In questo articolo verranno analizzati i metodi e gli scopi della propaganda russa, con l’obbiettivo di fornire al lettore gli strumenti minimi necessari per riconoscerla e cercare di neutralizzarla all’interno del proprio ambiente informativo. L’articolo è ispirato dall’omonimo video del filosofo britannico Vlad Vexler, nato in URSS.
Secondo molti sondaggi, il consenso interno alla Russia verso il suo leader, Vladimir Putin, sembrerebbe essere diffuso e costante, nonostante gli orrori della guerra in Ucraina diffusi sui social e le sanzioni che stanno lentamente strangolando l’econonomia del Paese. Oltre a ciò, è rinomata l’influenza che il Cremlino ha guadagnato nel corso degli anni in Occidente. Questo è il frutto della micidiale propaganda di cui si serve, rinnovata e tanto più invisibile quanto efficace rispetto a quella sovietica.
In generale, è necessario distinguere due tipologie di propaganda: alternate reality propaganda, avente lo scopo di proiettare un’immagine falsa e coerente del mondo, e manipulation of reality propaganda, la quale mira invece a distorcere i meccanismi di analisi e comprensione degli individui su ciò che li circonda.
La propaganda utilizzata in URSS rientra nella prima categoria: il regime comunista sottoponeva ai suoi cittadini informazioni intenzionalmente false ma coerenti fra loro, destinate a costruire l’immagine di un mondo perfetto che non esisteva. I campi di erbacce diventavano così pieni di girasoli, e se qualcuno affermava il contrario interveniva un organo essenziale per il funzionamento di questo schema, ossia la polizia politica (KGB in URSS, STASI nella DDR…), attore che si preoccupava di mantenere un clima di terrore costante tra i cittadini per cui era inevitabile credere (o quantomeno affermare di farlo) alla verità proposta dal regime. Questo tipo di propaganda non è tuttavia più efficace, in quanto in seguito alla caduta dell’URSS la sua popolazione si è perfettamente resa conto delle reali e disastrate condizioni in cui versavano l’economia e la società, soprattutto confrontandole con quelle occidentali. Lo scrittore ucraino Mikhail Zhvanetsky ha riassunto quegli anni nell’espressione “i nostri culi sono nudi, ma i nostri razzi volano lontano”.
Al giorno d’oggi, infatti, il Cremlino ha optato per il secondo modello, ottenendo una propaganda molto più subdola e complessa da identificare, a meno che non si conoscano molto bene gli schemi con cui opera, riassumibili in 4 pilastri. Come ogni modello socio-economico la propaganda russa si fonda su alcuni assiomi essenzali sottostanti, riconducibili alle teorie che il filosofo britannico Bernard Williams ha espresso nell’opera ‘Genealogia della verità’. Egli scriveva, all’inizio degli anni 2000, che vi sono due correnti di pensiero predominanti nella cultura e nel pensiero moderno, diametralmente opposte ma collegate: la ricerca continua della verità, al di là delle parole o dei comportamenti, e il dubbio dell’esistenza della verità stessa; il primo conduce all’altro, in quanto la continua ossessione per la veridicità e per il non voler essere ingannati ha innescato un meccanismo di critica che indebolisce la certezza di una verità sicura o dichiarabile in modo qualificato, non solo relativa ad alcuni messaggi. Questo è il punto di partenza della propaganda russa, il primo pilastro:
Si può osservare che questi punti sono esattamente opposti a quelli usati dal regime comunista, che tanto si impegnava per creare un’immagine coerente e ben strutturata di un mondo basato su ideali che dovevano essere condivisi in quanto ritenuti virtuosi. Vlad racconta che a scuola era costretto a dire che ammirava Lenin, più ancora dei suoi genitori, che il socialismo era giusto e che l’esercito sovietico era forte. Nella propaganda russa odierna non accade nulla di tutto ciò: viene infatti fornita un’enorme mole di messaggi, volutamente contraddittori tra di loro, partendo dai gusti/dalle preferenze che una persona già possiede, che vengono messe in discussione con il fine di manipolarne le volontà. Il metodo è molto più raffinato, riconducibile a tecniche vere e proprie di ingegneria sociale: si prendono di mira eventi, emozioni, sentimenti già esistenti in un gruppo di persone specifico e si cerca di gonfiarli in modo che queste smettano spontaneamente di resistere al regime, litighino tra loro, arrivino a dubitare dei loro leader, gli uni degli altri, persino di sè stessi, fino alla convinzione che nulla può essere ottenuto e non vale nemmeno la pena provare. Per capire meglio come funziona, si propone un esempio magistrale che confronta i due tipi di propaganda sopra descritti: le rivolte in Bielorussia del 2020.
