Ieri riflettevo che tutto sommato a questo giro sarebbe giusto che venisse eletto un candidato, comunque all'altezza del ruolo e non divisivo, ma che pendesse un po' più a destra che non a sinistra.
I motivi che mi portavano a questa posizione erano almeno tre:
1) In un Paese tutto sommato diviso in due, cinque degli ultimi sei presidenti (Pertini, Scalfaro, Ciampi, Napolitano e Mattarella) erano orientati più a sinistra, se non decisamente di sinistra, anche se gli specifici nomi erano stati scelti per non essere particolarmente indigesti agli avversari. L'eccezione, quello che pendeva più a destra, era Francesco Cossiga, ma si parla di un mandato finito trent'anni fa;
2) Due delle tre principali forze di centrodestra hanno dimostrato di saper anteporre gli interessi nazionali al proprio orientamento prevalente (in particolare la Lega) accettando di appoggiare il governo Draghi;
3) In questo momento storico la destra ha una rappresentanza parlamentare numericamente tale da poter, se non imporre, almeno proporre, un candidato che possa poi essere accettato come degno della più alta carica anche da chi di centrodestra non è.
Mi sembrava che tutto filasse, anche con la piccola riserva di una maggiore difficoltà nel reperimento di un nome di area centrodestra, ma alto e non divisivo. La sensazione è che nel centrosinistra ci sia qualche nominativo in più di quel genere (alto, esperto, non particolarmente fazioso).
Tra i nomi di area del centrodestra fatti finora, Marcello Pera e Letizia Moratti, ad esempio, non mi sembrano particolarmente "forti", ma forse Salvini and friends hanno qualche altro asso nella manica che tengono ben coperto (Tajani? Ma non era filo-monarchico da giovane?, Severino sembra abbastanza equidistante, forse troppo, dagli schieramenti, chi altri?). O il sempiterno Gianni Letta, come qualche lettore mi segnala.
Tutto questo, ovviamente, vale se non ci fosse un'ampia convergenza su Mario Draghi. Poi ci sarebbe da chiedersi chi mandare a Palazzo Chigi, ma tralasciamolo al momento.
Il mio bel discorso si scontra però con un dato di fatto: il centrodestra non è affatto in maggioranza tra i 1009 grandi elettori.
Il calcolo non è semplicissimo, ma tra Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia e Coraggio Italia (il partito di Toti e Brugnaro) il conto si ferma a 442. Aggiungendo qualche nome di orientamento di centrodestra (da Noi con l'Italia a qualche sparso peone) oppure decisamente di destra (Italexit) si può fare un +15 e arrivare a un ottimistico 457.
Dall'altra parte M5S, PD, IV, Leu, Azione, +Europa, Radicali, Centro Democratico, Maie, Psi, Facciamo Eco, forse non sono facilmente sommabili in positivo, ma in negativo potrebbero tranquillamente mettersi di traverso davanti all'elezione di un destrissimo, sia pur prestigioso, e loro sono 471.
Dei restanti 81 per arrivare a 1009, ben 56 sono fuoriusciti dal M5S (forse l'ago della bilancia se si andasse allo scontro, ma non credo), 8 decisamente di sinistra, 14 sono delle "minoranze linguistiche" (tradizionalmente orientate leggermente più a sinistra); 4 sono senatori a vita (Monti, Segre, Rubbia e Piano) difficilmente riconducibili a destra e 3 sono rappresentanti regionali ancora da eleggere.
Salta quindi il punto 3 del mio elenco: il centrodestra, forse moralmente e per i risultati dei sondaggi demoscopici può pensare legittimamente di essere nel proprio turno di battuta del set. Di fatto i numeri tra i grandi elettori dicono altro.