Donald Trump si insedierà come 47º presidente degli Stati Uniti oggi, lunedì 20 gennaio 2025 alle ore 18:00 ora italiana, momento in cui il neoeletto presidente giurerà segnando così il suo secondo mandato non consecutivo alla Casa Bianca. La cerimonia di giuramento avverrà a mezzogiorno sul lato ovest del Campidoglio a Washington D.C., seguita da una parata lungo Pennsylvania Avenue e vari eventi celebrativi, tra cui tre balli inaugurali.
Recentemente, e forse per mostrare il ritorno di una leadership muscolare, Trump ha espresso posizioni forti su vari temi di politica estera: dichiarando l'intenzione di porre fine al conflitto in Ucraina e minacciando azioni militari in Medio Oriente se gli ostaggi non saranno liberati prima del suo insediamento. Inoltre, ha avanzato proposte controverse, come l'annessione del Canada agli Stati Uniti e l'invasione della Groenlandia, che per quanto possano essere lette come mere provocazioni non sono un biglietto da visita rassicurante per la tessitura e il rafforzamento delle relazioni diplomatiche statunitensi.
Il 6 gennaio 2021, sostenitori di Donald Trump hanno preso d'assalto il Campidoglio degli Stati Uniti a Washington D.C. nel tentativo di bloccare la certificazione ufficiale della vittoria elettorale di Joe Biden. L'evento è stato preceduto da un comizio in cui Trump ha ripetutamente sostenuto accuse di frode elettorale e ha esortato i suoi sostenitori a "combattere come matti".
Durante l'assalto, centinaia di persone hanno violato la sicurezza del Campidoglio, causando danni significativi, scontri con le forze dell'ordine e la temporanea evacuazione dei membri del Congresso. L'episodio ha provocato cinque morti e decine di feriti, oltre a un'ondata di arresti e procedimenti giudiziari contro i partecipanti.
Gli eventi di Capitol Hill hanno continuato a influenzare la politica americana e la figura di Trump. Durante le indagini, la Commissione della Camera ha indicato Trump come una figura chiave nella pianificazione e nella retorica che ha portato alla rivolta. Sebbene il processo di impeachment relativo all'assalto si sia concluso con l'assoluzione di Trump da parte del Senato, l'evento ha polarizzato ulteriormente il dibattito pubblico e la percezione della sua leadership.
L'assalto a Capitol Hill rimane un elemento centrale del dibattito sulla legittimità e sulle modalità del secondo mandato di Trump. Molti osservatori internazionali e politici interni temono che possa promuovere ulteriormente politiche divisive e l'accentramento del potere, soprattutto in relazione alla teoria dell'esecutivo unitario. Tuttavia, Trump continua a godere di un vasto sostegno tra i suoi sostenitori, che vedono negli eventi del 6 gennaio un’espressione della lotta contro un sistema percepito come corrotto.
Non passa inosservato inoltre che, durante la sua carriera, Trump abbia affrontato diverse controversie legali. Nel 2023, è stato coinvolto in un caso legato a presunti pagamenti illeciti alla pornostar Stormy Daniels, per il quale è stato condannato, ma senza scontare pene detentive.
La teoria dell'esecutivo unitario è un'interpretazione della Costituzione degli Stati Uniti che attribuisce al presidente ampi poteri esecutivi, sostenendo che il capo dell’esecutivo abbia l’autorità finale su tutte le attività del ramo esecutivo. Questa dottrina enfatizza il controllo presidenziale, riducendo l'influenza di altri rami del governo, come il Congresso e il sistema giudiziario, sulle decisioni dell'amministrazione.
Trump ha spesso sostenuto la teoria dell'esecutivo unitario, che attribuisce al presidente un'ampia autorità esecutiva, limitando l'interferenza di altri rami del governo nelle decisioni presidenziali.
Questa visione implica un rafforzamento dei poteri presidenziali, riducendo i controlli e gli equilibri tradizionalmente esercitati dal Congresso e dal sistema giudiziario.
A dimostrazione di questo orientamento, durante il suo primo mandato (2017-2021) Trump ha utilizzato tale teoria come base per giustificare decisioni controverse, come il licenziamento di funzionari che si opponevano alle sue direttive, incluso l'ex direttore dell'FBI James Comey e il controllo sull'indagine del procuratore speciale Robert Mueller riguardo al Russiagate, in cui Trump ha invocato prerogative presidenziali per bloccare od ostacolare alcune indagini.
