Le ultime dichiarazioni di Alessandro Barbero sul comunismo resuscitano un problema antico nel dibattito pubblico dello stivale. Ultime solo in ordine cronologico, perché lo storico ne ha rilasciate diverse altre molto simili, anche partecipando in tempi recenti ad iniziative legate all'ala più oltranzista della sinistra italiana (trovate uno dei video qua).
Un paio di doverose premesse.
1) Chi scrive, come molti su questi schermi, ha avuto simpatie comuniste nella prima adolescenza e socialiste da giovane adulto. Non sono il primo né men che meno sarò l'ultimo, c'è una componente messianico-idealistica in quella fase della vita che rende il comunismo la perfetta carta moschicida per i giovani volenterosi e in buona parte ingenui. In alcuni esiste anche una componente narcisistica più o meno marcata, ma ci torniamo dopo.
2) Barbero è un ottimo divulgatore, istintivamente simpatico, e probabilmente anche un eccellente storico medievalista. Le sue riflessioni sul comunismo, tuttavia, denotano un approccio superficiale al problema, figlio di bias ideologici e di un contesto squisitamente italiano dove simili retoriche si leggono e sentono ormai come se fossero dati di fatto assodati. Cosa che non sono.
Veniamo al dunque.
In occasione del 25 aprile ritorna puntuale uno dei refrain più comuni in Italia da sempre: “nazifascismo cattivo, comunismo buono ma applicato male”. La prima volta che ho sentito questa frase fu nel contesto di un dibattito liceale in merito al nazifascismo, laddove qualcuno timidamente obiettò al professore i morti di Mao e Stalin, e il professore militante COBAS rispose una perifrasi del genere. I nazifascisti hanno teorizzato ed applicato la superiorità di una razza su un'altra, finendo a considerare le razze inferiori come non umane, architettando un cinico e sistematico sterminio di massa. Il comunismo ha al contrario teorizzato la fratellanza fra i popoli, la solidarietà, l'uguaglianza, la democrazia. Come si può essere contrari a tutto ciò? Era utopico, ma era buono, puro, genuino.
A prescindere dal fatto che in Italia troppi sembrano pensarla così anche grazie all'incredibile lusso di non averlo mai subito realmente, il comunismo è in realtà strutturalmente sbagliato per una serie di peccati capitali che sembrano solo all'apparenza superficiali e meno eclatanti di quelli nazifascisti, ma che sono altrettanto letali. Al contrario del nazifascismo con la razza, l'orientamento sessuale, e le disabilità, il fatto che non esista un tratto distinto, un'idea precisa, un qualcosa di identificabile che spinga tutti a dire “questa roba è terrificante mondezza ideologica” rende il comunismo ancora più infido e potenzialmente pericoloso. Il vero problema italiano (e non solo) è che si è comunicato poco e male PERCHÉ il comunismo abbia prodotto i morti. Non era una questione semplicemente di cattiva leadership, anche perché il comunismo è stato tentato in più di cento paesi a latitudini diversissime ed ha sistematicamente prodotto gli stessi risultati.
Qualsiasi scienziato sociale, e non, sa che un esperimento fallimentare su questa scala non andrebbe nemmeno preso più in considerazione, figuriamoci ripetuto. Accenniamo quindi, ancora una volta, pochi punti fondamentali sul perché il comunismo sia strutturalmente sbagliato e sistematicamente destinato al fallimento.
NB: per comodità, qui useremo in maniera intercambiabile i termini comunismo e socialismo. Tecnicamente e nella testa dei suoi teorici, il secondo (ridistribuzione sociale, controllo statale dell'economia, etc.) sarebbe servito da piattaforma per il primo, che consisterebbe nella meta suprema della storia: la completa assenza del concetto di classe e la totale fratellanza e cooperazione fra gli individui e i popoli.
Tralasciando tutta una serie di tecnicismi ampiamente debunkati da economisti di ogni fatta nonché il dettaglio non trascurabile che Marx stesso riconosceva valore al capitalismo più di quanto i suoi adoratori oggi facciano, diverse condizioni sociali e umane, di cui oggi abbiamo larghissima evidenza sperimentale e osservazionale, sono clamorosamente ignorate o addirittura additate come invenzioni dal comunismo sia teorico che storico.
