Tornano i consigli di lettura della redazione!
15 dicembre 1942. Il ventisettenne Joseph, in aperta polemica con «un’epoca di duri» e di uomini che fanno virtù dell’ascetismo e della sopportazione, uomini per cui ogni forma di vita interiore e autoanalisi è soltanto un segno di «debolezza», decide di scrivere un diario. D’ora in avanti si studierà giorno per giorno e osserverà crescere dentro sé stesso un senso frustrazione, incertezza, una divorante rabbia che distruggerà anche i più quieti momenti della sua esistenza quotidiana. Al punto da spingerlo a confessare: «Non so come usare la mia libertà» e a desiderare la disciplina del servizio militare, che sola potrà sollevarlo dal fardello dell’autodeterminazione e della libera scelta.
Il primo romanzo del premio Nobel canadese Saul Bellow è un romanzo sull’attesa e sulla libertà, un libro che permette al lettore di toccare con mano l’infernale vuoto in cui possono rinchiuderci le procedure e le tempistiche della burocrazia statale, le costrizioni di una vita economicamente insoddisfatta – «ai pezzenti non è dato scegliere», è rinfacciato a Joseph dalla ricca e viziata nipotina Etta – ma anche la volgarità e l’arroganza del benessere e dei benestanti, incapaci di rinunciare ai propri micragnosi privilegi persino in tempi di necessità.
Leggere Uomo in bilico, oltre che a immergersi nella prosa di uno dei più grandi e divertenti autori del Novecento, permette quindi al lettore di oggi, sopraffatto dalla gravosa frenesia della vita di tutti i giorni, di rifocalizzare l’attenzione su sé stesso e domandarsi: sono soddisfatto della vita che conduco? Sto sfruttando al meglio la mia libertà? E anche più importante: sono ancora un individuo?
Davide Membrini
È capitato a tutti, durante un’abbuffata natalizia o pasquale, di sentire quello zio un po’ strano sproloquiare di “antichi astronauti”, “extra-terrestri” e, chissà, magari anche di fenomeni bizzarri situati tra lo spiritismo e il paranormale che la “scienza ufficiale” (sic!) non è in grado di spiegare. Invero, per quanto bizzarre possano sembrare ai più le speculazioni su un’antica sapienza portata dagli alieni a delle civiltà perdute (su tutte Atlantide), il pensiero magico che fonda tutte le pseudoscienze è proprio quello che rende attraente l’astrologia o le medicine alternative come l’omeopatia.
Il libro del professore Marco Ciardi (storico della scienza) è un tentativo di raccontare il complesso rapporto tra scienza e pseudoscienza, da un lato presentando il contesto storico-culturale (spesso molto vicino al nostro) nel quale sono emerse le credenze più disparate, dal mesmerismo alla fantarcheologia passando per la Società Teosofica, presentando alcune delle tesi principali di queste correnti di pensiero; dall’altro lato, l’autore pone la questione della dignità epistemologica della pseudoscienza confrontandola con quella della scienza. Il libro si sofferma a più riprese su degli elementi cardine del procedimento scientifico (la revisione tra pari, la trasparenza sui metodi impiegati, la diversità delle fonti, la replicabilità degli esperimenti ecc.) che lo rendono aperto e democratico (anche se certamente perfettibile). Al contrario, le pseudoscienze ereditano dal pensiero magico la chiusura di un sapere, tipicamente iniziatico, che non sa (o forse non può) rivelare al pubblico i mezzi e le fonti utilizzate per arrivare alla conoscenza.
Il libro è solo una breve introduzione ad un tema genuinamente complesso, tuttavia riesce a presentare lo sviluppo storico di scienza e pseudoscienza come quello che veramente fu: il tentativo umano di comprendere le cose del mondo, con i suoi trionfi e i suoi insuccessi.