Nel 2020 sono scoppiate numerose proteste contro l’ennesimo mandato del presidente bielorusso Lukashenko, in quanto le elezioni erano state legittimamente vinte dalla leader dell’opposizione liberal-democratica Svetlána Tichanóvskaja. La propaganda bielorussa derivava direttamente da quella sovietica (alternate reality propaganda: veniva semplicemente narrata e difesa la legittimità del potere di Lukashenko), infatti come quest’ultima si dimostrò del tutto inefficace. Così, Vladimir Putin inviò a Minsk dei propagandisti russi che riuscirono a stravolgere l’esito delle proteste. Lo youtuber bielorusso Maxim Catz ha realizzato un’ottima analisi degli eventi, riassunta di seguito e suddivisa in 3 principali momenti, avvenuti in successione temporale:
1) cambiare il focus principale dell’informazione; se prima il messaggio principale promosso dal regime era ‘Lukashenko è il presidente legittimo, è uno statista, è bravo…’ , i propagandisti di Putin hanno spostato l’attenzione sull’inadeguatezza della Tichanóvskaja nel condurre il Paese, riconoscendo che ‘è una casalinga, è sconosciuta, non può occuparsi di politica..’. In questo modo, i russi hanno sfruttato i sentimenti di frustrazione e di impotenza, comuni nell’ex blocco sovietico, per infrangere la volontà dei manifestanti
2) iniziare procedimenti penali di massa per gli oppositori; questa mossa ha avuto lo scopo di saturare l’ambiente informativo tramite le numerosissime notizie su arresti e processi, togliendo così spazio ad altri argomenti e dando inoltre la parvenza che le rivolte si stavano spegnendo, demoralizzando ulteriormente i dissidenti; il fatto di neutralizzare o ridurre tramite il carcere questi ultimi non era di per sè l’obbiettivo cercato da Mosca
3) inondare i social media con un mix di messaggi contraddittori e mal assortiti utilizzando post e commenti (es. ‘l’opposizione è impazzita, è in inferiorità numerica e circondata dai nemici, se avesse successo la Bielorussia perderebbe i legami commerciali vitali con la Russia, se la rivoluzione vincerà la Bielorussia diventerà un burattino degli Stati Uniti e perderà la lingua russa…’) non aventi il fine principale di agire direttamente sul morale dei protestanti, come si potrebbe intuire, bensì di creare conflitti interni ai vari movimenti grazie alle argomentazioni e ai dibattiti con bot e troll, in modo da stroncarli definitivamente.
La vicenda bielorussa è un perfetto esempio sia di come i due tipi di propaganda funzionino sia di quanto il modello russo sia efficace: Lukashenko è tutt’oggi presidente, mentre la Tichanóvskaja e le grandi proteste sono oramai passate nel dimenticatoio.
Come affermato nell’introduzione, il Cremlino ha sfruttato questi metodi per infiltrarsi nelle democrazie occidentali, riuscendo ad influenzare numerosi eventi politici, i cui più rilevanti sono le elezioni presidenziali del 2016 in USA e il voto sulla Brexit in UK. Nel contesto statunitense, i russi sono stati accusati di 3 cose: trapelare e hackerare e-mail del DNC (dichiarato colpevole), inondare l’ambiente informativo in modo da influenzare l’opinione pubblica (dichiarato colpevole) e collusione diretta con le principali figure politiche statunitensi (prove ancora circostanziali).
