Su una testata On-Line appare stamattina il seguente titolo:"Ubriache fradicie al party in spiaggia, deu 15enni violentate dall'amichetto", sottotitolo:"Le ragazzine ricoverate in ospedale per la sbornia non ricorderebbero nulla di quanto accaduto, lo stupro documentato dai medici". Leggo questo, e penso che non c'è proprio niente da fare: il giornalismo italiano va rifondato completamente e gran parte delle persone che dicono di farne parte allontanate dalla professione.
Magari molti di voi non pongono una certa attenzione a questo titolo ma vi assicuro che è una vera schifezza, una vera vergogna un vero concentrato di schiuma umana.
Siamo di fronte ad un chiaro esempio di victim-blaming e cioè quella situazione che induce a ritenere la vittima di un crimine responsabile di ciò che le è accaduto, spesso con l’intento di portare la vittima stessa ad autocolpevolizzarsi.
Questo titolo nasconde tutto lo scempio che ormai un giornalismo, abituatosi a pubblicare le schifezze più immonde nel modo più immondo, riesce a fare inconsapevolmente della realtà danneggiando le vite delle persone e annullando quel poco di etica di un mondo che si definisce civile.
Un titolo che sceglie a cosa dare importanza e contrappone il termine “fradicie” al termine “amichetto”, non a “stupratore criminale”.
Capito? Il criminale non è tale ma diventa l’”amichetto”.
E lasciamo perdere che ci si trovi di fronte a dettagli secondari come quando si specifica la nazionalità o la condizione di qualcuno di fronte ad un reato (gonna corta, nero, clandestino o immigrato fate voi...).
Percepite adesso la gravità della cosa?
Non è finita.
Il titolo ci informa pure che erano così ubriache da non ricordarsi dello stupro come a indurre di far dubitare che potesse essere tale.
Questo è il victim-blaming e per un giornalista, che sia esso consapevole o inconsapevole di averlo esercitato, è inaccettabile, vergognoso e di certo tutto tranne che professionale.