Poche cose al mondo sono più inutili della autobiografia di un politico italiano contemporaneo. A maggior ragione se si tratta del capo di un partito populista in cui militano nostalgici del ventennio fascista.
Dunque questa breve riflessione riguarda un libro che non ho letto, non intendo leggere e che verosimilmente sta godendo di una pubblicità immeritata.
Chiarito questo va anche detto che poche cose sono tanto illiberali quanto l'intolleranza verso chi ha opinioni diverse dalle nostre. Una celebre frase di Evelyn Beatrice Hall recita:
«Non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo»
e riassume abbastanza efficacemente quel che dovrebbe essere il punto di vista liberale su questioni del genere.
Dunque la perfida libreria ha censurato il povero libro dell'onorevole indifesa? No, ringraziando a dio in questo paese (non si sa per quanto) ognuno è ancora libero di vendere la merce che preferisce nel proprio negozio (nei limiti delle autorizzazioni che ha per farlo e del rispetto della legge).
No, la censura è
il controllo della comunicazione da parte di un'autorità, che limita la libertà di espressione e l'accesso all'informazione con l'intento dichiarato di tutelare l'ordine sociale e politico.
Dunque che ha fatto di male la libreria? Nulla, Ha semplicemente reso nota la sua posizione ideologica.
Si tratta di una posizione illiberale? Dipende da quello che c'è scritto nel libro.
Se nel libro vi fossero falsi storici, apologie di dittature che hanno insanguinto questo paese o contenuti xenofobi, omofobi o razzisti (caso che non si può escludere conoscendo il soggetto) allora la scelta sarebbe dettata dal sano buon senso di non diffondere spazzatura.
Se invece si trattasse di un libro innocuo, che racconta la storia di una persona,che la pensa in modo diverso dal proprietario della libreria, allora si tratterebbe di una scelta illiberale, volta a discriminare chi ha opinioni differenti.
Certo nessuno può vendere tutti i libri editi nel paese in un negozio fisico e neanche si può chiedere al titolare del negozio di leggere tutti i libri specie quelli di chi si trova agli antipodi rispetto alla propria fede politica. Dunque la scelta silenziosa di non vendere il materiale degli avversari politici, che probabilmente si verifia ovunque di continuo, non meriterebbe alcun commento.
La decisione di rendere pubblica la propria scelta di non vendere un libro è un atto politico. Significa affermare pubblicamente che la propria visione mondo è costituita da bande che si contrappongono in base alla fede ideologica piuttosto che interlocutori che dialogano in modo costruttivo.
Dunque viva la libertà della libreria di non vendere quello che non gli piace, ma facciamo tutti attenzione al germe dell'intolleranza insito in chi considera nemici gli avversari politici qualunque sia il loro colore e ricordiamo che il fascismo non è l'unica pericolosa ideologia illiberale di cui questo paese dovrebbe preoccuparsi.