Il governo ha reso note le linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per accedere ai fondi previsti dal Recovery Fund.
Il governo ha reso note le linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per accedere ai fondi previsti dal Recovery Fund.
Come spiegato in diverse occasioni, al fine di ottenere le risorse messe a disposizione dal nuovo meccanismo europeo di sostegno alla ripresa è necessario che il governo presenti un programma
Sebbene le linee guida siano ancora troppo generiche per esprimere un giudizio definitivo sulla strategia proposta dal governo è tuttavia possibile formulare almeno 3 considerazioni sull’impianto teorico al quale fanno riferimento:
La visione sottostante alla strategia del governo, nonostante i riferimenti a concetti alla moda come “innovazione digitale” e “rivoluzione verde” appare non solo saldamente radicata nel passato, ma anche convintamente intenzionata a guardare nella direzione opposta a quella dove si dirige il resto del mondo.
L’Italia è una grande “manifattura” che può prefiggersi obiettivi apparentemente ambiziosi come raddoppiare il tasso di crescita del PIL (che vuol dire raggiungere a malapena la media degli altri paesi dell’unione) grazie alla taumaturgica combinazione una PA Digitale, di una non meglio specificata rivoluzione green e delle intramontabili infrastrutture su cui far circolare cose e persone come se la pandemia attualmente in corso non ci avesse insegnato nulla.
La produttività stagnante, tra le principali determinanti della scarsa crescita economica degli ultimi decenni, sarà recuperata nazionalizzando imprese industriali incapaci di competere con concorrenti esteri su prodotti tradizionali, mentre nel resto del mondo la partita si gioca sempre più sui servizi immateriali veicolati attraverso canali digitali e anche la circolazione fisica delle cose e delle persone è sempre più orientata all’efficienza e alla ottimizzazione di tempi e costi.
Visto che con le ricette della nonna tornerà la crescita è il caso di pensare a come ripartire i frutti del nuovo miracolo italiano perseguendo una maggiore equità sociale, di genere e territoriale, che fuori dalle etichette di circostanza vuol dire nuovi sussidi in cambio di consenso.
Del tutto non pervenuta la dimensione della concorrenza, con la complicità del momento storico nel quale il desiderio di protezione da parte dello stato sembra prevalere sulle aspirazioni a porter svolgere liberamente l’attività di impresa inseguendo nuove sfide e nuovi mercati.
Il tutto senza neanche menzionare che uno stato che si presenta come imprenditore (e innovatore) difficilmente potrebbe svolgere un ruolo credibile come arbitro nei confronti dei propri concorrenti diretti.
Per riepilogare non abbiamo ancora abbastanza informazioni, per bocciare il programma del governo, ma esistono sufficienti elementi per qualificare la strategia come
Non si tratta di un bel segnale e il riscontro da parte degli organi che dovranno valutare le proposte è tutto da vedere, ma il controllo dell’Europa potrà essere solo di alto livello e si limiterà ad evitare gli abusi più macroscopici: l’Italia si trova davanti a una nuova fondamentale opportunità , come quelle sperimentate con l’adesione all’euro e con la risposta BCE alle crisi dei debiti sovrani, sta a noi cercare di non sprecarla ancora una volta perché non esiste alcun vincolo esterno che possa salvarci da noi stessi.