In tutta Europa l’estrema destra sta ormai diventando semplicemente “destra”, grazie alla sempre più palese debolezza dei tradizionali partiti conservatori, incapaci di conquistare l’elettorato con dei messaggi convincenti. Oggi non solo troviamo sempre più partiti della destra anti-immigrazione, ma essi sono ormai diventati degli attori riconosciuti e rispettati all’interno delle democrazie occidentali. Le barriere che una volta tenevano fuori dal perimetro politico questi partiti sono ora venute meno.
Di tutto questo si è occupato negli scorsi giorni Roger Cohen, giornalista del New York Times, che con una lunga analisi ha cercato di tracciare i caratteri dell’ascesa della nuova estrema destra europea e i pericoli ad essa connessi.
In Francia il nuovo volto dell’estrema destra è il 28enne Jordan Bardella. Bardella si è unito al Rassemblement National all’età di 16 anni ed è diventato presto il protetto di Marine Le Pen. Moderato e contenuto nei toni, Bardella rappresenta al meglio lanormalizzazione delRassemblement National, un partito che non molto tempo fa veniva considerato come una minaccia fascista per la sicurezza della Francia repubblicana. Bardella, come presidente del Rassemblement National, sta guidando la campagna del partito per le elezioni del Parlamento Europeo di giugno.
In Italia troviamo al governo Giorgia Meloni, che ha iniziato la sua carriera politica in un partito dichiaratamente neo-fascista e che ora guida il governo italiano più a destra della storia repubblicana. In Svezia il governo di centro-destra dipende dai voti in parlamento dei Democratici Svedesi, un altro partito di origini neonaziste in forte crescita. In Olanda a novembre Geert Wilders, che tra le altre cose ha definito “feccia” gli immigrati provenienti dal Marocco, ha vinto le elezioni con il suo Partito per la Libertà, spingendo i partiti di centro-destra a negoziare con lui la formazione di un nuovo governo di coalizione.
Quest’annola crescita dell’estrema destra in tutta Europa appare dunque senza freni. Secondo gli ultimi sondaggi il Rassemblement National è il primo partito in Francia con il 31% dei voti, quasi il doppio rispetto al 16% assegnato a Renaissance, la coalizione centrista del presidente Emmanuel Macron.
Con questa spinta i partiti anti-immigrazione potrebbero quindi arrivare a conquistare fino a un quarto dei seggi del Parlamento Europeo. Un risultato del genere porterebbe probabilmente a un inasprimento delle normative sull’immigrazione in tutta Europa, a un’ostilità verso le varie riforme ambientali, e a una pressione per una politica più conciliante nei confronti della Russia di Putin. Per la Francia significherebbe la definitiva legittimazione di un partito nazionalista e xenofobo, un qualcosa di impensabile fino a solo un decennio fa.
La scalata dell’estrema destra europea verso il potere è stata lunga. Dal dopoguerra a oggi la politica europea è stata dominata solo da due grandi schieramenti: il centro-sinistra e il centro-destra. Questi partiti hanno però visto con l’arrivo della globalizzazione post-Guerra Fredda una graduale erosione del loro consenso popolare, che si basava sulle unioni dei lavoratori per il centro-sinistra e sulla chiesa per il centro-destra. L’incredibile sviluppo tecnologico degli ultimi 30 anni ha poi gettato le basi per società maggiormente diseguali, polarizzate e irritabili. La stessa definizione di verità ha iniziato a vacillare con l’arrivo di internet e dei social media, luoghi perfetti per la circolazione delle fake news.
In questo scenario la tradizionale contrapposizione tra centro-sinistra e centro-destra ha perso presto il suo significato, con i partiti moderati che hanno iniziato a sembrare indistinguibili agli occhi degli elettori. Questi attori si sono infatti dimostrati incapaci di rispondere alle nuove domande delle persone, come ad esempio sull’immigrazione. Lo spostamento della classe operaia verso i partiti della destra anti-immigrazione spiega bene questo fenomeno, ed è la tipica espressione di una crescente frustrazione verso la maggiore disuguaglianza e la stagnazione dei salari. Anche i graduali cambiamenti culturali in senso progressista hanno offerto ai leader di estrema destra terreno fertile per la loro retorica ultra-conservatrice.
A coronamento di quest’ascesa c’è stata poi l’istituzionalizzazione dell’estrema destra, che si è dimostrata disposta a moderarsi e ad abbandonare le sue richieste più radicali. Oggi nessuno di questi partiti dichiara di voler uscire dall’UE o dall’eurozona, e persino le spinte più razziste sono state represse, anche se l’islamofobia continua a ricoprire un ruolo preponderante.
