Ponte sullo Stretto: un’analisi obiettiva

Talvolta questo tema viene affrontato in modo poco obiettivo da parte di chi è contrario al progetto per partito preso, anche semplicemente perché si tratta di un momento storico nel quale l’iniziativa viene sostenuta da un partito politico avverso.

C’è poi chi è contrario perché ritiene che la nuova costruzione andrebbe a collegare due aree, la Sicilia e la Calabria, che presentano al momento infrastrutture insufficienti e inadeguate a supportare il traffico che dovrebbe svilupparsi attraverso il ponte. Si tratta di un argomento fondato, se riferito alla opportunità di considerare l’opera non come uno sviluppo a sé stante, ma come parte di un più articolato progetto che intervenga anche sulle vie di comunicazione attualmente esistenti nelle due regioni.  

E’ abbastanza evidente che nel trattare la questione elementi di carattere politico, come la volontà di investire per supportare lo sviluppo di alcune aree del paese si sovrappongono a valutazioni di carattere economico, inerenti il rapporto tra  costi e benefici del ponte. 

Bisognerebbe perciò, valutare la convenienza economica e la fattibilità dal punto di vista strettamente tecnico ed è questo l’obiettivo del presente articolo basato sul progetto definitivo disponibile ad oggi. 

 

Il ponte è a campata unica, ovvero che attraversa lo stretto senza supporti intermedi nel mare. La campata di un ponte è infatti la parte degli impalcati compresa tra le torri o pile. In questo caso, la campata principale è supportata da due torri che si trovano sulle coste opposte. 

Fonte: MITE

Le due campate secondarie invece collegano le torri alla terraferma con ulteriori impalcati; queste però non vengono in genere conteggiate nel numero complessivo di campate. 

A tal proposito, per quale motivo non si pensa di costruire le due torri più vicine l’una all’altra?

La campata unica permette di avere le torri sulla terraferma. Questo comporta una campata principale dalla lunghezza da primato di 3,3 km, che farebbe del ponte di Messina il più lungo al mondo, cosa che pone sfide ingegneristiche notevoli. 

I vantaggi però si ritrovano nella massimizzazione dello spazio navigabile, in quanto eventuali torri o piloni intermedi non sarebbero d’intralcio al passaggio delle navi, ed inoltre fa sì che le torri non debbano essere costruite in acqua, cosa che semplifica alcuni aspetti della loro costruzione, soprattutto a livello di fondazione. 

La lunghezza della campata principale è sicuramente il parametro più rilevante nella progettazione di un ponte. Le forze e le deformazioni di una struttura sono infatti legate a tale parametro con relazioni esponenziali di ordine tre o quattro, a seconda della distribuzione dei carichi: se la lunghezza raddoppiasse, le forze e le deformazioni aumenterebbero esponenzialmente. 

Il ponte di Messina rientra nella tipologia dei cosiddetti “ponti sospesi”, ovvero con gli impalcati sospesi ad una serie di cavi connessi alla cima delle torri dalla forma di u-rovesciata chiamata catenaria; la stessa forma che assumerebbe una catena (da qui, catenaria) inflessa sotto il proprio peso tra due appoggi. La forma a catenaria permette al cavo di sorreggere gli impalcati del ponte senza trasferire forze aggiuntive allo stesso. La catenaria infatti è una forma che riesce a sostenere il suo stesso peso senza ulteriori vincoli. 

Dato che la catenaria ha una geometria ben precisa, quanto più lunga è la campata, tanto più alte devono essere le torri: per il ponte di Messina queste sarebbero alte 390 m sul livello del ma re. 

Fonte: MITE

Con questa conformazione, gli impalcati possono essere però molto snelli, in quanto le forze principali del ponte non devono essere resistite dall’ impalcato stesso. Nello specifico, il ponte di Messina è composto da tre impalcati: due per la sede stradale ed uno centrale per la sede ferroviaria. 

