Per Rina Gonoi (五ノ井 里奈) la via della giustizia era puntellata di ostacoli di ordine sociale e culturale. Tuttavia la sua vicenda è riuscita a scuotere l'opinione pubblica giapponese e quella mondiale, con esiti epocali per la società nipponica.
Rina Gonoi, o meglio, alla giapponese, Gonoi Rina (五ノ井 里奈), è una giovane donna di nata nella prefettura di Miyagi nel 1999. Appassionata di Judo fin da bambina inizia a praticare l’arte marziale creata da Jigoro Kano prima di andare a scuola, a quattro anni, con suo fratello.
Il suo sogno è partecipare alle olimpiadi. Ma lo Judo non è l'unica cosa importante per lei. Dopo il terremoto e lo tsunami del 2011, inizia ad ammirare i membri dell’esercito (Forze di Autodifesa giapponesi, JSDF), per l’aiuto che danno alla popolazione colpita dall'evento. La stessa famiglia di Gonoi è stata coinvolta nel terremoto e aiutata dagli uomini e le donne delle Japan Self Defence Force.
Crescendo, Rina continua ad allenarsi nell’arte marziale e vince molte competizioni. Dopo la scuola superiore si iscrive all’università, ma la abbandona nel 2020 per arruolarsi nelle forze armate di terra.
Essere nell’esercito può aiutarla a proseguire la carriera sportiva (come fanno molti atleti anche nel nostro paese) diventando istruttrice militare di Judo. All’inizio sembra tutto perfetto. Ma quegli uomini in uniforme che ha tanto ammirato da bambina durante il terremoto non sono tutti come li aveva immaginati.
Nell’agosto 2021 partecipa a un'esercitazione in montagna. In quei giorni subisce, per diversi giorni, pesanti molestie sessuali da parte di alcuni soldati, mentre altri guardano ridendo o fanno finta di niente.
Gonoi denuncia i molestatori. C’è un’inchiesta della polizia militare ma nessuno è disposto a testimoniare in suo favore. L'inchiesta si conclude con un nulla di fatto, anche perché i vertici non hanno intenzione di andare a fondo.
La delusione di Rina è grande, come la sua sofferenza. Ma decide di andare avanti. Dopo aver lasciato l’esercito inizia a insegnare Judo nel dojo del Sensei Omigawa Michihiro, atleta di fama internazionale, campione di Judo e di MMA, che le dimostra molta vicinanza, convinto sia delle sue capacità di insegnamento, sia dell’utilità di questa attività nel recuperare la fiducia in sé stessa.
Rina, trasformata la sua passione in un lavoro, riprende la sua lotta. I colpevoli devono pagare, e soprattutto l’esercito deve ammettere quello che è successo e non far finta di nulla. E il problema non riguarda solo le forze armate. In Giappone, come in altri paesi tra cui il nostro, spesso le vittime di violenze e molestie sessuali non presentano denuncia, perché temono di non essere credute, perché sono sottoposte a interrogatori umilianti e soprattutto perché troppe volte la vittima viene colpevolizzata e il colpevole giustificato. A volte la vittima dello stupro subisce una seconda violenza, come ci ricordano alcuni casi avvenuti in Italia. Soprattutto, troppo spesso le vittime non subisco alcuna punizione.
Perciò Rina decide di fare qualcosa di estremamente difficile in un paese come il Giappone: mettersi in mostra.
Rina pubblica sui social la sua storia. I post e i video diventano virali. La donna subisce attacchi verbali e ogni tipo di insulto, ma trova anche molta solidarietà. Raccoglie centomila firme che chiedono di aprire un processo.
Parla di fronte ai giornalisti in molte conferenze stampa. Molti giornali parlano di lei, non soltanto in Giappone ma anche nel resto del mondo. Il caso scuote la nazione nipponica e molte vittime di violenze e molestie trovano il coraggio di denunciare.
Il Ministero della Difesa porge pubblicamente le scuse a Rina Gonoi per il torto subito.
Un’inchiesta dell’esercito dimostra che oltre 1300 persone hanno subito molestie sessuali ma i vertici delle forze armate hanno ignorato il problema. Finché non è arrivata Rina Gonoi.
Due funzionari del ministero le consegnano le scuse ufficiali si inchinano profondamente di fronte a lei (in Giappone l’intensità dell’inchino è importante). Infine, si svolge finalmente il processo contro i suoi ex commilitoni presso la corte di Fukushima: tre imputati, espulsi dall'esercito, vengono condannati a due anni di detenzione con pena sospesa con la condizionale per quattro anni. Ma a Rina questo non importa. Di fronte alla stampa, emozionata, commenta la sentenza dicendo “la condanna dimostra che i loro atti sono stati un crimine”. E questa è la cosa importante.
La lotta di Rina non è finita: ha citato in giudizio i colpevoli e lo stesso stato giapponese per una causa civile di risarcimento per i danni psicologici subiti. E invita tutte le vittime a denunciare. La sua battaglia ha probabilmente anche stimolato l’approvazione di una legge che modifica, migliorandola, la normativa sui reati sessuali, approvata nel 2023.
Come diceva il fondatore dello Judo, Jigoro Kano: Se, conoscendo la metodologia per la difesa personale, si ha la forza d’animo di opporsi alla violenza per la giustizia, coloro che tramite la violenza si propongono di intimidire le persone scompaiono.