Libertà di stampa nel mondo – L’indice 2023 di Reporter Senza Frontiere

Ogni anno esce l'aggiornamento di un rapporto che analizza lo stato della libertà di stampa in 180 paesi del mondo. Attraverso l’analisi comparata anno per anno è possibile apprezzare i miglioramenti ma anche pericolosi peggioramenti a livello di singoli paesi come anche di raggruppamenti geografici o politici.

Foto di brotiN biswaS

Essendo possibile scaricare i dati dei vari anni, ho costruito una serie temporale che parte dal 2013 ed arriva ad oggi. L’edizione 2023 evidenzia, per il secondo anno consecutivo, un notevole peggioramento generale.

Ci sono due aspetti da seguire: uno è il punteggio (score) frutto di un calcolo che include diversi aspetti, l’altro è la graduatoria risultante (rank) tra i diversi paese. Nel corso degli anni la graduatoria di un paese riflette non solo il proprio punteggio assoluto ma soprattutto l’andamento dei vicini di rank, che possono a loro volta migliorare e peggiorare. Una nazione potrebbe essere stabile o anche peggiorare come punteggio ma migliorare in graduatoria se gli altri peggiorano ancora di più. Per questo motivo nella presente analisi pongo l’attenzione principalmente al punteggio, come fattore più stabile e oggettivo nel tempo.

I punteggi vanno da 100 (nazione con il valore massimo teorico nella libertà di stampa) fino a zero, con i valori minimi. Per il 2023 il valore massimo va alla Norvegia (95.18) e quello minimo alla Korea del Nord (21.72). Fin qui non ci sono sorprese.

Qui potete prendere atto visivamente dei dati 2023 e anche degli anni precedenti e scaricare i dati. A livello generale notiamo come i migliori punteggi (non pesati) siano nell’Europa geografica (UE+Balcani) e i peggiori nell’aggregato EEAC.

Ricordo a chi legge che la colorazione verde è tipicamente associata ad un risultato positivo e il rosso a quello negativo. Il giallo indica un valore mediano. La colonna “Delta” mostra la differenza % tra la media dei primi tre anni della serie e la media degli ultimi tre, indicati in grigio.

Inizierei dall’aggregato EEAC, dove notiamo Russia e Tajikistan in forte peggioramento. La Russia perde più di 1/3 del suo punteggio e 9 posizioni in graduatoria. Invece l’Ucraina rimane sostanzialmente stabile malgrado la guerra e dato il calo di tutti gli altri guadagna ben 27 posizioni. Da notare anche il calo della Turchia (-16 nel rank) e della Bielorussia così come anche i netti progressi di Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakhstan.

I dati più gravi vengono però dall’aggregato MENA che raggruppa il Medio Oriente e il Nord Africa. Qui anche se può sembrare paradossale notiamo che i guadagni maggiori si sono avuti nella nazione con punteggio storicamente più basso. L’Egitto per esempio, passando da 21.47 del 2013 al 27.22 odierno, registra il miglioramento più elevato dell’area ma rimane pur sempre il secondo peggiore, superato ora solo dall’Iran (24.81). Il calo più drammatico si registra tuttavia in Israele (-11 posizioni) e Arabia Saudita.

È da notare il fatto che ora Israele (32.94) ha lo stesso punteggio dell’Iraq (32.78) e che la Palestina abbia un punteggio superiore (50.11), sia pure un forte calo rispetto al periodo 2018-2020 quando era valutato da RSF con uno score medio di 70. L’Africa mostra anche lei il progresso delle nazioni con il punteggio storicamente più basso (Somalia, Sudan, Eritrea, Guinea Equatoriale) ed il crollo, relativo, di tante nazioni che avevano una situazione medio alta.

Qui come spunto di futura indagine, sarebbe interessante vedere come il neocolonialismo cinese e russo nel continente africano stia impattando sulla libertà di stampa. Occorre una valutazione del volume affari economici russi e cinesi in ogni singolo paese africano e metterlo poi in relazione all’andamento di questo indice RSF. A titolo di esempio, il peggioramento più alto lo vediamo in Tanzania (il 30% in meno nello score, 20 posizioni in meno nel rank) e la prima notizia che trovo è che è la Cina il suo maggior partner commerciale (primo per import) e vedendo gli altri partner (India, diversi stati arabi, Turchia) non è che questi “brillino” tanto nell’indice della libertà di stampa.

