Trump rilancia la battaglia contro il Deep State: "Schedule F" al centro della campagna MAGA

La politica di gestione del personale federale è al centro del programma elettorale che mira a installare migliaia di fedelissimi nei posti chiave della burocrazia americana

Foto: Gerd Altmann/Pixabay

Il tentativo di Donald Trump di "prosciugare la palude" del deep state americano, come recita uno dei suoi più noti ritornelli elettorali, potrebbe tornare con forza in caso di vittoria nelle prossime elezioni presidenziali di novembre.  Secondo il programma elettorale del tycoon l'obiettivo è quello di riproporre il controverso decreto esecutivo 13957, meglio noto come "Schedule F", che garantiva ampi poteri discrezionali al Presidente degli Stati Uniti di assumere e licenziare dirigenti e funzionari delle agenzie federali. L'ordine esecutivo, nonostante la sua emanazione, non ha mai effettivamente concretizzato i propri effetti, in quanto è stato firmato a ridosso delle elezioni 2020 e poi revocato da Joe Biden il 22 gennaio 2021, due giorni dopo la sua inaugurazione.

Questa politica di gestione del personale federale era sostanzialmente uno spoil system estremamente aggressivo che prevedeva la creazione di una nuova categoria per le posizioni lavorative federali, lo Schedule F. Questa categoria sarebbe estromessa dal c.d. competitive service, di cui fanno parte la stragrande maggior parte dei dipendenti federali e le relative posizioni sarebbero state riqualificate come excepted service. I dipendenti del competitive service vengono usualmente assunti mediante concorso e vantano ampie garanzie giuslavoristiche che li proteggono dal potere politico . Contrariamente, per i dipendenti dell'excepted service non sono richiesti processi competitivi per l'assunzione e non si applicano le norme su licenziamento e whistleblowing. Secondo l'iniziativa, sarebbero state incluse nello Schedule F tutte le posizioni, esistenti e future, di carattere "confidenziale o di definizione, decisione o sostegno delle politiche". Di conseguenza, a seguito dell'inquadramento di un dipendente in questa definizione piuttosto generica, lo stesso sarebbe stato esposto, tra le altre cose, al licenziamento discrezionale da parte della Casa Bianca.

Secondo un rapporto del Government Accountability Office, nessuna agenzia aveva effettivamente inserito delle posizioni nella Schedule F prima della revoca dell'ordine esecutivo da parte di Biden. Tuttavia, due agenzie avevano presentato delle richieste scritte all'Office of Personnel Management (OPM) al fine di inserire delle posizioni nella Schedule F: l'Office of Management and Budget (OMB), diretta in quel momento da Russell Vought, un cristiano ultranazionalista membro di un gruppo collegato alla Heritage Foundation che ha partecipato alla stesura di Project 2025, e la U.S. International Boundary and Water Commission (USIBWC). L'OPM aveva approvato la richiesta dell’OMB di inserire il 68 per cento della forza lavoro dell’agenzia nello Schedule F. È evidente da questa parziale applicazione della norma che se questi numeri fossero stati applicati a tutte le altre agenzie, l'executive order avrebbe potuto causare una riqualificazione di centinaia di migliaia di dipendenti federali, alterando significativamente il sistema di incentivi su cui si regge la macchina burocratica delle centinaia di agenzie esistenti, tra cui FBI, CIA e Department of Justice. Le posizioni proposte per lo Schedule F riguardavano diverse aree funzionali all'interno dell’OBM, tra cui l'esame dei programmi esecutivi, i servizi digitali dell'agenzia e l'analisi delle politiche da adottare.  Ad ogni modo, l’OMB non aveva completato le necessarie procedure prima del cambio di amministrazione ed aveva interrotto il processo di inserimento delle posizioni nello Schedule F su indicazione della nuova leadership democratica.  Non c'è stato quindi alcun test di queste decisioni davanti ad una corte federale

Visto il suo potenziale dirompente, lo Schedule F ha sollevato forti critiche da parte di diversi attori interessati alla gestione del personale federale, tra cui associazioni professionali, sindacati, accademici, ex funzionari ed organizzazioni non governative. Alcuni di essi hanno sostenuto che l'ordine esecutivo avrebbe minato i principi di merito e di imparzialità che sono alla base del civil service americano, istituito nel 1883 con la legge Pendleton, introdotta proprio per ridurre lo spoil system e disincentivare la corruzione. Altri hanno sottolineato i rischi di una politicizzazione eccessiva della burocrazia federale, che avrebbe potuto compromettere la professionalità e l'indipendenza degli impiegati pubblici, nonché la loro protezione da possibili ritorsioni per motivi politici.

Alcune agenzie avevano invece espresso parere positivo per via dei possibili vantaggi derivanti dall'inserimento di posizioni nello Schedule F, tra cui una maggiore flessibilità e rapidità nell'assunzione di personale qualificato e motivato, una maggiore capacità di rimuovere i dipendenti con scarse prestazioni o in conflitto con la leadership, e una maggiore coerenza nella formulazione e nell'attuazione delle politiche.

Secondo alcune fonti giornalistiche ed accademiche, l'idea di creare lo Schedule F è stata concepita da un giovane ideologo conservatore, James Sherk, che ha lavorato come consulente speciale per la politica interna della Casa Bianca per la scorsa amministrazione. Sherk ha anche collaborato a lungo con la Heritage Foundation ed è ora direttore dell'America First Policy Institute, altro think tank ultraconservatore vicino a Trump. La proposta di Sherk è stata elaborata in segreto, senza coinvolgere le agenzie interessate, il Congresso, i sindacati o la comunità accademica. L'ordine esecutivo è stato emanato con poco preavviso a due settimane dalle elezioni presidenziali del 2020 ed imponeva alle agenzie di condurre una revisione di tutte le loro posizioni per determinare quali di esse avrebbero dovuto essere inserite nello Schedule F.  La base legale per la sua proposta è stata ricavata da una sezione del titolo 5 dello U.S. Code ed il substrato ideologico dell'intuizione di Sherk si fonda su una teoria giuridica conservatrice, nota come unitary executive theory, che attribuisce al Presidente un potere sostanzialmente illimitato di dirigere e rimuovere i dipendenti del ramo esecutivo, già parzialmente applicata a livello statale in giurisdizioni governate dai repubblicani, come nella Florida di Ron de Santis, ex candidato alle primarie GOP e grande sostenitore dello Schedule F.  Trump è stato talmente soddisfatto del lavoro svolto da Sherk da recapitargli una copia firmata della copertina del Washington Post che titolava "assalto ai federali" assieme alla penna che ha utilizzato per firmare il decreto esecutivo sull'Air Force One.

Le preoccupazioni degli osservatori riguardo alla reintroduzione dello Schedule F sono ulteriormente alimentate da Project 2025, che si pone come obiettivo esplicito proprio la riproposizione di questo decreto nella lunga sezione riservata alla ripresa "delle redini del Governo". La Heritage Foundation starebbe addirittura preparando un database con decine di migliaia di futuri dipendenti federali da installare nel caso di una nuova amministrazione Trump, una sorta di ondata MAGA che scardinerebbe il funzionamento attuale della macchina burocratica federale. L'ex Presidente ha tiepidamente preso le distanze da Project 2025 e dalla fondazione, ma almeno 140 persone che hanno lavorato nella sua amministrazione hanno anche collaborato alla stesura del manifesto.

Vista la vicinanza della campagna Trump a Project 2025, la discussione sullo Schedule F potrebbe diventare quindi una questione centrale per il futuro della democrazia e della governance pubblica negli Stati Uniti.

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