La percentuale di popolazione sovrappeso ed affetta da obesità in Italia non accenna a diminuire, e gli studi confermano che tale problema sia correlato ad un basso livello di reddito, un basso livello di istruzione ed un'età superiore ai cinquant'anni. L'incidenza risulta molto maggiore nelle regioni del sud.
Sono note le conseguenze sulla salute legate ad una dieta troppo ricca di zuccheri e grassi, al punto da essere considerati dai governi vere e proprie questioni di salute pubblica, da affrontare con normative variamente finalizzate al controllo sul comportamento delle aziende alimentari ovvero sulle abitudini dei consumatori.
L’Italia si pone in Europa ad un livello per il momento più basso rispetto a gran parte degli altri paesi, a conferma probabilmente della bontà della dieta mediterranea, ovvero di una certa attenzione da parte dei cittadini italiani alle problematiche nutrizionali, ma è innegabile che il problema continua a persistere ed è focalizzato in zone molto specifiche del Paese.
In questo articolo analizziamo uno degli strumenti di contrasto a tali fenomeni che più ha fatto discutere e che ancora in Italia incontra molti oppositori: il Nutri-score.
Da un punto di vista meramente descrittivo, il Nutri-Score si può definire un sistema di valutazione della qualità nutrizionale dei prodotti alimentari, complementare rispetto alle indicazioni nutrizionali analitiche comunemente presente sui prodotti, finalizzato a offrire un'indicazione rapida e chiara della composizione nutrizionale di un alimento.
Il sistema è stato sviluppato a partire da ricerche svolte principalmente dal professor Serge Hercberg nell’ambito di un progetto del ministero della sanità francese teso a rendere più facilmente comprensibili tutte quelle indicazioni nutrizionali rese obbligatorie dal regolamento europeo n. 1169/2011 di cui si tratterà a breve.
Il sistema si basa su un algoritmo di valutazione degli ingredienti, divisi in negativi e positivi per la salute, che restituisce un determinato punteggio globale per il prodotto desiderato in una scala di cinque livelli, dal più basso (lettera E rossa) al più elevato (lettera A verde scuro). Le categorie di ingredienti negative, come il sale, gli zuccheri, i grassi saturi e le calorie, vengono “bilanciati” da elementi considerati positivi come le proteine, le fibre ed il gruppo “frutta, verdura, legumi e noci” nonché gli oli vegetali. Il punteggio conclusivo dovrebbe restituire una valutazione quanto più possibile oggettiva della qualità di un alimento.
È chiaro, tuttavia, anche da una considerazione superficiale del sistema, che la valutazione del Nutri-score possa essere interpretata come un modo per discriminare determinati alimenti rispetto ad altri senza che vi possa essere un’informazione specifica per il consumatore, il quale potrebbe essere indotto a non acquistare un certo alimento non tanto sulla base di una comprensione della dicitura e delle caratteristiche del prodotto, ma quanto sulla base dell’impressione provocata dall’etichetta stessa.
Analizzando più a fondo la problematica, il rischio di sfavorire determinati cibi a prescindere dalla loro dannosità deriva anche dal fatto che alimenti processati e ultra-processati non sembrano avere delle penalità particolari da parte sistema; non solo, ma le imprese alimentari produttrici di tali alimenti avrebbero la possibilità di adattare, mediante investimenti in ricerca e sviluppo, i prodotti in modo da renderli più “performanti” nella valutazione del Nutri-score (ad esempio riducendo i livelli di zucchero o aumentando il contenuto di ingredienti favorevoli), ma anche sfruttando un’altra “falla” nell’algoritmo, ovvero l’incapacità del sistema di bilanciare in maniera idonea i componenti negativi con i positivi (per cui un cibo molto carico di zuccheri semplici, comunemente associati a rischio di diabete, potrebbe ottenere un punteggio elevato semplicemente con l’aumento del quantitativo di proteine o frutta secca); tale ultimo difetto è alla base di molte delle critiche, mosse in Italia ad esempio, basate sulla considerazione che la “negatività” di un certo ingrediente non possa essere di per sé annullata dalla semplice presenza di ingredienti positivi, così come sarebbe vero anche il contrario.
