Quando la libertà di espressione diventa un'arma del Cremlino contro la democrazia

A Padova è apparsa una vela pubblicitaria che raffigura due mani strette, con i colori delle bandiere della Federazione Russa e dell’Italia, accompagnata dalla scritta: “La Russia non è il mio nemico”.

Questo messaggio, pubblicato anche sui social con gli hashtag #LibertàEDemocrazia, promuove l’idea di normalizzare il sostegno al regime del Cremlino in Italia. La campagna durerà sette giorni, con lo spostamento della vela in diverse vie della città. 

Questa iniziativa non è isolata, ma si collega a simili campagne di propaganda già osservate in altre città come Verona, o Donetsk, territorio ucraino occupato dalla Federazione Russa a partire dal 2014, dove manifesti in lingua russa rafforzano l’illusione di un sostegno internazionale, compreso quello italiano, alle azioni di Mosca.

La pericolosità di questa situazione risiede nel modo in cui la propaganda del Cremlino sfrutta i valori democratici occidentali, come la libertà di espressione, per promuovere un regime che nega quegli stessi diritti all’interno dei propri confini. Se consideriamo la Federazione Russa, nata nel 1992 dalle ceneri dell’Unione Sovietica, questa manipolazione è ancora più evidente. Sebbene, per un brevissimo periodo iniziale, le sue repubbliche abbiano goduto di una certa autonomia, potendo ad esempio stabilire lingue ufficiali o gestire le risorse naturali, l’ascesa di Vladimir Putin ha portato ad una rapida centralizzazione del potere.

Le riforme introdotte da Putin, a partire dal 2000, hanno progressivamente eliminato gran parte dell’autonomia delle rispettive repubbliche, soffocando le diversità linguistiche e culturali. Una delle leggi del 2018 ha ridotto l’insegnamento delle lingue minoritarie a un corso facoltativo di sole due ore settimanali, rendendo sempre più complicato il preservarsi  di identità culturali e linguistiche all’interno della cosiddetta Federazione Russa. Questa centralizzazione ha colpito duramente regioni come la Jacuzia e il Tatarstan, un tempo più autonome nella gestione delle proprie risorse naturali, quali diamanti e petrolio, e che ora soffrono di un degrado economico frutto del controllo centralizzato.

La Cecenia è un altro esempio lampante della brutale repressione esercitata dal Cremlino. Dopo due devastanti guerre per l’indipendenza, la regione è oggi governata da Ramzan Kadyrov, un “leader-marionetta” imposto da Mosca che mantiene il controllo attraverso il terrore e la violenza. La stessa logica di oppressione e di cancellazione dei diritti di autodeterminazione è stata applicata anche ad altre repubbliche della Federazione Russa.

In Italia,l’espansione della propaganda del Cremlino e il permissivismo con cui viene accolta rappresentano un serio rischio per la democrazia. 

Queste campagne non sono messaggi di amicizia e solidarietà tra popoli, ma fanno parte di una strategia ben orchestrata che sfrutta la libertà di espressione per legittimare un regime autoritario. Il Parlamento Europeo ha già riconosciuto la Federazione Russa come uno Stato sponsor del terrorismo. Le Nazioni Unite hanno ripetutamente condannato le violazioni dei diritti umani condotte dalla Russia, soprattutto perpetuate durante l’invasione dell’Ucraina.

L’Italia deve reagire con maggiore fermezza. Le leggi già esistenti, come l’articolo 414 del Codice Penale relativo all’apologia di reato e la Legge Mancino contro l’incitamento all’odio, possono essere applicate per impedire che chi promuove crimini di guerra o sostiene regimi autoritari come quello del Cremlino agisca impunemente. Tuttavia, è necessaria una più rigorosa applicazione delle norme.

Inoltre, l’Italia dovrebbe intensificare la cooperazione con i suoi partner europei per sanzionare chi diffonde messaggi di sostegno alla Federazione Russa.Un’azione coordinata potrebbe includere, tra i vari, il divieto di manifestazioni pubbliche a favore di Stati sponsor del terrorismo.

Infine, è necessario educare il pubblico italiano sui veri crimini del regime del Cremlino, sia all’interno della Federazione Russa che nei paesi da essa invasi. Una su tutte l'Ucraina. Questo compito è complicato dalle radici profonde della propaganda del Cremlino, che da sempre vede l’Italia come facile preda, essendosi insinuata nelle università, nei libri di testo delle scuole medie, nelle manifestazioni pro-Mosca e in eventi culturali che tentano di “sdrammatizzare” la guerra in Ucraina. È fondamentale utilizzarele parole giuste, definendo gli avvenimenti con il loro vero nome: invasione e non conflitto. È inoltre necessario dare maggiore spazio agli esperti che hanno realmente vissuto, sulla loro pelle, la situazione in Ucraina, piuttosto che a quelli che la osservano da Mosca o comodamente dall’Italia e che si basano su una narrativa ancorata alla propaganda sovietica. La stessa propaganda sovietica che negli anni ‘60-’80 incantava le persone progressiste con l’illusione di costruire un mondo migliore.

L’utilizzo di campagne informative potrebbe essere un primo strumento chiave per tentare di contrastare la disinformazione e sensibilizzare l’opinione pubblica. La libertà e la democrazia non possono essere usate per promuovere regimi che le negano. L’Italia deve essere in grado di proteggere propri i valori democratici, impedendo che la propaganda del Cremlino li utilizzi a suo piacimento per minare dall’interno lo stesso sistema di valori.

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