Recovery Plan: il Governo guarda al passato

Il governo ha reso note le linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per accedere ai fondi previsti dal Recovery Fund.

Il governo ha reso note le linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per accedere ai fondi previsti dal Recovery Fund.

Come spiegato in diverse occasioni, al fine di ottenere le risorse messe a disposizione dal nuovo meccanismo europeo di sostegno alla ripresa Ă¨ necessario che il governo presenti un programma

  • credibile per impiegare le risorse in modo produttivo, in linea con i 3 pilastri del programma Next Generation EU cioè 
    • sostenere la ricostruzione dei tessuti economici,
    • rilanciare gli investimenti privati, 
    • fare tesoro delle lezioni derivanti dalla crisi in termini di sanitĂ  e coesione del mercato europeo
  • coerente con le raccomandazioni specifiche per nostro paese e con le prioritĂ  di policy individuate durante il semestre europeo,
  • piĂą in generale sostenibile dal punto di vista dei saldi di finanza pubblica.

Sebbene le linee guida siano ancora troppo generiche per esprimere un giudizio definitivo sulla strategia proposta dal governo è tuttavia possibile formulare almeno 3 considerazioni sull’impianto teorico al quale fanno riferimento:

  1. una concezione anacronistica della societĂ  e del tessuto economico che guarda alla “vocazione manifatturiera”, alle “infrastrutture fisiche per la mobilità” pensando che la tutela dei lavoratori venga dall’imposizione di minimi salariali o dal rafforzamento della contrattazione collettiva
  2. scarsa considerazione delle dinamiche concorrenziali (comprensibile quando si è al tempo stesso arbitro e concorrente) e centralitĂ  del dirigismo statale che mira a fregiarsi di qualifiche come digitalizzare la PA senza accorgersi di follie come la limitazione del funzionamento di alcuni servizi della on line solo in orario di ufficio
  3. una visione irrealistica degli incentivi necessarie per incrementare gli investimenti da parte delle imprese e la partecipazione al lavoro dei cittadini determinanti fondamentali per la crescita di medio periodo

La visione sottostante alla strategia del governo, nonostante i riferimenti a concetti alla moda come “innovazione digitale” e  â€śrivoluzione verde” appare non solo saldamente radicata nel passato, ma anche convintamente intenzionata a guardare nella direzione opposta a quella dove si dirige il resto del mondo.

L’Italia è una grande “manifattura” che può prefiggersi obiettivi apparentemente ambiziosi come raddoppiare il tasso di crescita del PIL (che vuol dire raggiungere a malapena la media degli altri paesi dell’unione) grazie alla taumaturgica combinazione una PA Digitale, di una non meglio specificata rivoluzione green e delle intramontabili infrastrutture su cui far circolare cose e persone come se la pandemia attualmente in corso non ci avesse insegnato nulla.

La produttivitĂ  stagnante, tra le principali determinanti della scarsa crescita economica degli ultimi decenni, sarĂ  recuperata nazionalizzando imprese industriali incapaci di competere con concorrenti esteri su prodotti tradizionali, mentre nel resto del mondo la partita si gioca sempre piĂą sui servizi immateriali veicolati attraverso canali digitali e anche la circolazione fisica delle cose e delle persone Ă¨ sempre piĂą orientata all’efficienza e alla ottimizzazione di tempi e costi.

Visto che con le ricette della nonna tornerĂ  la crescita Ă¨ il caso di pensare a come ripartire i frutti del nuovo miracolo italiano perseguendo una maggiore equitĂ  sociale, di genere e territoriale, che fuori dalle etichette di circostanza vuol dire nuovi sussidi in cambio di consenso.

Del tutto non pervenuta la dimensione della concorrenza, con la complicitĂ  del momento storico nel quale il desiderio di protezione da parte dello stato sembra prevalere sulle aspirazioni a porter svolgere liberamente l’attivitĂ  di impresa inseguendo nuove sfide e nuovi mercati. 

Il tutto senza neanche menzionare che uno stato che si presenta come imprenditore (e innovatore) difficilmente potrebbe svolgere un ruolo credibile come arbitro nei confronti dei propri concorrenti diretti.

Per riepilogare non abbiamo ancora abbastanza informazioni, per bocciare il programma del governo, ma esistono sufficienti elementi per qualificare la strategia come

  • politicamente distorta verso un intervento dello stato che possa controllare le risorse per guadagnare il consenso dei soggetti che le riceveranno
  • orientata al passato, alla conservazione e dunque incapace di cogliere le sfide in termini di flessibilitĂ  e innovazione necessarie per rimanere al passo con le altre nazioni sviluppate
  • opportunisticamente dedita a cercare di ottemperare alle formalitĂ  necessarie per l’ottenimento dei fondi (abuso di terminologia digitale e green, promesse da marinario sui conti pubblici) confidando di poterci poi fare quel che si vuole grazie a un po' di sana retorica nostrana

Non si tratta di un bel segnale e il riscontro da parte degli organi che dovranno valutare le proposte è tutto da vedere, ma il controllo dell’Europa potrĂ  essere solo di alto livello e si limiterĂ  ad evitare gli abusi piĂą macroscopici: l’Italia si trova davanti a una nuova fondamentale opportunitĂ , come quelle sperimentate con l’adesione all’euro e con la risposta BCE alle crisi dei debiti sovrani, sta a noi cercare di non sprecarla ancora una volta perchĂ© non esiste alcun vincolo esterno che possa salvarci da noi stessi.  

 

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