Taleb è un saggista, filosofo e matematico di origine libanese, esperto di rischio e autore di vari libri su incertezza e probabilità, tra cui Antifragile e Giocati dal caso.
In Il cigno nero, Nassim Nicholas Taleb esplora come eventi rari e imprevedibili – i “cigni neri” appunto – influenzino in modo determinante la storia, l’economia e la nostra vita quotidiana. Taleb sostiene che le persone tendono a ignorare questi eventi perché pensano principalmente in modo lineare, sottovalutando il ruolo dell’imprevisto. La mente umana si è aggrappata alla sicurezza dei modelli matematici e statistici per prevedere il futuro, dinamica che tenta giustamente di potenziare la capacità di pianificazione di diverse discipline. L’errore che negli anni si è commesso è stato quello di ignorare l’incertezza e di conseguenza non imparare a gestirla, è stata semplicemente allontanata. Taleb invita a ripensare il concetto di rischio e a riconoscere il potere dell’imprevedibile: sono i cigni neri che nel corso della storia hanno guidato il progresso e portato il cambiamento più significativo.
Scritto da due pesi massimi della materia, “The Psychology of Misinformation” è fra le guide più aggiornate sul problema della disinformazione ai tempi dei social. Uscito ad aprile 2024, contiene riferimenti alla letteratura scientifica più recente sul fenomeno della disinformazione, visto attraverso la lente della psicologia cognitiva e sociale.
Tra i temi che vengono affrontati nel libro c’è innanzitutto quello di come definire la disinformazione, termine che in italiano non restituisce la differenza tra “misinformation”, informazione falsa diffusa involontariamente, e “disinformation”, che è invece informazione falsa diffusa consapevolmente. Si analizzano i poi i cosiddetti driver’ della disinformazione, cioè tutti quei fattori cognitivi, socio-affettivi ed ambientali che ne favoriscono il radicamento e la circolazione. Per poi terminare, nei capitoli finali, con le possibili strategie di contrasto alla disinformazione.
Tra queste , in particolare, si parla in maniera estesa della cosiddetta “inoculation”. Si tratta di una tecnica di contrasto alla disinformazione molto efficace che Roozenbek e van der Linden, i due autori, hanno studiato ed elaborato personalmente negli anni. L’inoculation si basa su un’analogia con la vaccinazione. Così come la vaccinazione prevede la somministrazione di una forma indebolita di un patogeno per dotare il corpo di una difesa immunitaria contro future infezioni, allo stesso modo è possibile esporre i soggetti a piccole dosi di disinformazione in ambienti controllati allo scopo di dotarli di ‘anticorpi cognitivi’ contro future istanze di disinformazione.
“The Five-Million-Year Odyssey” è un libro molto ambizioso, in quanto si prefigge l’obiettivo di riorganizzare il sapere scientifico riguardo il viaggio dell’essere umano dal periodo dei nostri antenati ominidi fino alla rivoluzione neolitica (lo sviluppo e diffusione delle prime tecniche agricole). L’autore, Peter Bellwood, è uno stimato archeologo che ha dedicato la carriera allo studio di questi argomenti, in particolare alle rotte migratorie preistoriche. Il libro descrive alcuni punti di svolta nella storia umana, illustrando le principali ipotesi sulle loro cause, e presentando prove empiriche (provenienti dalla ricerca archeologica, biologica, e linguistica) per valutarne la plausibilità. Le principali tematiche trattate sono la separazione dagli ominidi, la migrazione fuori dall’Africa e verso ogni altro angolo del mondo, l’apparizione dell’homo sapiens, lo sviluppo di attrezzi e tecniche di produzione di cibo che hanno fondamentalmente cambiato il corso della storia umana.
Il lavoro dell’autore è ammirevole per cura al dettaglio e per utilizzo di tante fonti diverse che spaziano in ambiti di studio molto dissimili tra loro. Si tratta di un’opera di grande rilievo per chi si interessa di preistoria e di evoluzione umana.