I moderni partiti di estrema destra non hanno nulla in comune con il militarismo del fascismo, ma si basano invece più sull’odio verso l’altro e sui continui richiami alla gloria nazionale. Nathalie Tocci, una famosa politologa italiana, ha spiegato al New York Times come nel combattere questi partiti il richiamo al loro passato fascista sia pressoché inutile.
“Dare continuo risalto ai collegamenti tra i moderni partiti di estrema destra e i loro antenati nazi-fascisti non ha l’effetto di scoraggiare l’elettorato a muoversi verso questi nuovi attori. L’unico modo per combatterli è con la forza delle idee, dimostrando come le loro proposte non solo fossero sbagliate ieri, ma siano sbagliate anche oggi”.
L’immigrazione continua ad essere il tema di punta dell’estrema destra europea. Gli immigrati infatti tendono ad essere visti dall’elettorato solo come beneficiari di sussidi statali, individui che sottraggono al resto della popolazione risorse importanti da investire nel welfare (scuola, sanità, eccetera). Si trascurano invece gli enormi benefici che le persone immigrate possono portare a livello di nuova forza lavoro e nuova base imponibile, capace di sostenere proprio un welfare sempre più indebolito da una popolazione in costante invecchiamento.
Ma di fronte a tutto questo la vera domanda è se davvero la vittoria di partiti con radici fasciste possa portare a una caduta della liberal-democrazia europea. Per alcuni la risposta è no: i moderni partiti di estrema destra sono solo delle riproduzioni sbiadite dei partiti nazi-fascisti del secolo scorso, e l’Unione Europea li vincola a seguire determinate regole del gioco. Ma per altri la pericolosità di questi partiti non è da sottovalutare, mostrando come alcuni di questi attori si siano già mossi per minare le fondamenta democratiche dei loro paesi.
Il primo ministro ungherese Viktor Orban, al potere da ormai 18 anni, rappresenta un modello per tutti i nuovi partiti di estrema destra. Ed è proprio l’esempio del governo autoritario di Orban a preoccupare gran parte degli osservatori sull’effettiva pericolosità dell’estrema destra europea. Il primo ministro ungherese in questi anni non si è limitato infatti a demonizzare gli immigrati, ma è riuscito a mettere fuori gioco la magistratura indipendente e a sottomettere a sé gran parte dei mezzi di informazione. Per allargare poi le maglie del suo potere, Orban ha creato nuove élite a lui fedeli utilizzando il più classico dei capitalismi clientelari, distribuendo e controllando incarichi e nomine nelle più importanti aziende del paese. Attraverso la manipolazione della memoria storica ungherese Orban è riuscito inoltre a dare voce a una nuova narrazione nazionale caratterizzata sia dal vittimismo che dall’eroismo, temi che contribuiscono a creare una volontà popolare affine al suo governo. Dunque l’Ungheria è ormai una democrazia illiberale dominata da un partito unico pronto a tutto pur di rimanere al potere.
A segnalare la pericolosità della destra anti-immigrazione europea troviamo poi il partito tedesco Alternative für Deutschland (AfD), che rappresenta l’esempio più estremo tra questi nuovi movimenti politici. Fondata nel 2013, l’AfD è oggi valutata al 20% nei sondaggi nazionali, nonostante il servizio d’intelligence tedesco abbia contato tra le sue fila circa 10000 estremisti. Negli scorsi mesi inoltre varie inchieste hanno svelato diversi piani del partito riguardanti deportazioni di massa di immigrati e persino un complotto per rovesciare il governo.
“La normalizzazione della destra non la rende necessariamente meno estrema. Con una situazione più favorevole, segnata magari da delle istituzioni europee più a destra e da un ritorno di Trump alla Casa Bianca, anche leader più moderati come Giorgia Meloni potrebbero mostrare il loro vero volto, dando rinnovato vigore alle loro idee più estreme sbandierate fino a pochi anni fa. Lo stesso supporto italiano all’Ucraina appare oggi più come una postura motivata dalla necessità di mantenere buoni rapporti con le istituzioni europee. Ma con la caduta di questi vincoli, la Meloni non ci penserà due volte a tagliare il proprio supporto a Kyiv”, ha spiegato Nathalie Tocci sempre al New York Times.
Tuttavia l’ascesa dell’estrema destra, per quanto forte e trasversale, non è un risultato scontato. Ad esempio l’anno scorso in Polonia il partito di estrema destra Diritto e Giustizia ha subito una pesante sconfitta elettorale, dopo che per diversi anni aveva guidato il paese verso un sistema democratico illiberale, sulla falsariga dell’esempio ungherese.
Non bisogna quindi sottovalutare la resilienza e la capacità di risposta dei regimi democratici. Ma lo stesso vale per le minacce autoritarie rappresentate da questi nuovi partiti. Bisogna dunque tenere alto il livello dell’attenzione, perché per tutelare le nostre democrazie è necessario un impegno continuo ed efficace da parte di tutti noi.