Quando accade un incidente sul lavoro con esito mortale si fanno sui media grandi discussioni sulle morti bianche, sulla strage infinita, sulla sicurezza che manca; non si fa mai un’analisi approfondita sulle cause e sull’incidenza di questi incidenti.
Sorge soprattutto il sospetto che quella dei morti sul luogo di lavoro sia una peculiarità italiana. Mi sono preoccupato dunque di estrarre i dati per sottoporre quelli nazionali ad una comparazione. Non è intenzione di chi scrive analizzare la normativa, nei limiti di un’analisi quantitativa né di esprimere giudizi, posto che ogni vittima di incidente è una vittima di troppo. L’analisi che segue è meramente descrittiva e ha lo scopo di comprendere se gli incidenti con esito fatale siano anomali per un Paese avanzato ed industrializzato.
L’impianto normativo
Nel 1994 entrò in vigore la Legge 626 che servì sostanzialmente ad allineare la normativa italiana a quella dei Paesi più avanzati introducendo le figure del Servizio di Prevenzione e Protezione e quelle del responsabile del servizio RPP e rappresentante dei lavoratori. Quattordici anni dopo la norma fu sostituita dal testo unico Dlgs 81/2008 che rafforzò l’impianto, ampliò l’ambito di applicazione e introdusse sanzioni per il mancato rispetto della normativa.
In un articolo apparso il 26 gennaio scorso su Repubblica Marco Bentivogli ricorda che secondo le rilevazioni INAIL tra il 1971 e il 1980 la media dei decessi sul luogo di lavoro era 8,1 al giorno, fra il 1981 e 1990 era 5,7 al giorno, fra il 1991 e il 2000 era 4,1; fra il 2001 e il 2020 intorno 3,5. Dunque, al netto di altri fattori, la normativa sembra aver ridotto la strage. Numeri purtroppo ancora troppo alti in base al principio esposto sopra.
L’analisi comparata
Uno dei problemi di un’analisi comparata sta nella non omogeneità delle rilevazioni. In ordine agli infortuni ad esempio alcuni Paesi europei non fanno ricadere nella casistica quelli in intinere (tragitto casa luogo di lavoro con ogni mezzo di locomozione), oppure rilevano in modo differente dall’infortunio le malattie professionali, oppure ancora utilizzano sistemi di raccolta e catalogazione dei dati diversi da quelli previsti dall’assicurazione pubblica (nel caso Italia l’INAIL). Ho cercato quindi di normalizzare i dati al fine di poter realizzare una comparazione il più possibile coerente. Allo scopo ho escluso sempre nelle tabelle e nei grafici che seguono quelli in itinere.
Nel 2018, anno in cui si ferma la raccolta dati da parte dell’INAIL, nell’Europa a 27 ci sono stati 3,1 milioni di incidenti sul lavoro su 188 milioni di occupati, con un tasso di incidenti dell’1,66%.
L’incidenza di infortuni sul totale degli occupati per i 4 principali Paesi è riassunta nella tabella seguente
Paese | Occupati | Incidenti | Tasso |
---|---|---|---|
Germany | 39.025.000 | 877.501 | 2,25% |
Spain | 19.002.000 | 465.227 | 2,45% |
France | 26.441.000 | 771.837 | 2,92% |
Italy | 22.227.000 | 291.503 | 1,31% |
Prima sorpresa, l’Italia fa sensibilmente meglio degli altri grandi Paesi.
Per quanto riguarda gli infortuni con esito mortale la sorpresa è quella di trovare al primo posto per incidenza su numero di occupati il Lussemburgo, mentre, se vogliamo, stupisce il dato positivo della Grecia. E’ possibile che questi numeri siano condizionati da differenti criteri di classificazione.
Per quanto riguarda i settori, i dati dimostrano che per Italia e Germania quello con maggior incidenza di infortuni mortali è il settore costruzioni, con tassi di incidenza su numero occupati rispettivamente dello 0,131 e 0,148 per 100.000 occupati
Una parte consistente degli infortuni con esiti mortali è dovuta a quelli con mezzi di trasporto (trucks, trasporto pubblico, movimentazione merci ecc.). La differenza, considerevole, di esiti tragici con e senza mezzi di trasporto è riportata nel grafico seguente. Per il nostro Paese il tasso passa da 1,04 a 2,70.
L’analisi del trend mostra un netto e costante miglioramento del tasso di incidenza degli infortuni sul luogo di lavoro con esito mortale per tutti i Paesi considerati ad eccezione della Francia. Considerando un periodo di tempo sufficientemente lungo, 1998-2018, ed escludendo sia quelli in itinere che quelli con mezzo di trasporto, il miglioramento è particolarmente sensibile per Italia e Spagna e più contenuto per Germania che però partiva da dati già bassi.
L’analisi del periodo 2008-2018 su numero di incidenti totali e numero di incidenti con esiti mortali mostra che il primo si è ridotto drasticamente mentre il tasso di mortalità è stato sostanzialmente costante
Nel 2018 in Italia si sono avuti 291.000 infortuni, 523 dei quali con esiti mortali. Il tasso di mortalità per incidente è stato dello 0,179%.
2008 | 2009 | 2010 | 2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Italia infortuni | 503.431 | 447.516 | 437.821 | 405.888 | 359.363 | 329.404 | 313.312 | 295.162 | 295.967 | 294.161 | 291.503 |
Italia infortuni | 780 | 703 | 718 | 621 | 604 | 517 | 522 | 543 | 481 | 484 | 523 |
Incidenza mortali | 0,155% | 0,157% | 0,164% | 0,153% | 0,168% | 0,157% | 0,167% | 0,184% | 0,163% | 0,165% | 0,179% |
Conclusioni
I dati dimostrano che non c’è nessuna anomalia italiana. I numeri dicono che l’Italia fa meglio di molti Paesi europei ed è in linea con quelli maggiormente industrializzati. Gli effetti della Legge 626/94 prima e del Dlgs 81/2008 dopo sono ben visibili e gli obblighi di prevenzione e controllo introdotti dalle norme hanno sensibilmente mitigato il numero degli infortuni.
E giusto sottolineare che ogni incidente sarebbe evitabile ed è giusto dolersi e chiedere interventi quando questi incidenti causano la morte di un lavoratore; ma è altresì opportuno considerare quanto è stato fatto e come gli infortuni non siano anomali e, ancora una volta, il rischio zero non esiste.