Primo problema
Il fallimento del comunismo nell'arginare le derive dittatoriali che serpeggiano in alcuni membri della popolazione. Grazie ai progressi nel campo delle neuroscienze e della psichiatria, sappiamo oggi che nella popolazione esiste dall'1% al 5% (qui una lettura interessante sull'epidemiologia del fenomeno) di psicopatici manipolatori. Lo psicopatico / la psicopatica nel mondo reale non è necessariamente un serial killer, come siamo abituati a pensare, anzi è molto più spesso una persona abbastanza “normale” ed estremamente affascinante, che fra le altre caratteristiche annovera l'incredibile abilità nel far leva sull'empatia, sull'idealismo e sui sensi di colpa altrui per installarsi in posizioni di potere o di vantaggio sociale. Quando questo avviene a livello politico, la democrazia possiede un discreto numero di anticorpi intrinseci che pongono limiti a certe derive, o perché la persona psicopatica non viene proprio eletta, o perché più spesso non riceve abbastanza carta bianca per distruggere la democrazia stessa.
Ecco: il comunismo consegna a questa gente le chiavi dei paesi “no strings attached”, espressione inglese per dire “senza alcun tipo di vincolo”. I massacri sistematici dei vari Pol Pot, Mao, Stalin e compagnia derivano da questo punto cruciale: nessuno capisce chi debba decidere, se decide “il popolo”. Se decide “il popolo” decidiamo tutti, ma se decidiamo tutti non decide realmente nessuno, perché in un paese di milioni di persone è impossibile organizzare una costante agorà collettiva. Quindi la verità pratica è che qualcuno con le caratteristiche di cui sopra raduna una cerchia stretta di fedelissimi (illusi idealisti o veri pescecani, gente che o era come Trotsky o era come Beria, per capirci a spanne), si presenta come l'eletto che ha capito “il verbo”, ossia il vero e unico modo di realizzare la pace sociale, organizza (grazie ai fedelissimi) una struttura partitocratica totalitaria di controllo e si installa in una posizione di potere assoluto e discrezionale in nome del popolo. I fatti storici hanno ampiamente convalidato questo punto: i feudatari erano letteralmente più clementi. Gli uomini non sono tutti buoni e spontaneamente propensi alla cooperazione, alcuni lo sono di più, altri lo sono di meno, altri ancora non lo sono affatto. È sempre stato così e probabilmente sarà sempre così, il che non significa perdere fiducia nel genere umano, ma avere aspettative realistiche e sapere come arginare ciò che è patologico.
Anche dentro noi stessi, perché (altro punto oscuro a troppi) molti dei posseduti ideologici che agitano la bandiera rossa non sono probabilmente consapevoli di fino a che punto rischierebbero loro stessi di diventare carnefici quando posti dietro alla console dei comandi di una nazione.
Secondo problema
Tutto sommato siamo tutti uguali? No, siamo tutti diversi e non possiamo forzarci ad essere tutti uguali. I liberali, i libertari, la destra, la sinistra moderata e diversi intellettuali con un minimo di onestà hanno sempre evidenziato questo punto. Le disparità inter-individuali, quando si considerano le performance, la dedizione e il talento, sono ubiquitarie nelle società umane. L'ulteriore dramma è che il problema si presenta in parte anche per le opportunità, non solo per i risultati: la vulgata (a sinistra) è “se diamo a tutti pari opportunità, tutti ce la fanno”. Purtroppo, in termini di risultati questa condizione è sicuramente irrealizzabile, ma lo è anche in termini di premesse: non solo non saremo mai tutti ricchi e benestanti alla stessa maniera, ma è anche assai discutibile che riusciremo mai tutti ad avere le stesse occasioni e le stesse condizioni di partenza per avere successo nella vita.