Per quanto riguarda il suo secondo mandato, Trump ha già segnalato l’intenzione di rafforzare il potere presidenziale tramite l'adozione di misure ispirate a questa teoria per concentrare maggiore autorità nelle mani dell'esecutivo.
Trump potrebbe applicare la teoria dell'esecutivo unitario per esercitare maggiore controllo sull’apparato burocratico attraverso la riorganizzazione delle agenzie governative per eliminare funzionari considerati ostili alle sue politiche, evitare controlli da parte del Congresso riducendone la supervisione legislativa, espandere i propri poteri diretti in politica estera.
I detrattori sostengono che questa teoria potrebbe portare a un eccesso di potere presidenziale, mettendo a rischio il sistema di checks and balances che è alla base della democrazia americana. Molti temono che Trump possa sfruttare questa dottrina per consolidare il proprio potere e limitare i diritti delle istituzioni democratiche. Se applicata in modo estensivo, la teoria dell'esecutivo unitario potrebbe alterare significativamente la natura del governo americano, con potenziali impatti sia interni che internazionali.
Con il suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump promette di imprimere una svolta decisiva alla politica estera americana con un mix di pragmatismo, nazionalismo economico e assertività militare. Alcuni temi chiave della sua agenda sono già stati delineati.
Per quanto concerne il conflitto in Ucraina Trump ha dichiarato che porrà fine alla guerra tra Russia e Ucraina entro 24 ore dal suo insediamento, sfruttando le sue relazioni personali con Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Se l'eventuale proposta di negoziazione includesse concessioni territoriali all’interno di un quadro di pace, quasi certamente susciterebbe reazioni controverse tra gli alleati della NATO e ciò rischierebbe di alienare i partner europei, già preoccupati dalla tendenza di Trump a criticare la NATO e a richiedere maggiori contributi finanziari, senza un aumento dei quali il Tycoon ha addirittura parlato di uscita degli USA dalla NATO.
Trump intende inoltre ridurre l’impegno militare e finanziario degli Stati Uniti nei conflitti globali, spingendo per un maggiore contributo degli alleati.
Per il Medio Oriente il Tycoon ha già minacciato azioni militari contro l’Iran se gli ostaggi americani non verranno liberati entro il suo insediamento. Potrebbe anche riaffermare il sostegno a Israele, rafforzando gli Accordi di Abramo.
Guardando a Est, la Cina rimane un punto centrale della politica estera di Trump
Trump, che si è dimostrato ambivalente nei suoi confronti, alternando una retorica dura su commercio e sicurezza a un approccio più pragmatico per garantire accordi economici favorevoli.
In altre parole, "America First" continuerà a essere il pilastro della politica estera di Trump, fatta probabilmente di isolazionismo selettivo per mezzo della riduzione della presenza militare all'estero e il contemporaneo mantenimento del focus sugli interessi economici e strategici americani.
Trump ha anche dichiarato che istituirà un nuovo dipartimento denominato “External Revenue Service "per raccogliere tariffe, dazi e tutte le entrate" da fonti estere.
Altro punto nodale saranno le possibili nuove restrizioni ai flussi migratori, riguardo alle quali quali il presidente eletto avrebbe recentemente parlato di espulsioni di massa, e le pressioni sui Paesi dell’America Latina per arginare i fenomeni migratori verso gli Stati Uniti.
Una precisazione si rende necessaria in merito ai rapporti con le organizzazioni internazionali: Trump potrebbe ridurre il coinvolgimento americano preferendo accordi bilaterali che rafforzino il controllo diretto degli Stati Uniti. In più di un'occasione il neo presidente ha ribadito le sue perplessità nei confronti di ONU E WTO, descritte come inefficaci o dannose per gli interessi nazionali americani.
Dal canto loro gli alleati tradizionali temono una politica estera imprevedibile e più incline a logiche transazionali che a valori condivisi.
In linea prospettica la politica di Trump sarà probabilmente un mix di pragmatismo economico, retorica muscolare e scelte polarizzanti. Se da un lato potrebbe rafforzare la posizione degli Stati Uniti come superpotenza indipendente, dall’altro rischia di minare le alleanze storiche e di destabilizzare ulteriormente il sistema internazionale.
Un'incognita che meriterebbe ulteriori approfondimenti è infine il ruolo di Elon Musk nelle decisioni della futura amministrazione.
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