Arriva ora il momento di vedere l’Asia e il Pacifico, che pur essendo come area “mediata” dagli elevati valori della Nuova Zelanda e dell’Australia (anche loro però in leggera diminuzione) vedono una situazione decisamente disastrosa con diversi cali oltre il 10% (Giappone compreso). In quest’area tuttavia colpisce il calo dell’India (definita “la più grande democrazia del mondo”) che perde proporzionalmente ancora più della Cina: meno 26% nel punteggio, meno 11 posizioni nel rank. Merito, si fa per dire, di Modi.

Non sorprendono in negativo Afghanistan, Brunei, Hong Kong, Bangladesh e Myanmar. D’altro canto Sri Lanka, Laos e East Timor vanno seguiti per il pur debole andamento positivo. Quanto alla Korea del Nord non si esaltino i loro passati entusiasti sostenitori (Salvini e Razzi) perché questo paese rimane con il valore più basso dell’aggregato.

Veniamo ora alle Americhe (Insieme Nord, Centro e Sud) dove anche qui notiamo il minuscolo progresso cubano (quasi un 6%) che rimane comunque il peggior risultato anche oggi dell’aera. Non esultino i nostalgici dell’internazionalismo proletario antiamericano in sala cubana, non prima almeno di aver preso atto di Guatemala, Bolivia, Colombia, El Salvador, Venezuela, Honduras e Nicaragua (-38%). Tutte queste nazioni con un calo del 20% e oltre. In diminuzione (5~6%) anche Usa e Canada, sia chiaro.

Prima di passare all’Europa vediamo un aggregato politico interessante, i BRICS (in grigio), creato ex-novo rispetto a quanto già proposto da RFS, ed a cui ho aggiunto come termine di paragone Argentina, Ucraina, Bielorussia e Turchia. In tutto un aggregato di 3.4 miliardi di abitanti che ci mostra come Russia e India siano le nazioni in cui la libertà di stampa, già non certo al massimi 11 anni fa, ora è scesa a livelli infimi.

Sud Africa, Argentina e Ucraina sono gli unici paesi a mantenere il livello degli anni 2013- 2015. La Cina è il caso peggiore in assoluto ma Russia e India sono le nazioni che mostrano il calo più elevato, superiore al 26%.

Veniamo infine all’Europa. Ci sono i dati migliori del mondo ma anche qui notiamo un calo generalizzato. A parte alcune piccole nazioni virtuose, tra cui spicca il Portogallo, ci sono vistosi arretramenti, come per esempio la Polonia la Grecia, l’Ungheria e l’Austria.

C’è da dire che il calo di punteggio (score) in tanti altri paesi del mondo non si traduce in perdite nette degli europei nella graduatoria mondiale (180 nazioni) tuttavia creando un rank solo per questi 39 paesi, abbiamo che comparando le medie dei primi e ultimi tre anni, la Polonia perde 14 posizioni (rank), l’Austria 11, il Lussemburgo 9 mentre guadagnano 8 posizioni l’Irlanda, 9 la Lettonia, 10 la Macedonia del Nord, 11 la Lituania e 14 il Portogallo. E l’Italia? Peggiora pochissimo (da 73.89 a 72.05) ma rispetto agli altri guadagna 17 posizioni mondiali sull’anno precedente (2022) e 5 sulle medie europee dei primi e ultimi tre anni della serie. Calano anche Francia e Germania ma il loro punteggio e rank rimane comunque superiore a quello italiano. Norvegia, Irlanda (ah, il potere corruttivo del capitalismo selvaggio!) Svezia e Danimarca rimangono in vetta come sempre.

Note sparse:

1) A chi chiede info sulla metodologia, eccola 
2) Il punteggio assegnato anno per anni riflette sia la realtà sul campo sia la metodologia stessa e la sensibilità su aspetti particolari, che può variare nel tempo.
3) Visto che molti chiedono di avere il foglio di calcolo usato per queste tabelle, le metto a disposizione del sito.

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