La letteratura multidisciplinare in questo evidenzia una tendenza abbastanza deludente per chi abbia un minimo di idealismo: la correzione di “nurture”, ossia dell’ambiente esterno, su cui tante policies sono improntate, sembra sia molto meno influente di “nature”, ossia del profilo genetico e biologico che possediamo. I dati su questo punto sono eloquenti e in molteplici ambiti. Il che, sia ben chiaro, non significa che le pari opportunità non vadano perseguite, né che “nurture” sia completamente inutile. Rimane però il dato crudo che diverse disparità sembrano persistere o in alcuni casi addirittura aumentare anche nelle società più avanzate ed tendenzialmente egalitarie del pianeta. Come comportarsi politicamente in merito è materia di altro dibattito estremamente più esteso e che esula. Il punto è che il comunismo ha costruito interi sistemi di ingegneria sociale (tutti inequivocabilmente fallimentari) negando le diversità e le esigenze altrui, a livello individuale e globale, perso nella follia ideologico-religiosa che voleva le differenze fra individui unicamente come risultato di pretesi soprusi sociali. Cosa che non è e non è mai stata, almeno non nell'estensione che il comunismo (di ieri e in parte di oggi) propaganda. Il sistema nervoso umano è un sistema complesso nella definizione fisico-biologica del termine.
Il sistema sociale è a sua volta una somma di milioni (o miliardi, a seconda della prospettiva) di questi sistemi complessi, influenzati da una miriade di fattori, genetici, epigenetici, circostanziali, e così via. Ognuno di noi non sa come si sentirà domani, è probabilmente una persona molto diversa da come era 10 anni fa e da come sarà fra 10 anni. Non esiste entità terza che possa capire tutte le nostre esigenze perfettamente in qualsiasi punto dello spazio-tempo, armonizzarle a quelle di tutti gli altri, e costruire la realtà perfetta sulle basi di tutto ciò. Nessuno psicopatico e nessun partito, per quanto illuminati, possono ottenere questo risultato. Non puoi costringere un contadino a produrre acciaio, né la stagione a produrre più grano. Questa è gente che ha prosciugato il quarto lago più largo del mondo, dichiarato guerra ai passeri, e causato il più clamoroso incidente nucleare della storia nel vano tentativo di dimostrare che a livello centrale avevano il verbo.
Terzo problema
La contraddizione intrinseca sul chi è davvero uguale e chi no. Questo punto riguarda una parola che va molto di moda ultimamente, soprattutto a sinistra: lo “spettro” delle situazioni umane, che sono estremamente variegate e tendono inequivocabilmente a sfociare l'una nell'altra. Il comunismo da un lato (punto 2) sostiene che siamo tutti uguali, dall'altro se ne infischia sia dello spettro di cui sopra sia della nostra pretesa uguaglianza: o sei classe operaia o sei nemico della classe operaia, e in quale classe infilarti lo decide il popolo (cioè noi leader illuminati). Dicotomia sociale totale. Il nemico di classe non va solo espropriato ed equiparato agli altri. È un subumano, uno che ostacola il sorgere del sol dell'avvenire. E la discrezione su chi categorizzare come è assoluta.
Quindi, nel valutarti, possiamo farti leader locale del partito, capostazione, pulisci latrine, spaccapietre, o cibo per vermi a seconda della nostra insindacabile discrezione. La terrificante verità per i più strenui sostenitori del comunismo rimasti oggi risiede nel fatto che ad emancipare le masse davvero sia stato il capitalismo, che di teoria non ne aveva alcuna salvo il considerare il rispetto per lo spettro di cui sopra come assoluto e non aver mai dicotomizzato o parcellizzato la società in alcun modo salvo quelli in cui la società si ripartiva spontaneamente. In maniera straordinariamente controintuitiva, tutto ciò ha prodotto la più vertiginosa crescita economica e il più alto grado di benessere sociale mai visto in alcuna società della storia umana. Anziché parlare per slogan, basta leggersi i dati, non tanto sui parametri degli ex Paesi di orbita sovietica ai bei tempi di Breznev, quanto sull'andamento del benessere collettivo in occidente dalla rivoluzione industriale in avanti, altro argomento già ampiamente coperto su questi schermi.
Ecco, di questi punti (e di molti altri) si dovrebbe cominciare a parlare assai più spesso, in Italia. Anziché offrire palcoscenici agli storici più noti del paese che blaterano di sogno e di emancipazioni di masse operaie che non sono letteralmente mai esistite perché nel contesto del comunismo non potevano esistere. Il comunismo fu il classico esempio delle buone intenzioni di cui è lastricata la strada per l'inferno.
È ora di cominciare a dircelo meglio di come abbiamo fatto finora e di pretendere da gente come Barbero un minimo di approfondimento in più.