La domanda è mal posta, ma merita di essere esaminata, seppur significhi sistemarsi in un vero e proprio letto di procuste.
Il pregiudizio che vizia ogni trattazione a proposito, e che ormai è invalso nell’opinione pubblica alla stregua di un dogma, è quello secondo il quale a differenziare sostanzialmente i due sistemi in questione vi sarebbe da un lato l’esclusività e la singolarità che caratterizzò la parentesi storica apertasi con l’instaurazione del fascismo e del nazismo e, dall’altro, l’irriducibilità dell’ideologia ed esperienza socialista e comunista in un unico perimetro teorico/politico. Detto altrimenti, vi sarebbe un solo fascismo ed un solo nazismo, mentre, viceversa, il socialismo e il comunismo sarebbero un piuttosto complesso, sfaccettato e poliedrico sistema teorico che ha originato più versioni e tipologie di sé.
Il fascismo ha un solo volto e una voce, quella di Mussolini. Il nazismo, invece, quella di Hitler. La stessa riduzione, viceversa, non potrebbe essere operata per quanto riguarda quello che chiamiamo socialismo o comunismo.
Il secondo vizio di ragionamento piuttosto diffuso è quello per il quale, mentre il fascismo ed il nazismo nascono a priori come progetti criminali e liberticidi, il socialismo ed il comunismo nascono invece come progetti a presidio della giustizia, dell'uguaglianza e del pluralismo.
Il fascismo ed il nazismo sarebbero intrinsecamente e geneticamente malsani, mentre il socialismo in nuce propugna l’emancipazione umana. I sostenitori di queste tesi però sembrano sottostimare la reale incidenza del fascismo nel mondo, talvolta addirittura quasi ignorarla. Tra le esperienze storiche segnate dal fascismo sembrano infatti scordare o trascurare quella avvenuta con l’instaurazione del regime di Francisco Franco in Spagna, che di fatto non diverge in alcun modo, nella sostanza o nella forma, da quello che di diritto chiamiamo “fascismo”. All’appello in effetti non manca alcun carattere tipico del mostro fascista: Nazionalismo estremo, repressione dittatoriale, dominio del partito unico, promozione dell’idea di superiorità e specialità della nazione, autarchia economica, stato corporativo, organizzazione e coordinazione delle società lavorative e dei sindacati, velleità coloniali ecc.
Nondimeno andrebbe annoverato in questa lista l’Estado Nuevo (nuovo stato), in Portogallo, fondato e guidato da Antonio de Oliveira Salazar o, allargando la visuale, anche lo stesso regime di Augusto Pinochet, in Cile. Ciascuno di questi esempi, drammatici seppur piuttosto contenuti in portata e dimensioni, scardinano la favola secondo la quale il fascismo sarebbe sempre e a priori un fenomeno foriero di danni abnormi ed incommensurabili assimilabili a quelli causati dal paradigmatico fascismo di Mussolini, dimostrando come sia il socialismo che il fascismo restituiscano alla storia esempi di grandi come di modesti danni, quando la narrazione opposta pretende provare che la moderazione politica sia appannaggio solo del socialismo reale.
Spesso le stragi di matrice socialista/comunista vengono addirittura taciute o fatte passare in sordina, mentre, se riesumate dagli impolverati archivi storici, riescono ancora a rievocare le urla di disperazione ed angoscia delle vittime da loro mietute, purtroppo vilipendiate da fin troppa omertà e negazionismo. Eppure le pagine nere della storia illustrano con perizia le stragi obliterate col benestare di una certa frangia politica, e tra di esse si contano tragedie meritevoli di un accanimento (almeno) pari a quello dedicato alle stragi nazi-fasciste.
Tra carestie intenzionalmente procurate, esecuzioni di massa, morti per lavoro forzato, fame e incarcerazione, gli storici più cauti stimano la caduta di un numero di vittime che va dai 10 ai 20 milioni, mentre, quelli meno indulgenti, parlano di un massimo che tocca i 148 milioni totali. Autori che si sono cimentati nel delicato tentativo di fornire delle stime quanto più attendibili e fedeli alla realtà sono numerosi, perciò qui intendo citarne solo alcuni, allegando i relativi numeri conseguiti:
- Zbigniew Brezinsky: 60.000.000 di vittime
- Rudolph Joseph Rummel: 110.000.000
- Steven Rosefielde: 60.000.000
- Stephen Kotkin: 65.000.000
Altro argomento propugnato da costoro a sostegno della bontà di un certo socialismo esistito, è che nel novero dei socialismi vadano contati anche quei numerosi partiti e movimenti che tuttavia non sono riusciti a conquistare di fatto il potere, ma che praticamente hanno militato all’insegna di cosiddetti nobili ed encomiabili ideali, di grandi sogni e aspirazioni.