Le capacità di adattamento al sistema nutri-score, inoltre, sarebbe a solo vantaggio delle imprese poc’anzi considerate, in quanto produttori di alimenti “tradizionali” come particolari formaggi o salumi, non potrebbero per definizione apportare modifiche per migliorare il punteggio visto che ciò altererebbe la natura stessa del prodotto.
La normativa europea sul punto sembra dare ragione a coloro che criticano il Nutri-Score per i motivi sopra delineati in favore di sistemi più descrittivi, come quello attualmente in vigore in Italia. I considerando n. 3), 4) del Regolamento Europeo sopra citato fissano come principio generale l’adeguata informazione al consumatore affinché possa effettuare scelte consapevoli, al fine soprattutto di evitare comportamenti da parte dei produttori che possano indurlo in errore.
Appare evidente, in prima istanza, come la volontà del legislatore europeo sia più quella di informare piuttosto che di indirizzare il cittadino nelle sue scelte, mantenendo pertanto un approccio basato sulla tutela della libertà individuale e del principio di sussidiarietà; in questo senso deve essere letto anche il considerando n. 10), secondo il quale l’Unione promuove la conoscenza dei principi della nutrizione e favorisce le campagne di informazione ed educazione per ottenere dei consumatori più consapevoli.
Tuttavia, occorre segnalare che il considerando 37) ed il considerando 41) riportano anche, la necessità che le informazioni siano di facile comprensione ed esposte in modo semplice, all’evidente fine di un contemperamento tra la necessità di completezza e trasparenza dell’informazione e quella della sua accessibilità.
Tali considerazioni devono, infine, essere confrontate con alcuni dati statistici relativi a quali siano le fasce della popolazione maggiormente bisognose di indicazioni semplici e comprensibili ai fini delle politiche di sanità pubblica.
Uno studio del 2013 ha individuato una correlazione tra la semplicità del logo e la capacità di attrarre un certo tipo di consumatori verso scelte nutrizionali più consapevoli; ebbene, la conclusione è che il consumatore solitamente meno informato sulla nutrizione e generalmente meno interessato alla qualità del cibo risponde in modo maggiore ad un messaggio più semplice ed immediato, che valuti in modo globale e rapido il prodotto nel suo insieme.
Questa conclusione appare rilevante in considerazione del fatto evidenziato in principio, ovvero che il tipo di consumatore individuato è esattamente quello più a rischio di sviluppare obesità e tutte le problematiche legate ad una nutrizione scorretta.
Appare, pertanto, pressante la necessità di contemperare in modo oculato le opposte esigenze di completezza dell’informazione e di semplicità e immediatezza.
Il Nutri-score sembra porsi come soluzione a queste differenti esigenze accettando una dicitura semplificata e onnicomprensiva relativa al prodotto, ma ponendo alla base della valutazione un criterio di bilanciamento fondato sulle teorie scientifiche in materia di nutrizione più ampiamente accettate.
Il sistema non pare porsi, almeno direttamente, in contrasto con i considerando 16), 17) e 18) relativi all’utilizzo di sistemi flessibili di descrizione dei nutrienti in modo da adattarsi all'evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia di nutrizione e delle preferenze informative espresse dai consumatori; in questo senso il nutri-score sembra soddisfare questa richiesta attraverso il continuo aggiornamento dell’algoritmo, il quale può essere perfezionato con l’aggiunta di componenti positive di valutazione ma anche di nuove componenti negative; nel caso di un’estensione a livello europeo l’aggiornamento continuo dell’algoritmo non potrebbe che essere di competenza dell’Unione Europea, visto che diversamente si porterebbero i paesi ad avere dei criteri di valutazione dei cibi differenti, in aperto contrasto tanto con il regolamento più volte citato (si pensi al rischio di confusione a danno del consumatore), che con il più generale principio di libera circolazione dei beni nel territorio dell’Unione. Da questo punto di vista, le critiche mosse al Nutri-score, concentrate principalmente sulla tutela dei prodotti “Made in Italy” o su non meglio specificate carenze dell’algoritmo, perdono di vista quello che potrebbe risultare un problema anzitutto politico conseguente all’obbligatorietà del sistema a livello europeo, destinato a presentarsi con forza nel momento delle trattative fra i diversi stati: la diversità di abitudini alimentari, specialmente nel consumo di determinati prodotti ricchi di grassi o di sale (come prodotti caseari, oli e salumi), spingeranno i singoli paesi a muoversi verso un sistema che tenga in conto anche del consumo medio degli alimenti, attualmente catalogati tutti per la medesima dose (100 g / 100 ml). Ciò renderebbe necessaria un’armonizzazione a livello europeo nei dosaggi consigliati di specifici prodotti o classi di prodotti, obiettivo non facilmente raggiungibile vista la variabilità delle abitudini e delle tradizioni alimentari .
