San Mario è apparso, e tutto il mondo (tranne le vedove di Conte) esulta. Grande discorso, finalmente una persona seria, finalmente uno staff di persone competenti etc. E’ difficile trovare voci fuori dal coro. La scelta di ministri politici con una reputazione non cristallina (Gelmini, Brunetta etc.) ha sollevato qualche perplessità iniziale, superata dall’ovvia considerazione che sono utili come ostaggi per mantenere il consenso dei partiti. Un ministero di tecnici puri, come quello di Monti, sarebbe stato figlio di nessuno. Come disse, credo, Lyndon Johnson, meglio avere uno dentro la tenda che pisc* fuori che lasciarlo fuori a pi*sciare dentro. Qualche giornalista prevede che il consenso evaporerà ai primi provvedimenti concreti e cita le dichiarazioni di Salvini sull’euro e di Garavaglia sullo sci come prove, altri sostengono che si tratti solo di piccole smagliature di un meccanismo ancora non ben rodato. Presumo che Draghi tenterà di distribuire carezze e schiaffoni in misura equanime fra i vari partiti senza apparire troppo vicino alle posizioni della Lega o dell’asse PD-M5s.
Ma non è questo il punto del mio post. Per distinguermi, vorrei sostenere una posizione in qualche misura critica.
Il discorso di Draghi è un programma di riforma di grande respiro e del tutto condivisibile, ma anche di lunga durata. Sarebbe stato perfetto se fossimo all’inizio della legislatura, ma in realtà abbiamo al massimo un anno e mezzo, con l’elezione del presidente della repubblica in mezzo. Draghi è ovviamente il candidato naturale e presumo che non disdegnerebbe una elezione. A quanto pare, non è privo di ambizioni personali e le voci su una sua riluttanza a diventare primo ministro potrebbero non essere state del tutto infondate. In questo caso, il suo governo durerebbe solo un anno e la potenziale spinta riformatrice si attenuerebbe notevolmente, sia per mancanza di tempo sia per la necessità di non suscitare troppi malcontenti fra i potenziali elettori. Avrebbe in pratica due soli compiti urgenti, gestire la campagna di vaccinazioni e scrivere il PNRR per il NextGenEU, più la possibilità di qualche provvedimento ‘semplice’ di forte impatto mediatico per mantenere la propria fama di efficiente decisionista riformatore (esempi a caso – ILVA, Alitalia, Autostrade, qualche settimana in più di scuola, un percorso di rientro dalla cassa integrazione per tutti e per sempre). Ed ovviamente Draghi potrebbe usare il proprio prestigio internazionale per dare qualche contentino ai sovranisti de noantri (finalmente l’Italia….). P.es. potrebbe stimolare l’inizio di processo di riforma dell’EU che tanto potrebbe concludersi solo fra qualche anno. La gestione della vaccinazione sarà sicuramente migliore del disastro di Arcuri, che ha sprecato molte preziose dosi vaccinando personale amministrativo delle ASL e amici degli amici. Se non altro, non ci saranno le primule e la eventuale sostituzione di Arcuri alla scadenza del suo mandato sarebbe un segnale forte di discontinuità. In ultima analisi però il successo dipende dalla disponibilità di vaccini e quindi dalle decisioni europee. Per ora l’Europa si è dimostrata troppo cauta ed inefficiente, speriamo migliori.
In contrasto, la stesura del PNRR può essere molto importante. I giornali interpretano il NextGenEU all’italiana (‘ci daranno tanti soldi e faremo quello che vogliamo’), ma sulla carta non è così. Il piano deve essere molto dettagliato e deve contenere non solo indicazioni di spese (e risultati) ma anche riforme per aumentare la competitività. La bozza di dicembre di Conte era una lista di buoni propositi senza una cifra e questo è sufficiente a mio avviso per definirlo un pessimo presidente del consiglio. La versione rivista attualmente disponibile è a quanto pare migliorata significativamente. Ci sono le cifre che concordano con le indicazioni EU ma mancano le indicazioni dei risultati ottenibili e delle riforme da fare e soprattutto manca la definizione della governance. Su questo, Draghi ha ampio spazio per lavorare. Ha poco tempo (un mese e mezzo) ma questo è positivo perché riduce gli spazi di contrattazione politica. Fra l’altro ho parecchi dubbi che i partiti abbiano esperti in grado di entrare nel merito (la Castelli!?!?) mentre Draghi conosce bene la materia. Tanto più il PNRR sarà preciso, tanto più indirizzerà il processo di riforma anche oltre la fine della legislatura. Faccio un esempio pratico, la riforma delle tasse. I difetti del sistema sono ben noti e molti esperti concordano sulle soluzioni. Bisogna semplificare e ridurre le aliquote disboscando le agevolazioni ed utilizzando i proventi della lotta all’evasione in modo tale da mantenere la pressione fiscale invariata. Draghi ha giustamente ricordato che la riforma deve riguardare tutto il sistema, non, come fatto finora, singole tasse e quindi ha ipotizzato di prepararla con la nomina di una commissione di esperti. Questo percorso non è compatibile con un governo di breve durata e comunque è politicamente difficilissimo. Anche se in teoria d’accordo, i partiti inizieranno ad opporsi appena si entrerà nel merito. Un governo Draghi di breve durata avrebbe il tempo di nominare la commissione e di promettere che l’Italia approverà una riforma fiscale entro il 2022 (sei-otto mesi per i lavori della commissione ed il resto per l’approvazione). Nel piano dovrebbe indicare con una certa precisione gli obiettivi (p.es. semplificazione, riduzione del carico fiscale per i redditi medi a gettito fiscale invariato, eliminazione delle esenzioni superflue etc.), lasciando al futuro governo Salvini (?) il compito di specificare i dettagli (quali agevolazioni abolire, come disegnare le aliquote etc.). La legge dovrebbe prima essere firmata dal futuro (?) presidente Draghi e giudicata conforme al piano dal commissario Gentiloni e poi dal consiglio dei ministri EU. Senza riforma o con riforme non conforme, la EU potrebbe non pagare la tranche di fondi del 2022. In sostanza si tratterebbe di un vincolo esterno a futura memoria, garantito dalla situazione finanziaria italiana che rende indispensabile l’appoggio esterno
Riassumendo, non penso che Draghi possa riformare l’Italia perché gli italiani non vogliono le riforme. Tutti sono favorevoli a parole, ma a patto di non toccare i propri privilegi. Sarebbe già un grande risultato se avviasse un processo di riforma creando un vincolo esterno. Ovviamente si spera che nel medio periodo la prevedibile ostilità della maggioranza della popolazione sia attenuata dalla combinazione fra sussidi EU, ripresa economica ed effetti positivi iniziali delle riforme. Come si dice, chi vive sperando muore cantando – ed io sono terribilmente stonato.