Fonte: MITE

Gli impalcati stradali, che per primi sono soggetti alle azioni del vento, sono stati progettati con una sezione aerodinamica denominata ad “ala rovescia” in galleria del vento (in un modello in scala dell’intero ponte); tale forma permette non solo di minimizzare l’azione del vento sull’impalcato ma anche stabilizzare l’impalcato stesso, un pò come fanno gli alettoni sulle auto da corsa. 

I materiali utilizzati per le strutture sono principalmente due: il calcestruzzo armato per le opere massive, ovvero le fondazioni e le opere contro terra, mentre l’acciaio è utilizzato per le strutture in elevazione, in modo da privilegiare la leggerezza e la snellezza.

Ma uno degli aspetti critici nella progettazione di un ponte così lungo è sicuramente la gestione degli spostamenti causati dalla dilatazione e contrazione termica, e gli spostamenti tettonici, come ad esempio lo spostamento relativo delle due coste negli anni, se non che spostamenti più importanti come quelli dati da venti e sisma. 

I primi sono di entità gestibili da dispositivi chiamati giunti di dilatazione. Questi apparati consentono il movimento relativo di parti della struttura nella direzione orizzontale pur garantendo la connessione rigida in direzione verticale. In questo modo il ponte può espandersi o contrarsi o ruotare senza sviluppare forze o deformazioni avverse. 

Fonte: MITE

Insieme ai giunti il ponte è dotato di dissipatori (smorzatori), che si attivano passivamente smorzando (e quindi diminuendo l’entità di) eventuali forze come l’azione sismica o l’azione del vento. 

Su queste ultime azioni ci sarebbe molto da dire. Ovviamente per sintetizzare, si può dire che il ponte è progettato per resistere ad entrambe. 

Il vento è una azione critica per la progettazione dei ponti. In prima istanza, è un'azione difficile da valutare: per questo, per strutture di questa complessità si ricorre a studi effettuati in galleria del vento su modelli del ponte. S’è già spiegato come la sezione degli impalcati abbia una conformazione aerodinamicamente efficiente. 

Per avere un'idea dei valori di progetto, il ponte è stato studiato per resistere a venti di velocità sino a 300 km/h, seppure limiti più bassi vengono usati per, ad esempio, limitare o chiudere il traffico sul ponte, in quanto un vento troppo alto potrebbe causare disagi alla circolazione (cosa che accade anche sulle strade normali, anche se su un ponte i venti alti ovviamente possono essere più rischiosi per i guidatori). 

L’azione sismica è studiata usando modelli numerici su software che utilizza accelerogrammi appositamente studiati (che simulano l’azione di sismi artificiali opportunamente calibrati) per analizzare il comportamento della struttura secondo per secondo (questo tipo di analisi si chiama appunto “dinamica”), simulando il comportamento prettamente non-lineare del ponte (ovvero considerando la relazione non proporzionale tra forze applicate e comportamento della struttura). 

Il sisma su strutture lunghe ed alte è comunque una azione meno gravosa rispetto, proporzionalmente, ad edifici rigidi e di media altezza. L’oscillazione di strutture lunghe e flessibili è infatti caratterizzata da periodi di oscillazione lunghi, che tendono a causare forze di minore entità su tali strutture, rispetto a quelle più corte e rigide. 

Si può trovare in rete che il ponte sia progettato per resistere ad un terremoto di magnitudo di grado 7,5 della scala Richter; questo valore viene a volte contestato perché di poco più alto del terremoto che devastò Messina e Reggio Calabria nel 1908 (stimato di magnitudo 7,3). Nella progettazione del ponte in realtà non si usa il valore di magnitudo, ma, come detto prima, degli accelerogrammi di terremoto artificiali, definiti primariamente dai cosiddetti valori di accelerazione massima al suolo, nello specifico quattro valori di essi, per quattro distinti “stati limiti”, ovvero quattro stati per il quale il ponte viene verificato, di entità via via crescente, a partire dallo stato di utilizzo normale sino allo stato che previene il collasso della struttura.

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