L’obbiettivo principale di Mosca non è, come genuinamente accade spesso, sostenere un certo candidato perché se ne condividono gli obbiettivi o gli ideali, bensì semplicemente creare destabilizzazione nelle democrazie occidentali, politica chiave al Cremlino da diversi anni. Trump, ad esempio, era favorito a Hillary Clinton in quanto avrebbe creato la maggior quantità di tensioni, tossicità e, in una certa misura, avrebbe minato la fiducia nelle istituzioni democratiche americane, nonostante l’altra candidata sarebbe stata più prevedibile sul piano internazionale. Questo importante obbiettivo viene assiduamente perseguito mediante altre due strade, molto più subdole e pericolose.
La prima è l’utilizzo della comunicazione per amplificare il più possibile dibattiti su argomenti divisivi e agitare le masse, usufruendo spesso di bot e troll sui vari social media; la giornalista italiana Marta Ottaviani ha discusso molto bene di questa cyber war nel suo libro Brigate Russe. La seconda strada è la più importante in assoluto da comprendere, in quanto controintuitiva: si cerca di aumentare la visibilità di individui che hanno una visione massimalista dell’infiltrazione russa. A Mosca vi è infatti la forte convinzione che il panico generato da una comunicazione allarmista sarà il vero innesco della frattura, che porterà poi i russi a controllare direttamente gli Stati che soccomberanno. Il risultato di queste tecniche, da anni applicate in vari Paesi occidentali, è l’esternalizzazione dei coflitti interni: problemi locali, che andrebbero risolti internamente alle democrazie, vengono attribuiti ad un’interferenza esterna legittimamente temuta. L’esempio italiano più appropriato è la caduta del Governo Draghi: ho posto io stesso il dubbio in un mio recente articolo, è dovuta ad interferenze del Cremlino? Verosimilmente non c’entrano nulla, è tutto frutto di una classe politica inadeguata, che mira a soddisfare i propri interessi senza curarsi degli effetti delle scelte intraprese sul Paese. Utilizzando le parole di Vlad, “stiamo guardando le nostre democrazie affondare facendo finta che non ci sia niente di sbagliato in esse, tutto è causato da tutti quegli agenti stranieri, senza capire che dovremmo riconoscere ed affrontare urgentemente i problemi interni per non affondare la nave della nostra democrazia, al massimo la si può portare fuori dalla baia in oceano aperto, dove le acque saranno agitate, e per questo dobbiamo essere preparati”.
Le vittorie politiche in UK e USA sono quasi irrilevanti rispetto all’impatto di queste ultime due strategie, soprattutto considerando il risultato a cui stanno conducendo. Inoltre, è importante notare come numerosi politici in Occidente stiano utilizzando le tecniche manipolative russe nei loro discorsi, nella maggior parte dei casi appartenenti a partiti demagogici. Ad esempio, durante la pandemia Boris Johnson induceva le persone ad indossare le mascherine, ma senza dirlo in pubblico, dando luogo ad uscite simili a “beh, le mascherine sai, sono davvero fantastiche, ma non ne indosso una, non ne vedo la necessità, ma sono davvero fantastiche”. Si tratta di un comportamento peggiore della menzogna sistematica: ci si sta impegnando in una sorta di messaggio misto che è progettato per evidenziare contemporaneamente la verità e il dubbio sulla stessa, oltre a dirigere messaggi opposti a pubblici diversi, insomma sta cercando di dire tutto e niente allo stesso tempo per massimizzare i consensi, creando una notevole confusione.
Questa è la propaganda russa, un innovativo e complesso metodo di lavaggio del cervello che mira ad annientare la razionalità degli individui. L’antidoto? Analizzare il mondo con il metodo scientifico: porsi domande, confrontare varie fonti e soprattutto studiare, perchè solo attraverso la comprensione dei fenomeni, scientifici o sociali che siano, si può riuscire a delineare una chiara e netta linea che divide i fatti dalla propaganda. Solo in questo modo sarà possibile non far affondare la fragile nave delle nostre democrazie.