault è considerato il più importante teorico della società disciplinare.  Nel suo libro “Sorvegliare e punire: Nascita della prigione”, intendeva analizzare la trasformazione delle pratiche punitive nelle società occidentali, mettendo in luce come questi cambiamenti riflettessero un mutamento più ampio nei meccanismi di potere e controllo sociale. 

Il quesito principale su cui si costruisce  “Sorvegliare e punire" è l'origine della singolare pretesa di rinchiudere i detenuti con l’intento di correggerli. Lo studio di Foucault sulle società disciplinari esplora come queste strutture raccolgano, smistino e controllino le persone, con l'obiettivo di restituirli come cittadini rinnovati, depurati e socialmente definiti come “normali”. 

I dati presentati nel saggio mostrano come come le istituzioni disciplinari abbiano fallito nell’immediato: fin dal 1820 si evidenzia come la prigione - nata per migliorare il futuro reinserimento dei carcerati - lasci sprofondare i detenuti nella criminalità, sottolineando come la funzione di riabilitazione sia venuta meno. 

Ma per Foucault l’abolizione del carcere non rappresenta una soluzione, semplicemente perché la società instaurerebbe un mezzo alternativo al carcere per sorvegliare e punire. Sebbene Foucault non fornisca soluzioni concrete, propone di fornire una critica al meccanismo carcerario per renderlo meno marginale rispetto al resto della società. Una maggiore consapevolezza e una critica del sistema possono stimolare una riflessione su come ridurre il ruolo punitivo delle istituzioni carcerarie, stimolando una possibile riforma. 

Dal 1975 - data di pubblicazione di Sorvegliare e punire - altri teorici hanno abbracciato il pensiero di Foucault. Anche il Parlamento Europeo raccomanda agli Stati membri alternative al carcere per migliorare la condizione dei detenuti: per chi non rappresenta un grave pericolo per la società si raccomanda l’adozione di pene alternative, come la detenzione domiciliare, i lavori socialmente utili o il braccialetto elettronico. 

Queste misure non solo cercano di allineare le pratiche punitive con i principi di riabilitazione e reintegrazione, ma riflettono anche un crescente riconoscimento delle necessità di rivedere e migliorare i sistemi penali per meglio servire la società e i suoi membri. 

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