La “concorrenza” di altri sistemi: il “Keyhole” scandinavo
Ovviamente il Nutri-score non è l’unica proposta di etichettatura presente attualmente sui vari mercati europei. Oltre al già citato Nutrinform Battery, è il caso di citare il sistema “Keyhole” applicato in Svezia sin dal 1995 e successivamente esteso a quasi tutti i paesi scandinavi. Il sistema è ancora più immediato e semplice del Nutri-score, in quanto si limita a valutare i cibi contenenti una certa percentuale di grassi, sale e zuccheri, ma senza effettuare valutazioni e bilanciamenti con altri fattori nutrizionali; in questo senso il sistema è ancora più “spietato” del Nutri-score, ma la capacità del sistema di essere facilmente riconosciuto dai consumatori ne ha portato ad un’adozione in paesi dove l’obesità è più incidente, come appunti i paesi del nord.
Ebbene, da tali esempi si può concludere che il sistema di etichettatura “keyhole” non sembra effettivamente portare a benefici in termini di contrasto all’obesità, a conferma del fatto che, con ogni probabilità, il problema debba essere affrontato mediante una migliore educazione della popolazione ad effettuare scelte di acquisto più consapevoli.
La lotta contro l’obesità e le problematiche di salute che essa comporta non potrà certamente concludersi mediante una mera etichettatura. Il bisogno di nutrienti come zuccheri e grassi è, in un certo senso, ineliminabile in quanto prodotto dell’evoluzione stessa.
La normativa europea, in linea generale propensa a favorire la libera determinazione dei cittadini laddove ben informati e consapevoli, punta certamente a sistemi che siano quanto più completi e chiari possibile, ma è altresì innegabile che determinate fasce di popolazione rispondano in modo migliore a stimoli immediati sulla qualità del prodotto. Il Nutri-score, in tal senso, possiede la caratteristica positiva di avere un bilanciamento nella valutazione dei cibi che lo rende effettivamente flessibile rispetto a futuri miglioramenti delle conoscenze scientifiche, e non pare essere così distruttivo rispetto ai prodotti “made in Italy” laddove si consideri che taluni di questi prodotti potrebbero essere esclusi in quanto tutelati da marchi specifici.
E’ discutibile, tuttavia, che il concetto stesso di etichettatura, anche se influente in una certa misura sul consumatore “target”, risulti efficace nell’indirizzare le scelte nutrizionali al pari di una sensibilizzazione nazionale sulle buone abitudini a tavola. E’ il caso di sottolineare che, a prescindere dalle questioni di etichettatura, i prodotti caseari e di salumeria tipici del “made in Italy”, sono già sconsigliati dalle linee guida per una sana alimentazione del CREA, e che campagne di promozione e soprattutto endorsement da parte della politica, negando i reali effetti di tali prodotti dovrebbero essere assolutamente evitate.
Demonizzare il Nutri-score o altri sistemi di etichettatura appare, in buona sostanza, inutile e dannoso, ma non si può non considerare l’importanza che la dieta, intesa come regime nutrizionale complessivo di un certo gruppo di individui, continua ad avere nel dirigere le scelte del consumatore, ponendo enormi difficoltà rispetto all’adozione a livello europeo di un unico sistema di etichettatura.