Ora, con i doverosi distinguo, soprattutto nell’ordine quantitativo della potenziale minaccia costituita dai due macro-schieramenti, abbiamo invero un contraltare a suddetta argomentazione, poiché movimenti e partiti “vergini”, mai saliti al potere ma qualitativamente analoghi ai vari movimenti socialisti, ci sono oggettivamente anche tra le frange “vergini” ispirate al fascismo. Di fatto, attenendoci ai programmi o ai modelli cui sostengono ispirarsi ambedue, nulla vieta di inserirli entrambi in un perimetro di potenziale minaccia, soprattutto alla luce delle numerose manifestazioni di simpatia, solidarietà e giustificazione verso l’operato dell’Urss oltre che a quella dei rapporti concreti intrattenuti con lo stesso da alcuni di essi; non sorprende altresì che siano stati composti motti e canzoni inneggianti il comunismo Russo e Cinese, reperibili ad esempio in alcune strofe presenti nella canzone “le otto ore” del repertorio culturale socialista/comunista.
Perciò, seppur i vari movimenti di chiara ispirazione fascista come l’MSI in Italia, l’AfD in Germania, Vox in Spagna, o Alba Dorata in Grecia ecc. non suscitino e non possano in alcun modo suscitare aspettative positive di sorta, è evidente che nemmeno la generale adesione e l’invalso giustificazionismo del retaggio sovietico permeante larga parte degli ex movimenti e partiti di matrice socialista italiani possano essere esenti da pronostici in certa misura nefasti o quantomeno allarmanti. E proprio qui si articola il nucleo della questione: siamo inequivocabilmente certi che saltabeccando da un criterio di giudizio all’altro, sia possibile esimere definitivamente il socialismo/comunismo da un così tanto paventato grado, grande o piccolo che sia, di equivalenza col fascismo? Perchè, come sopraesposto, sia fascismo che socialismo reali hanno restituito esempi di abnormi come di modesti danni e nemmeno il fascismo o il socialismo potenziali sono mai riusciti a sottrarsi de iure a pronostici in una certa misura nefasti o allarmanti. E quindi, puntualmente, la “tana” in cui si rifugiano i critici della tesi che afferma tale equivalenza è quella dell’insormontabile e abissale divergenza nella teoria tra i due macro-schieramenti.
E’ vero. L’una colora, dipinge e decanta il bene che dice di perseguire con colori, parole ed enfasi certamente più appetibili, rassicuranti ed efficaci dell’altra (notoriamente il fascismo). Ma che l’una in termini pubblicitari riscuota maggior successo dell’altra non vieta di credere che questa sia altrettanto mossa da una propria particolare idea di benessere e giustizia sociale, verace o meno che sia. Quindi, venendo in ultima istanza al supremo punto addotto per negare una qualsivoglia equivalenza qualitativa tra le due ideologie, anche da questa “tana” vedremo che, se condotta un’attenta analisi delle analogie tra i due -ismi, è possibile sfrattare questi “negazionisti”.
In effetti, notoriamente, sia il fascismo che il comunismo predicano la necessità di subordinare l’aspirazione e l’istanza individuale ai fini del bene e dell’interesse collettivo, scadendo, de facto, ad assurgere questa istanza a giustificazione della repressione del diritto di parola, nella soppressione dei “nemici del popolo” o della “classe prediletta” a seconda che ci si rifaccia all’una o all’altra causa, o scadendo talvolta addirittura nell’eliminazione de facto della suddivisione dei poteri.
Ovviamente, ogni morbo ha la propria storia, le proprie peculiarità e caratteristiche, ma se dobbiamo sistemarci nel letto di procuste che la domanda cui si sta rispondendo rappresenta, un denominatore comune nelle due teorie va ammesso, al netto, ovviamente, di tutte le dovute differenziazioni che in un articolo di due pagine è impossibile fare nella dovuta ed esaustiva maniera. Quindi, tra il sol dell’avvenir o l’istituto L.U.C.E, tra i due sarebbe meglio la notte, non in attesa di un'Alba Dorata, ma di una primavera culturale che veda tutti, individui e collettivi, classi e nazioni, veramente soddisfatti della vita che hanno la fortuna di vivere.